A cura di Geraldina Colotti
Caracas, novembre 2023
Elvis Urbina, 55 anni, politologo esperto in materia di Difesa, formato dalla rivoluzione bolivariana, è uno di quei funzionari che racchiude in sé le tre caratteristiche richieste da Chávez ai militanti che lavorano nelle istituzioni dello Stato: essere onesto, tecnicamente preparato, politicamente impegnato. Lo ringraziamo per questa intervista, che si è svolta a Caracas, nel suggestivo scenario del Laguito, al Círculo Militar, sede della Filven 2023: di fronte al Ministero della Difesa, dove Urbina ha lavorato molti anni come analista, prima di assumere, nel 2016, l’incarico di Ambasciatore Rappresentante Permanente presso l’Unione delle Nazioni Sudamericane, più nota con l’acronimo Unasur. Un organismo di integrazione regionale attualmente composto da 6 Stati membri (in attesa dei prossimi ingressi di Colombia e Paraguay), fortemente colpito quando la destra è tornata al governo di gran parte di loro. Un organismo che, dal 2012 al 2014, ha avuto come Segretario Generale una figura come quella di Alí Rodriguez Araque, intellettuale e diplomatico, (“il comandante Fausto” quando era nella guerriglia), scomparso nel 2018, a cui Urbina fa riferimento durante l’intervista. D. Qual è stato il percorso e il proposito dell’Unasur?R. I prodromi dell’organismo si riscontrano già all’inizio dell’anno 2000, quando l’allora presidente del Brasile, Fernando Cardoso, convoca a una conferenza sull’integrazione regionale. Quattro anni dopo quella prima riflessione sul tema, si farà riferimento, nell’ambito dell’accordo firmato con il Sistema Interamericano di Difesa, all’America latina come zona libera dalle armi nucleari, una zona di pace. Principi che si confermeranno nelle norme fondative dell’Unasur. Il nome fu proposto dal Comandante Chávez nel Vertice sull’Energia a Margarita, nell’aprile del 2007, poco prima della firma del Trattato Costitutivo, a maggio del 2008. Un’istituzione nata con l’intento di promuovere la cooperazione e il dialogo politico tra i paesi del Sudamerica. Unasur richiama i principi della Carta delle Nazioni Unite e anche gli enunciati dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa). Alcuni paesi lo chiedono e noi lo rispettiamo, benché l’Osa abbia ripetutamente attentato contro la stabilità del nostro paese, e abbia fatto di tutto per isolarci a livello internazionale. Si è stabilito che le decisioni dell’Unasur vengano prese per consenso, nonostante il parere contrario di Correa, all’epoca presidente dell’Ecuador. Unasur è un organismo a carattere multilaterale, non bilaterale, e non è finora intervenuta per risolvere dispute territoriali tra due Stati membri. Fino a oggi, Unasur è intervenuta solo nelle controversie non territoriali. Le occasioni in cui il Segretario Generale ha agito per la soluzione pacifica di controversie o frizioni diplomatiche bilaterali, sono state di natura diversa dai conflitti territoriali di frontiera. Un esempio concreto è dato dalla mediazione compiuta dall’allora Segretario Generale Ernesto Samper nel processo di dialogo tra il governo bolivariano e l’opposizione. Anche per questo, le relazioni fra i rappresentanti sono molto cordiali. Per esempio, nella prima fase di Unasur, ho avuto un’ottima relazione con la rappresentante della Guyana presso il Consiglio dei delegati. Discutevamo amabilmente su molti temi, salvo la nostra controversia territoriale per l’Essequibo. D. E qual è la sua opinione in merito, a pochi giorni dal referendum consultivo che ha convocato il popolo a dire “cinque volte sì” per riaffermare la propria sovranità sul territorio conteso con la Guyana? R. Con l’arrivo del nuovo governo guyanese, nel 2020, gli atteggiamenti ostili contro il Venezuela si sono moltiplicati. Una delle tappe in cui c’è stata un’attitudine cordiale è stata durante la gestione di Bharrat Jagdeo, che ebbe una stretta relazione con il Comandante Chávez. Fu durante il suo governo, nel novembre