Gli esiti delle elezioni in Serbia e la minaccia di una nuova Maidan

di Gianmarco Pisa

A proposito dello scenario elettorale e post-elettorale in Serbia: conferma del consenso per l’SNS e il blocco attualmente al potere; presenza di candidati comunisti alle elezioni generali per la prima volta dopo 19 anni; minaccia di una nuova Maidan filo-occidentale a Belgrado. 

La Commissione elettorale centrale ha annunciato, dopo la ripetizione delle votazioni in otto seggi elettorali lo scorso 2 gennaio, i risultati definitivi delle elezioni generali tenute in Serbia lo scorso 17 dicembre. La lista legata al SNS, il Partito progressista serbo, di orientamento nazional-conservatore, “Aleksandar Vučić – La Serbia non deve fermarsi” ha ottenuto il 46,75% (1.783.701 voti); la lista delle opposizioni liberali, filo-occidentali e filo-UE, “Serbia contro la violenza” il 23,66% dei voti (902.450 voti); la lista legata al Partito socialista serbo, con Ivica Dačić, il 6,55% (249.916 voti), la lista NADA il 5,02% (191.431 voti); la lista populista “Noi – Voce del Popolo” di Branimir Nestorović il 4,69% (178.830 voti); e, sul versante delle liste espressione delle minoranze nazionali, l’Unione degli ungheresi della Vojvodina l’1,7%, la lista “Uniti per la Giustizia – Partito della Giustizia e della Riconciliazione – Bosniaci del Sandžak” lo 0,76%, la lista dello “SDA Sandžak” lo 0,57%; la lista “La lotta politica degli albanesi continua – Shaip Kamberi” lo 0,35% dei voti, la lista del Partito Russo e del NKPJ (il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia) lo 0,3% dei voti. Quanto alle elezioni nella capitale, Belgrado, la Commissione elettorale cittadina ha rilasciato il rapporto finale in base al quale la lista “Aleksandar Vučić – Belgrado non deve fermarsi” ha ottenuto 49 seggi; “Serbia contro la violenza” 43 seggi; “NADA per Belgrado” 7 seggi; “Noi – Voce del Popolo” 6 seggi, la lista del Partito socialista serbo 5 seggi. Un risultato chiaro, dunque, con una serie di indicazioni nitide: l’ampio consenso di cui gode, soprattutto nella Serbia “interna”, l’SNS; la differenza tra il voto a Belgrado e nella Serbia “interna”; la sconfitta politica dei socialisti e delle destre più radicali. I comunisti dell’NKPJ (il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia) hanno espresso sette candidati nelle liste del Partito russo, presentando così candidati comunisti alle elezioni generali per la prima volta dopo 19 anni. 

La coalizione liberale “Serbia contro la violenza”, sostenuta dagli opinion leader occidentali, non solo non è riuscita a superare la soglia simbolica del 30% ma ha mancato anche la prima posizione nella città di Belgrado, su cui aveva puntato il grosso della sua campagna. Di conseguenza, ha mobilitato la piazza, in manifestazioni in cui, peraltro, non sono mancati episodi di violenza, e ha chiesto lo svolgimento di nuove elezioni, forte dei resoconti di alcuni osservatori internazionali. Tra questi, il rapporto dell’OSCE ha indicato che si sono verificate irregolarità nelle elezioni; il 18 dicembre l’ODIHR (Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani) ha segnalato che le elezioni sono state caratterizzate da alcune irregolarità, uso improprio di fondi pubblici, predominio mediatico da parte del presidente Aleksandar Vučić. Quanto si è visto in piazza, tuttavia, lascia pochi dubbi circa le reali intenzioni delle opposizioni raccolte nella coalizione “Serbia contro la violenza”. 

