EDITORIALE – di Adriana Bernardeschi, direttrice
Prende vita oggi «Futura Società». La nascita di un nuovo giornale non rappresenta di per sé una “buona notizia”. La stampa comunista, e in generale l’azione che i comunisti si sforzano di compiere sul piano culturale e mediatico, è qualcosa di frammentato in piccole realtà virtuose ciascuna eroica per quanto riesce a fare, ciascuna importante non solo per mantenere viva una coscienza politica almeno in una cerchia di lettori, ma anche per essere un piccolo polo di aggregazione e militanza.
Ma non è questo che ci proponiamo di fare, e per questo credo che la nostra nascita sia un’ottima notizia. Non vogliamo aggiungere un ennesimo pezzetto al mosaico. Ci proponiamo di essere il collante di quel mosaico, di metterci al servizio dell’unità di azione dei tasselli che lo compongono, cosa, come stiamo constatando, possibile, proponendo con tutte le nostre forze, per ora limitate ma potenziate da grande entusiasmo, un’azione coordinata di tutte le realtà culturali e di informazione comuniste.
Facciamo un passo indietro. Diversi mesi fa, comuniste e comunisti provenienti da diverse esperienze, ma uniti da una forte affinità politica e culturale e impegnati in organizzazioni, riviste, associazioni, comitati, e accomunati dal bisogno sempre più impellente di unità, di ricomposizione, unica via a un possibile nuovo protagonismo politico di chi vuole abbattere questo sistema per costruire, appunto, una “futura società” libera dallo sfruttamento capitalistico dell’uomo sull’uomo e sulla donna e da tutte le forme di oppressione (economiche, di etnia, di genere, di religione…) – la società socialista – si sono messi in collegamento, dal basso, per dar vita a un progetto ambizioso poggiante su due pilastri portanti, teoria e prassi, e su un terzo elemento sinergico, la comunicazione.
La teoria era il primo pezzo a dover essere costruito, perché non si può andare da nessuna parte senza una solida base teorica – la famosa “cassetta degli attrezzi” marxista-leninista, lente con cui leggere e analizzare il mondo reale e la storia nel suo dispiegarsi – in continua evoluzione grazie allo studio e al confronto, non dogmatica, ma omogenea nell’ideologia di fondo. Quindi siamo partiti da qui, da questi propositi di studio e formazione, dando vita al Centro Studi “Domenico Losurdo”, che dalla primavera a oggi ha organizzato diversi convegni sui temi più importanti della fase attuale (in primis la questione internazionale e lo scontro fra l’imperialismo occidentale e chi vi si oppone) e continua a portare avanti la sua opera culturale con dodici gruppi di lavoro tematici e con un sito che raccoglie e mette a disposizione materiale di approfondimento.
Il secondo pilastro, la prassi, è stato la naturale conseguenza del primo, perché come non c’è prassi utile senza basi teoriche, non c’è teoria utile se rimane accademica e non si riversa nella prassi, nella concreta azione politica. L’11 novembre scorso è nato dunque, in una grande assemblea a Roma, il Movimento per la Rinascita Comunista: non un’ennesima costituente o operazione di segreteria calata dall’alto da gruppi dirigenti, ma un movimento frutto di una paziente tessitura di militanti sfiduciati dalle esperienze fallimentari dei piccoli partiti successivi all’autoscioglimento del vecchio PCI, esperienze segnate, ciascuna in misura diversa, da differenti mali: eclettismo e ipermovimentismo, con la conseguente negazione del centralismo democratico e l’organizzazione in correnti, e la progressiva liquidazione delle basi teoriche leniniste e gramsciane riguardo all’organizzazione di un partito; istituzionalismo ed elettoralismo, con il conseguente sradicamento dai conflitti concreti e dal movimento dei lavoratori; verticismo delle segreterie e perdita della militanza; demonizzazione ed emarginazione del dissenso interno; arrivismo, carrierismo e opportunismo dei dirigenti; settarismo e autoreferenzialità. I compagni che hanno tessuto la base di questo movimento sono partiti da un serio bilancio di tutti questi errori commessi dal movimento comunista negli ultimi decenni, facendone tesoro e lanciando la scommessa di una forte offensiva unitaria – invitando le altre organizzazioni a unire le forze nella lotta contro la NATO, contro le politiche dell’UE, contro il governo italiano e il suo attacco eversivo alla democrazia –, attraverso un’azione politica concreta in tutti i luoghi del conflitto sociale che porti, dopo una necessaria accumulazione di forze, alla nascita di un partito comunista all’altezza dei tempi, non marginale, non autoreferenziale, non personalistico e verticistico, non settario… perché nato dal concreto delle lotte della classe degli sfruttati. Un partito che nella sua forma profondamente democratica, “dalle pareti di vetro” di cuhnaliana memoria, nella sollecitazione e valorizzazione della libera discussione interna come base per un vero centralismo democratico, nella “pratica della gentilezza” – rubo le parole a Gianni Favaro perché le trovo insostituibili –, della lealtà, della franchezza e della solidarietà fra i compagni, prefiguri la società socialista che intende costruire. I partiti non nascono per fusione a freddo, a tavolino, e per questo già nel Movimento per la Rinascita Comunista deve esserci un “partito in potenza”, un essere “partigiani” dell’antimperialismo, dell’internazionalismo e dell’anticapitalismo, in modo che il futuro – e drammaticamente necessario – partito comunista nasca progressivamente, giorno dopo giorno, dalle battaglie in cui concretamente il movimento stesso si spenderà, in una costante prassi politica di lotta, e anche di formazione di quadri, di valorizzazione di lavoratori e militanti, ciascuno “dirigente” del partito che non dovrà semplicemente rappresentare la classe lavoratrice, ma appartenere ai lavoratori.