del 2010, che si svolse a Georgetown l’ultimo vertice presidenziale dell’Unasur a cui partecipò il presidente Chávez, e questo periodo ha coinciso con l’avvicinamento diplomatico tra Venezuela e Guyana. Si instaurarono relazioni di mutuo rispetto e in condizioni di uguaglianza, che portarono a conversare senza paura della controversia territoriale. La rivoluzione bolivariana non ha mai avuto alcuna attitudine ostile contro il popolo della Guyana, faremo valere il nostro diritto storico in tutte le istanze giuridiche mediante la diplomazia di pace. Votando massicciamente in questo referendum consultivo, il popolo darà più forza al nostro governo in questa battaglia, che coinvolge anche settori dell’opposizione, perché si tratta dell’interesse nazionale. D. Ritiene possibile che gli Stati Uniti vogliano includere la Guyana nella NATO per applicare nei confronti del Venezuela una strategia simile a quella dell’Ucraina contro la Russia? Pensa che il governo della Guyana abbia presentato una richiesta in merito come ha fatto la Colombia con Duque? R. La Guyana non ha mai chiesto di uscire dalla Unasur. Tuttavia, possiamo aspettarci qualsiasi sciocchezza multilaterale dalla politica estera americana. Una decisione del genere sarebbe un’innegabile stravaganza bellicosa. Fino ad ora, nessun paese dei Caraibi e meno ancora uno stato delle dimensioni della Guyana fa parte della NATO. La Guyana, consigliata e finanziata dagli Stati Uniti, utilizzerà qualsiasi strumento giudiziario internazionale per mantenere la sua posizione riguardo al lodo Arbitrale del 1899, ma anche se scegliesse di provare qualche procedura che le permetta di acquisire uno status di paese nella NATO, niente farà recedere il popolo e il governo del Venezuela dall’insistere per una soluzione negoziata e pacifica della controversia, basata sull’Accordo di Ginevra, del 1966. D. Che momento attraversa Unasur?Dal maggio 2008, quando si firmò il trattato di fondazione, ad oggi, Unasur ha dimostrato che l’America latina non ha bisogno degli Stati Uniti e del Canada, né dell’Osa per risolvere i conflitti regionali. Faccio alcuni esempi concreti. La prima presidenza dell’Unasur, che allora toccava al Cile di Michelle Bachelet, è stata determinante nel risolvere il tentativo di secessione violenta nella Mezzaluna boliviana, nel 2008. Lo stesso nel 2010, quando, il 30 settembre, vi fu un tentativo di golpe della polizia contro il governo di Rafael Correa, in Ecuador. L’immediato pronunciamento dell’organismo, il giorno dopo, ha contribuito a calmare le acque. Poi, nel 2012, durante il golpe istituzionale contro Fernando Lugo in Paraguay, tutti i ministri degli Esteri, riuniti a Rio de Janeiro, ricevettero ordine dai presidenti di recarsi ad Asunción. Purtroppo, in quella occasione, Lugo non accettò la raccomandazione di ricorrere alla mobilitazione popolare e preferì rinunciare, ma Unasur era lì. C’è chi dice che tutto questo è compito della diplomazia presidenziale. E, certo, è così, ma dev’essere accompagnata dalla diplomazia dei popoli, che devono impadronirsi di un meccanismo come quello della Unasur e servirsene per impedire il ritorno della destra. Invece, l’unica protesta che c’è stata in Ecuador quando Lenin Moreno ha annunciato che avrebbe abbandonato Unasur è stata una manifestazione culturale di poche persone davanti all’edificio dell’organismo multilaterale. Sono convinto che in questa nuova tappa dobbiamo creare canali per costruire, e questo Unasur ce l’ha nel suo trattato, una maggior partecipazione popolare. D. Come fate a mantenervi attivi in un paese con un governo ostile com’è quello dell’Ecuador? R. Quando il paese sede della Unasur si ritira dall’organismo, si deve devolvere la sede. E si sarebbe dovuta riconsegnare al governo ecuadoriano l’Edificio Sede, nella Mitad del Mundo. Nel mio caso specifico, per via di circostanze eccezionali, sono stato designato come Rappresentante legale della Unasur dal Consiglio