di Francesco Galofaro, Università IULM di Milano
Censurata dal mainstream, al confine fra Polonia e Ucraina è in corso da oltre un mese una protesta degli autotrasportatori sotto forma di blocco delle frontiere, contro le politiche dell’Unione Europea. Il rischio di strumentalizzazione da parte della destra di questo malcontento è alto, dal momento che le forze di sinistra da tempo non riescono a relazionarsi al conflitto sociale.
Dallo scorso 7 novembre autotrasportatori provenienti da diversi Stati europei hanno dato vita a un blocco delle frontiere polacche verso l’Ucraina. 900 camion attendono di passare in Ucraina a Dorohusk (tempo d’attesa: 5 giorni). A Hrebenne i camion sono 790 per un tempo d’attesa di 8 giorni. Si tratta di una lotta dura, portata avanti da più un mese nel silenzio imbarazzante dei media nostrani. La protesta coinvolge camionisti di diversi Paesi europei, ha avuto il supporto dei contadini, ed è diretta contro le politiche dell’Unione nei confronti dell’Ucraina.
In seguito allo scoppio della guerra, l’Ucraina è stata ammessa al mercato comune dei trasporti UE, rovinando i vettori di altri Paesi comunitari. Le tariffe ucraine, fino a 0,75 euro a km, sono inaccessibili per i camionisti europei. Inoltre, i camionisti accusano le dogane ucraine di pratiche sospette, che privilegiano gli autotrasportatori locali ritardando il rientro nella UE dei camionisti di altri Paesi.
Lo scorso 11 dicembre, il sindaco di Dorohusk, esponente del partito liberista e filoeuropeo che ha recentemente vinto le elezioni, ha revocato agli autotrasportatori il permesso di manifestare alla frontiera. La strada è stata sgombrata per poche ore: un nuovo tentativo di blocco è sfociato in uno scontro con le forze dell’ordine. I manifestanti intendono ricorrere contro la decisione del sindaco. Inoltre, si chiedono come mai il governo ucraino fosse a conoscenza dell’atto due giorni prima della sua promulgazione. Infine, invitano a riflettere sulle bisarche cariche di auto di lusso dirette in Ucraina, che restituiscono un’immagine non troppo convenzionale del conflitto in corso.
Ad ogni modo, la protesta non si è fermata: i sindaci dei comuni limitrofi, solidali con i camionisti, promettono di garantire la prosecuzione del blocco, che nei giorni seguenti si è esteso alle frontiera tra Ucraina, Ungheria e Slovacchia. Si tratta dunque di una lotta interessante per il suo carattere transnazionale, critico verso le politiche dell’Unione europea e le sue scelte belliche.
La manifestazione dovrebbe indurre a riflettere sulle conseguenze controproducenti e contraddittorie dell’ingresso dell’Ucraina nella UE, che la Commissione europea tenta in ogni modo di accelerare. Come è già accaduto in passato, i costi della guerra e del sostegno all’alleato ucraino saranno scaricati in maniera ineguale su diversi settori economici e categorie di lavoratori, ai quali si chiede di sacrificarsi per scelte politiche che non porteranno loro alcun beneficio.
Inoltre, in Polonia, la lotta degli autotrasportatori rischia di venire strumentalizzata dalla destra radicale di Konfederacja, l’unica formazione politica apertamente contraria alla guerra in Ucraina. Come in altri Paesi d’Europa, la sinistra dovrebbe riflettere sui limiti culturali e organizzativi che le impediscono di entrare in relazione con il vasto mondo della protesta contro le politiche dell’Unione Europea.
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