Nick Savchenko, Anti NATO protests in Serbia, CC BY-SA 2.0, https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0, via Wikimedia Commons
di Gianmarco Pisa
Le elezioni generali in Serbia si svolgono in un clima di forte pressione internazionale sul paese in quanto non allineato alla “narrazione politica occidentale”.
Si tengono oggi, domenica 17 dicembre, le elezioni generali in Serbia vale a dire, più precisamente, le elezioni parlamentari per il rinnovo dei 250 deputati della Assemblea Nazionale (Narodna Skupština, il Parlamento monocamerale di Serbia), le elezioni regionali per il rinnovo dell’assemblea della Vojvodina, la provincia autonoma nel Nord della Serbia, nonché le elezioni municipali, che interessano un totale di 66 comuni, tra i quali anche la capitale, Belgrado. Sono 8.273 i seggi elettorali e 6.500.666 gli aventi diritto, tra i quali i cittadini serbi del Kosovo, i quali saranno tuttavia costretti a recarsi alle urne nei seggi elettorali predisposti nelle città del Sud della Serbia, in particolare a Vranje, Kuršumlija, Raška e Tutin, dal momento che, come annunciato e con un’ennesima forzatura, le autorità dell’autogoverno kosovaro a Prishtina, guidato dal leader albanese kosovaro, Albin Kurti, hanno vietato lo svolgimento delle elezioni parlamentari nel territorio del Kosovo, sul quale le autorità della Serbia non esercitano il governo ma che rientra, a norma di diritto internazionale, nello spazio dell’integrità territoriale della Serbia e nell’ambito della sovranità statuale serba.
È appena il caso di ricordare che la posizione internazionale del Kosovo è regolata da due atti principali, vale a dire il Parere (meramente consultivo) del 22 luglio 2010 della Corte Internazionale di Giustizia, che ha riconosciuto che, di per sé, la dichiarazione di indipendenza kosovara non costituisce violazione del diritto internazionale e, essenzialmente, la Risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ribadisce la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica Federale Jugoslava, oggi Serbia, e prescrive, per il Kosovo, non l’indipendenza, bensì «una sostanziale autonomia e una significativa auto-amministrazione». A tutt’oggi, il Kosovo non è riconosciuto come Stato indipendente, tra gli altri, da cinque Paesi membri dell’Unione Europea (Spagna, Romania, Slovacchia, Grecia e Cipro) e da due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quali la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese.
Tornando dunque al quadro elettorale, sono 18, in tutto, liste elettorali che si presentano al voto in questa importante tornata, tra le quali le più rilevanti a livello nazionale sono la lista “Aleksandar Vučić – Srbija ne sme da stane” (la Serbia non deve fermarsi) che ha come figura di riferimento l’attuale presidente della Repubblica di Serbia, e che raccoglie una vasta aggregazione elettorale, composta da diversi partiti politici, con al centro il partito del presidente, l’SNS (Partito Progressista Serbo), di orientamento nazional-conservatore, ma all’interno della quale si trovano partiti di diversa ispirazione, dai socialisti di Pokret Socijalista (Movimento dei Socialisti) al vecchio SPO (Movimento per il Rinnovamento serbo), conservatore e monarchico, di Vuk Drašković.
Quindi la coalizione “Serbia contro la violenza”, una variegata aggregazione di partiti e movimenti, di generale orientamento centrista, contraddistinto dall’ideologia liberale ed europeista; poi ancora le due coalizioni elettorali rispettivamente intorno al SPS, il Partito socialista serbo, di orientamento socialdemocratico, con Ivica Dačić, e quella centrata sul SRS, il Partito radicale serbo, ultranazionalista, di Vojislav Šešelj. Si tratta di un panorama, come si vede, assai composito, all’interno del quale tuttavia merita di essere segnalata una novità assai significativa, la partecipazione al voto, per la prima volta dopo 19 anni e, per quello che riguarda le elezioni parlamentari, per la prima volta dopo 23 anni, del NKPJ, il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia.
Grazie all’accordo elettorale con il Partito Russo, infatti, la lista elettorale congiunta ospiterà sette candidati del NKPJ e del suo movimento giovanile, la SKOJ (l’Unione della Gioventù Comunista di Jugoslavia). I candidati dell’NKPJ sono Aleksandar Đenić, segretario esecutivo, Nikola Stojiljković, membro della segreteria e Irina El Azzouzi; mentre i candidati della SKOJ sono Miloš Karavezić, primo segretario, Predrag Ivanov, membro del Comitato Centrale, Ilija Živković e Petra Ristić, membro della segreteria. L’accordo elettorale che ha portato alla composizione della lista e alla partecipazione dei candidati comunisti si basa su alcuni punti fondamentali: opposizione all’adesione della Serbia alla NATO e all’UE; consolidamento della cooperazione con la Russia, la Cina socialista e, in generale, la piattaforma dei BRICS, in prospettiva BRICS+; contrarietà alle sanzioni contro la Russia; conferma del Kosovo come parte integrante della Serbia e opposizione alle mire imperialistiche che vorrebbero imporre alla Serbia il riconoscimento dell’indipendenza kosovara; antifascismo, anche in relazione alla preservazione e al consolidamento della memoria pubblica del movimento partigiano e della gloriosa resistenza antifascista dei popoli e delle nazionalità della Jugoslavia che portò alla formazione, dopo la vittoria contro il nazismo, il fascismo e i loro collaborazionisti locali, della nuova Jugoslavia socialista di Tito.
Per la posizione internazionale della Serbia e l’attuale congiuntura storica (la Serbia è l’unico Paese europeo a non avere adottato alcuna sanzione contro la Russia e si propone di mantenere, retaggio della storia jugoslava, una politica estera indipendente, pur essendo candidata all’adesione all’UE), forti sono le pressioni internazionali sulla Serbia. Come ha ricordato Dragana Mitrovic sul Global Times lo scorso 15 ottobre: «L’Occidente sta compiendo sforzi incessanti per fare pressione sulla Serbia, cercando di costringerla ad abbandonare i suoi principi di indipendenza diplomatica ed i suoi interessi per aderire alla cosiddetta “narrazione politica occidentale”». In base ai sondaggi della vigilia, la coalizione del SNS è accreditata di un consenso tra il 38 e il 44 per cento, la coalizione “Serbia contro la violenza” tra il 22 e il 28 per cento, l’SPS tra l’8 e il 10 per cento.
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