di Ministre e Ministri degli Esteri dei 5 paesi che rimanevano attivi nell’organismo. Abbiamo un piccolo ufficio, dal quale, oltre ai compiti di tutelare gli interessi materiali e immateriali di Unasur, abbiamo seguito, facilitato e accompagnato l’organizzazione di un incontro fra diverse componenti sociali e popolari dell’Ecuador, che hanno manifestato interesse ad appoggiare l’organismo e a incorporarsi. Secondo il diritto internazionale, Unasur ha potuto mantenersi vigente, anche se alcuni dei suoi membri si sono ritirati, com’è accaduto nel 2009, quando rimanemmo soli con Surinam e Guyana. Poiché non potevano cacciarci come hanno fatto con il Mercosur, i governi tornati a destra si sono ritirati tutti. Eravamo il bersaglio del Gruppo di Lima. Unasur era diventata un pericolo da abbattere per gli Stati Uniti.D. Perché?R.L’Unasur stava rompendo lo schema e il modello tradizionale di integrazione: l’integrazione dei popoli e non quella dei banchieri com’è per l’Unione europea che, nonostante sia un sistema solido, pensa alla guerra di interessi e non alla mutua assistenza, come abbiamo visto durante il covid-19. Noi avanzavamo verso una integrazione che, senza negare l’importanza dell’economico e del finanziario, si basava sulla capacità di dialogo politico per risolvere i problemi sociali, mettendo al centro due colonne portanti: una nuova architettura finanziaria nel governo delle risorse e un nuovo modello di difesa regionale. Al punto che si fece un piano, accordato con i presidenti delle banche centrali, i ministri dell’economia e degli Esteri per una nuova architettura finanziaria che avrebbe portato alla costruzione di una moneta comune, che all’epoca si stava sperimentando con il Sucre. Alí Rodriguez Araque vi mise poi un valore aggiunto, considerando l’altro attivo più importante che abbiamo in Sudamerica, oltre al capitale umano: le risorse naturali, strategiche, non solo il petrolio, ma di tutta la tavola periodica.D. E cosa è mancato?R. È mancato il tempo per maturare la coscienza che si stava cambiando marcia, e che il fine non era tanto quello di concludere accordi commerciali o di ridurre le barriere doganali, quanto di ridurre l’esclusione sociale, arrivare all’uguaglianza, basata sulla sovranità e sull’autodeterminazione. È mancato il tempo per creare le condizioni per il commercio inter-regionale, ancora bassissimo, e quello per costruire le infrastrutture regionali, con un’altra visione politica. Ricordo delle riunioni del Consiglio sudamericano di infrastruttura e pianificazione (Cosiplan) a cui partecipavano grandi istituzioni finanziarie internazionali come il Bid, che si scambiavano le informazioni in base ai loro interessi e a scapito dei nostri; e abbiamo dovuto puntare i piedi per farlo capire anche ad alcuni nostri rappresentanti, che avevano una visione tradizionale. Il pericolo per gli Stati uniti era rappresentato anche dal progetto di difesa regionale pensato dall’Unasur. Ho qui un altro esempio. Ad agosto del 2009, Correa riceve da Bachelet la presidenza della Unasur a Quito, nel giorno del primo grido di indipendenza dell’Ecuador. Quando terminarono i due discorsi principali, Chávez ruppe il protocollo e chiese la parola. Disse: denuncio che gli Stati uniti stanno per impiantare un’altra base militare in Colombia. Quella denuncia produsse un fatto inedito per il Sudamerica. Dette luogo agli accordi che portarono i ministri degli Esteri e della Difesa ad approvare Misure di Promozione della Fiducia e della Sicurezza e sue Procedure di Applicazione, che stabilirono l’obbligo di notificare ai paesi vicini qualunque Accordo di Difesa, in merito alla sua portata e alla garanzia che la sua applicazione non costituisse una minaccia alla loro sovranità. Prima, Uribe aveva protestato per la denuncia del Comandante, e Cristina Fernández aveva proposto una riunione per risolvere la questione. In quella riunione, che si tenne il 18 agosto del 2009 a San Carlos De