Il 26 dicembre, il più autorevole quotidiano serbo, Politika, titolava: “La Russia mostra i piani dell’Occidente per una Maidan a Belgrado”. Il tabloid Informer, il 29 dicembre, titolava: “L’Occidente ha promesso a Djilas: Ti porteremo al potere se crei una Maidan in Serbia”. Non è un caso, ma espressione di un preciso orientamento di una parte non minoritaria di questa opposizione in Serbia, che, durante le proteste, sia comparsa, in più di una circostanza, anche una bandiera con la scritta «Euromaidan Serbia». Un «Euromaidan», in analogia con la sollevazione violenta – e poi il colpo di stato – legata agli eventi di Maidan Nezaležnosti (Piazza Indipendenza) a Kiev, è un tentativo di “rivoluzione colorata”, volto a creare disordine per rovesciare autorità, spesse volte legittime, invise all’Occidente e ai circuiti UE, USA e NATO. A questi tentativi è possibile ricondurre alcune caratteristiche già ampiamente sperimentate: mancato riconoscimento dei risultati elettorali (in Serbia c’è il precedente della Bager Revolucija, la sollevazione violenta del 5 ottobre 2000, che portò alla rinuncia del secondo turno presidenziale e alle conseguenti dimissioni di Slobodan Milošević); proteste, dimostrazioni e manifestazioni variamente organizzate, dai presidi ai blocchi stradali all’assalto ai palazzi istituzionali; ampio sostegno da parte di cancellerie, attori istituzionali e non istituzionali occidentali, europei e nordamericani. 

Come riportato dalla stampa serba, secondo il relatore del Parlamento europeo per la Serbia, Vladimir Bilčik, «quello che abbiamo notato è che le elezioni sono state ben condotte e ben gestite. Ci sono alcune irregolarità in relazione a rapporti che abbiamo ricevuto dai luoghi che abbiamo visitato circa l’ingresso di altri elettori, ma non si tratta di un numero elevato di elettori. […] Non si è trattato di incidenti gravi, ma di casi che abbiamo osservato su scala minore. Nel complesso, quindi, credo che le elezioni si siano svolte senza particolari problemi. Per questo voglio congratularmi con i cittadini serbi che hanno votato in numero maggiore rispetto all’anno scorso». Secondo lo stesso Bilčik, è positivo che la Serbia avrà un parlamento pluralista, più rappresentativo, come risultato di queste elezioni, né sono state registrate, dagli osservatori della delegazione del Parlamento europeo, «irregolarità sistematiche» in occasione del giorno delle elezioni del 17 dicembre.

Il nuovo Parlamento serbo, che sarà insediato entro trenta giorni dalla proclamazione ufficiale dei risultati elettorali, vedrà dunque una maggioranza della lista “La Serbia non deve fermarsi” (probabilmente 127 seggi), seguita da “Serbia contro la violenza” (~ 65 seggi), il Partito socialista che scende da 31 a 18 seggi, NADA (~ 13 seggi), “Noi – Voce del Popolo” (~ 13 seggi); quindi l’Unione degli ungheresi di Vojvodina (6), il Partito Giustizia e Riconciliazione (3), l’SDA Sandžak (2), quindi la lista albanese di Shaip Kamberi (2) e il Partito russo/NKPJ (1). 

Riferimenti:

Monitoring delegation of European Parliament announced: ”Elections well conducted” (B92 – Insider, 19.12.2023):

Maidan serbo (Futura Società, 27.12.2023):

Opozicija blokira ulice u Beogradu, gradjani trpe: Zabeležena sramna zastava na protestu (B92, 29.12.2023): 

https://www.b92.net/info/izbori2023/beogradski.php?nav_id=2457560

RIK: Obradjena sva biračka mesta, listi “Aleksandar Vučić” preko 46 odsto glasova (Radio Slobodna Evropa, 03.01.2024):

https://www.slobodnaevropa.org/a/srbija-izbori-rezultati/32756565.html

Gradska izborna komisija: Listi “Srbija protiv nasilja” u Beogradu 43 mandata (Radio Slobodna Evropa, 03.01.2024):

https://www.slobodnaevropa.org/a/izbori-beograd-srbija-/32758829.html

Immagine: Petooktobarska revolucija, WagingNonViolence/Viktor Sekularac, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons
https://creativecommons.org/licenses/by/4.0: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Petooktobarska_revolucija.png

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