Elezioni in Serbia, un risultato senza grosse sorprese

di Gianmarco Pisa

Si è conclusa la giornata elettorale in Serbia, con le elezioni politiche generali, le elezioni regionali per il rinnovo dell’assemblea della provincia autonoma della Vojvodina, e le elezioni municipali in 66 comuni, tra cui la stessa capitale, Belgrado, svolte domenica 17 dicembre. Secondo le proiezioni disponibili, basate su poco meno del 90% del campione, la lista elettorale che aggrega una serie di formazioni politiche intorno al SNS, il Partito progressista serbo, “La Serbia non deve fermarsi” ha ottenuto più del 46% dei voti alle elezioni parlamentari, che dovrebbero corrispondere, in base alle proiezioni effettuate, a 128 seggi sui 250 di cui è composta l’Assemblea nazionale (Narodna Skupština), pari alla maggioranza parlamentare assoluta. La lista, di orientamento liberale ed europeista, “Serbia contro la violenza”, che raccoglie una buona parte delle forze dell’opposizione liberale al governo in carica e ha la sua più consistente base di consenso a Belgrado, è intorno al 24%, che dovrebbe corrispondere a 65 seggi in Parlamento, mentre la lista dei socialisti del SPS è intorno al 6,5%, corrispondenti a 18 seggi. La coalizione Nada (13 seggi) e “La Voce del Popolo” (13 seggi) sono intorno al 5%, mentre la coalizione di destra formata da Dveri e Zavetnici non ha raggiunto la soglia di sbarramento del 3%, non diversamente dal SRS, il Partito radicale serbo, fermo intorno all’1,5% dei voti.

La legge elettorale assicura una rappresentanza parlamentare alle liste elettorali espressione delle minoranze nazionali, e di conseguenza, in base alle proiezioni, l’Alleanza degli Ungheresi della Vojvodina ha ottenuto l’1,7% dei voti e, come lista di minoranza nazionale, 6 seggi; la lista “Uniti per la giustizia” 3 seggi, l’SDA Sandžak 2 seggi, la Coalizione degli albanesi della valle di Preševo 1 seggio. Diversa, dal punto di vista degli equilibri elettorali, è la situazione a Belgrado (come detto, si votava anche in 66 comuni e, tra questi, la capitale) dove le proiezioni per il nuovo consiglio comunale indicano la coalizione centrata sul SNS “La Serbia non deve fermarsi” intorno al 38% e la coalizione “Serbia contro la violenza” intorno al 34%, seguite da “La Voce del Popolo” con il 5,4% e il Partito socialista (SPS) con il 4,8%. In base alle proiezioni, dunque, se confermate, SNS e SPS dovrebbero allargare la coalizione ad altri raggruppamenti per raggiungere la maggioranza necessaria in consiglio comunale. Nelle elezioni politiche generali la lista congiunta formata dal Partito russo e dal NKPJ, il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia, ha raggiunto lo 0.3%, pari a 11 mila voti.

Come lo stesso NKPJ ha sottolineato nella propria piattaforma politica in vista delle elezioni, del resto, «le elezioni e il parlamento servono da tribuna della classe operaia per raggiungere le grandi masse popolari. I comunisti utilizzano le risorse fornite dalle elezioni e dal parlamento affinché i loro messaggi possano raggiungere una vasta area di persone. […] Tutti i partiti politici in Serbia hanno preso parte a politiche antipopolari a partire dal 2000, hanno partecipato alle elezioni e portato il Paese in una posizione di vassallo. Tutti hanno partecipato alla privatizzazione dell’istruzione e della sanità, alla privatizzazione e alla distruzione dell’industria, alla vendita dei terreni, alla revisione della storia e alla riabilitazione dei collaborazionisti durante la Seconda Guerra Mondiale, alla restituzione delle proprietà, alla collaborazione con il Fondo monetario, la Banca mondiale, la NATO e tutti vogliono l’adesione della Serbia all’UE. A dire il vero, c’è una leggera differenza tra chi vuole imporre sanzioni alla Russia e rompere i buoni rapporti con la Cina, e chi non intende arrivare a questo punto. In questo senso è importante difendere in queste elezioni quel poco di sovranità rimasta».

Per la coalizione europeista “Serbia contro la violenza”, che aveva, in sostanza, puntato tutto sulla vittoria e il sorpasso ai danni dell’SNS a Belgrado, si profila dunque una sconfitta che, al netto del buon risultato in termini di voti assoluti a Belgrado, non consentirebbe loro, se le proiezioni fossero confermate, di governare la capitale. Non sono mancati, da parte della coalizione, accuse di brogli elettorali; ai quali la Commissione elettorale centrale, per voce del suo presidente, Vladimir Dimitrijević, ha replicato confermando che la Commissione ha cercato di rispondere prontamente a tutte le segnalazioni di irregolarità, aggiungendo, peraltro, che la gran parte delle accuse di brogli è circolata sui social network e sarà quindi prontamente verificata. Come ha riportato la stampa, alla domanda circa l’appello della lista “Serbia contro la violenza” a scendere in piazza e manifestare, per i presunti brogli, davanti all’Assemblea cittadina e alla sede della Commissione elettorale, ha risposto che ogni partito ha il diritto di esprimere la propria insoddisfazione, ma non è consentito di esercitare pressioni sulle autorità per quanto concerne lo svolgimento delle elezioni. Ancora prima, era stato ribadito che «tutte le liste elettorali avranno dei rappresentati ai seggi» e «in quasi tutti è prevista la presenza di osservatori».

La giornata elettorale è stata anche una giornata di resistenza e di mobilitazione per i Serbi del Kosovo. A causa della decisione unilaterale delle autorità dell’autogoverno kosovaro di Prishtina di impedire agli elettori serbi del Kosovo di votare nei propri comuni, questi si sono dovuti recare nei seggi appositamente predisposti a Raška, Kuršumlija, Vranje e Tutin, mobilitandosi sin dalle prime luci dell’alba. Non sono stati segnalati problemi particolari e, da quanto constatato da vari osservatori, numerosi cittadini serbi del Kosovo hanno votato.

Immagine: Stefan Didam – Schmallenberg, Parliament, Belgrade, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25918378

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