Bariloche, il Presidente Chávez documentò la denuncia e dopo un lungo dibattito, Uribe, privo di argomenti, disse che se volevano saperne di più sulle implicazioni dell’Accordo di Difesa, firmato con il governo degli Stati Uniti, dovevano chiederlo a Obama. Accettammo e ci fu uno scambio di comunicazioni tra Correa e Hillary Clinton, per costruire un’agenda sulle richieste da fare agli Usa. Non si è però, arrivati a un accordo per il veto della Colombia, determinante nella decisione per consenso. Un veto che aveva avuto ripercussioni sul negoziato per la costituzione del Consiglio di Difesa Sudamericano. Fin dalla prima riunione, Uribe disse che la Colombia non avrebbe fatto parte di questa istanza perché si atteneva al suo statuto di membro del Sistema Interamericano di Difesa. Intanto, però, sentendosi l’unico su 11, chiamava Alan Garcia, Michelle Bachelet e Lula da Silva per entrare nel Consiglio di Difesa in base a tre condizioni: che la decisione venisse presa per consenso, così da mantenere un diritto di veto; che si riconoscesse la forza armata nazionale; che si condannassero i gruppi armati, intendendo con questo le Farc. La mediazione si raggiunse tenendo conto delle condizioni poste dalla Colombia, redigendo un testo che ne neutralizzasse le paure.D. E ora, a che punto stanno le cose?R. In campagna elettorale, Lula aveva promesso di riattivare Unasur, e il 30 maggio ha organizzato una riunione dei presidenti del Sudamerica, invitando anche i presidenti che non stanno più nell’organismo, dopo 9 anni che non si riunivano. Si è creato allora un gruppo di contatto a livello di ministri degli Esteri, con il compito di stilare una road map sull’integrazione e le sfide internazionali che coincidono quasi completamente con i principi della Unasur, a parte su due punti: le misure coercitive unilaterali, definite solo misure unilaterali, e la transizione ecologica, che Petro ha chiesto di includere e che nello statuto della Unasur figura come lotta al cambio climatico. In questo contesto, al margine del 78° Periodo di sessione della scorsa Assemblea Generale dell’Onu, il Brasile ha organizzato una riunione dei ministri della Salute, con l’obiettivo di condividere informazioni e opinioni sui diversi sistemi pubblici di salute della regione e sulle sfide che avevano di fronte su temi prioritari come l’Istituto Sudamericano del governo della salute, che funzionava a Rio de Janeiro e che consentiva di acquistare medicine da distribuire a tutta la regione. L’argomento principale è stato che, come ha dimostrato un recente studio, la disintegrazione della Unasur ha impedito di limitare grandemente il numero di morti per covid. Insomma, come dice il presidente Maduro, la sfida è quella di capire come arrivare all’integrazione nella diversità, potenziando i punti comuni e, senza negare le differenze, cercare di superarle.D. Come diplomatico, qual è la sua opinione sul caso di Alex Saab?R. Nel caso del nostro diplomatico, gli Stati Uniti hanno violato il diritto internazionale, per continuare a presentarsi nel ruolo di giustizieri e raggiungere con il ricatto quel che non sono riusciti a ottenere con altri mezzi di pressione. Anche in questo caso, come ha dimostrato il collegio di difesa di Alex Saab, in assenza di elementi probatori per sostenere le accuse contro di lui, alla lunga gli Stati uniti dovranno ammettere che non c’era ragione di detenerlo. Intanto, però, si sarà perpetrata questa grande ingiustizia ai danni del nostro diplomatico e della sua famiglia, nel silenzio complice degli alleati degli Stati Uniti come avviene, in termini drammaticamente amplificati, per il genocidio del popolo palestinese. Una complicità che mina la possibilità di svolgere l’attività diplomatica in sicurezza. Sono convinto che il risultato della lotta legittima della famiglia di Alex Saab e quella del popolo venezuelano sarà un esempio per molti altri paesi colpiti dall’arroganza nordamericana.
Lascia un commento