Infine, ed eccoci qua, ha preso vita il terzo elemento: questo giornale. Un giornale sinergico con il lavoro di approfondimento teorico del Centro Studi Losurdo, un giornale che dà voce al Movimento della Rinascita Comunista, ma non si limita a questo. Il nomignolo con cui se ne parlava nella fase embrionale era “il giornale dei giornali”, perché esso ambisce a concordare forme di collaborazione con altre testate, ad amplificare la loro voce, essendo il suo elemento cardine lo slancio unitario. Tale idea di “giornale dei giornali” cercheremo di renderla fattuale.
Con questo nuovo giornale facciamo un appello a tutte le riviste e i siti di informazione comunisti perché ci sia un impegno comune ad agire in modo coordinato, unendo le forze, ricomponendo le fratture spesso legate a vecchie ruggini che oggi non hanno più senso, e ci mettiamo a disposizione per iniziative da portare avanti insieme, per il rilancio e la diffusione di articoli pubblicati da ciascuno, per la produzione comune di articoli nuovi, che quindi avrebbero un peso amplificato, su temi cruciali su cui è importante fare controinformazione e creare una coscienza politica salda fra chi ci legge.
Si tratta di rimetterci gramscianamente “all’opera”, a partire dallo studio fino alle lotte, il tutto nella cornice di uno sforzo di nuova egemonia culturale all’interno della nostra classe di riferimento, per far emergere e funzionare gli strumenti che le permettano di divenire egemone nella società.
La lotta per l’egemonia è di vitale importanza in questa realtà in cui la classe lavoratrice è frammentata in mille rivoli, frantumata in una miriade di rapporti contrattuali, divisa in una gerarchia di livelli di tutele e che pertanto stenta a riconoscersi come classe. Occorre mettere i piedi nel piatto di una comunicazione di massa mistificatoria che ha centralizzato i propri mezzi, compresi quelli telematici, all’asservimento della formazione e della ricerca agli interessi dei grandi gruppi monopolistici. A maggior ragione in questo tempo di guerra l’informazione è come non mai manipolata e il pensiero critico è emarginato. Occorre restituire la parola agli sfruttati e agli emarginati e nel contempo dare un senso e una prospettiva politica alle miriadi di lotte frastagliate e scarsamente comunicanti fra di loro.
Questo è il cuore di questo giornale, «Futura Società».
Una digressione la merita, per il suo significato, il racconto del perché del logo che si trova in bella vista accanto all’intestazione del giornale. Si tratta di un disegno creato per noi da Davide Scutece, un compagno per lungo tempo metalmeccanico e fattosi, poi, importante artista, “libero” allievo (per l’originalità) di Ennio Minerva, uno dei più grandi pittori e scultori abruzzesi di metà Novecento, formatosi presso la scuola di Renato Guttuso. Con la potente immagine di un lavoratore, stanco ma fiero, di fianco alla bandiera rossa, ha colto perfettamente il nostro spirito di lotta e a chi ci rivolgiamo. Siamo convinti infatti che il lavoro sia il motore della storia dell’umanità e dell’evolversi della civiltà umana, e dunque la questione del lavoro è il nucleo centrale del nostro agire politico.
Mi piace riportare anche queste parole di Scutece: «Scegliete di avere un lavoro fisso, di fare un mutuo, di dirvi ogni giorno che lo fate per la famiglia. Scegliete ancora di annientarvi, di giustificarvi con “questo è”. Alcuni hanno deciso, però, di correre dalla parte opposta».
È questo che facciamo e faremo. Correre dalla parte opposta. Nella ricerca di unità, nell’umiltà sana di chi continua sempre a studiare e a crescere e impara dagli errori, di chi si confronta con gli altri, nella forza di chi sente la pulsione anche sentimentale a costruire una “futura società” di eguali e liberi, utilizzando la solida teoria del marxismo-leninismo, senza dogmi e senza liquidazioni, ma adoperata nella sua attualizzazione costante. Da oggi, ci mettiamo al lavoro.
Quando nasce un nuovo giornale è sempre festa ma se poi è comunista è festa grande perché significa che nella società c’è un surplus di aspettative mirate a cambiare almeno quelle cose orribili che ogni giorno vediamo come quella fenomenologia di atti socioeconomici della società capitalistica che non ti fa vivere ma sopravvivere. C’è però nella fase in corso un fenomeno certo complesso quale è quello della non partecipazione al voto e il rilancio del distacco dalla politica attiva che ambedue nell’insieme aiutano non poco i gruppi della destra a creare una sorta di qualunquismo di maniera e di fatto si mette in campo il tema del voto utile e quindi votare da diritto costituzionale, pur restando tale però sempre più formalmente s’intende, diventa una specie di voto di scambio non dichiarato quasi ideale. Certo in fondo nella società dei consumi è ordinario ma il problema è che lo Stato perde anche in questo modo continuamente potere e aumenta però quello dei gruppi finanziari ed economici che diventano sempre più liberi e chi non è ai loro servizi non ha diritto di vita e parlo di vita politica. Il cittadino oggi, ma anche in tempi passati, non ha possibilità di comunicazione in quanto giornali e riviste non pubblicano un rigo ad un comunista neanche se vengono ammazzati per non parlare degli altri media come Tv e le radio che sono inesistenti per i comunisti.
Quindi che ci sia un altro giornale comunista è davvero festa grande.
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benvenuti e buon lavoro, vi leggero’ con interesse. Grazie
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