Gaza: perché si tratta di genocidio

di Antonio Gibelli *

Perché la categoria di “genocidio” può essere applicata all’attuale azione israeliana a Gaza, per le sue caratteristiche di massacro indisciminato della popolazione e volontà di deportazione.

Genocidio? La questione giuridica sollevata dalla denuncia del Sudafrica contro Israele andrà risolta nella sede della Corte internazionale di giustizia cui è stata posta. La procedura prevede che prima dell’emissione della sentenza, la quale potrà richiedere un tempo lungo, si possa imporre l’interruzione dell’azione israeliana, il che appare importante perché – a differenza della feroce azione terroristica di Hamas, consumata in un giorno – quella di Israele, comunque la si qualifichi, è in corso tuttora e si annuncia come durevole.

La denuncia del Sudafrica ha sollevato polemiche, distinguo, prese di distanza, inclusi argomenti palesemente capziosi (come l’equiparazione di Gaza a Dresda, ossia di due milioni di civili palestinesi agli ottanta milioni di tedeschi della superpotenza mondiale nazista) di cui non val la pena di occuparsi. Inoltre si parla molto delle malefatte del Sudafrica e poco o niente del merito. Soprattutto si solleva scandalo contro chi osa accumunare sotto la categoria di genocidio il comportamento attuale di Israele e la Shoah.

La Shoah ha un valore giustamente paradigmatico perché combina tutti i possibili ingredienti del genocidio nella forma più sistematica, ma non esaurisce tutte le varianti possibili. Non tutti i genocidi sono uguali, ciò non vieta in sede storica di chiamarli con questo nome: genocidio è stata la Shoah, ma anche quello del popolo armeno, quello del Ruanda, scatenato da una stratificazione sociale e di potere che aveva preso una configurazione etnico-tribale, alcuni parlano di genocidi anche nel caso delle popolazioni precolombiane sterminate dai conquistatori, decimate indirettamente dalle epidemie e programmaticamente sottoposte a sradicamento dalle loro culture per imporre loro quella cattolica; per questo la categoria non può essere ridotta a un modello unico, ma può essere discussa in sede storica e applicata a eventi diversi.

Modalità dell’azione israeliana: uccisioni dirette

L’esercito di Israele, il quarto meglio equipaggiato del mondo, dotato dei mezzi più sofisticati di scelta, controllo e raggiungimento degli obiettivi, colpisce il territorio di Gaza con bombardamenti che uccidono sistematicamente in maggioranza uomini non armati, donne e bambini, personale medico, giornalisti.

Secondo i dati forniti dall’Onu, la media giornaliera fino all’11 gennaio, era di 247 morti, di cui 48 madri, 117 bambini, 3 medici, 2 insegnanti, 1 impiegato Onu, 1 giornalista.

Essendo esclusa l’incapacità, non resta che l’intenzione, o esplicita come finalità perseguita o come conseguenza accettata dell’azione (effetto collaterale programmato). Un evento del genere una tantum potrebbe essere considerato preterintenzionale (è il caso dell’uccisione dei propri soldati seminudi, disarmati e con vessillo di resa, che si è effettivamente verificata almeno una volta). Ma non è questo il caso in questione. L’azione israeliana ha provocato con i bombardamenti morti e sofferenze, alle quali aggiungono le morti per malattie e le menomazioni permanenti, per ora incalcolabili, dovuti alla limitazione dei mezzi di sussistenza (energia, acqua, cibo), quindi alla denutrizione e alla sistematica distruzione delle strutture abitative e sanitarie, le case e gli ospedali, in particolare le sale operatorie e di rianimazione, le incubatrici per neonati ecc…

Tutto questo è reso possibile dallo statuto imposto da Israele a Gaza, divenuta una specie di enorme campo di concentramento: un territorio occupato, inaccessibile da terra e neanche dal mare se non sotto il controllo di Israele stesso, a parte il varco egiziano ora ugualmente controllato anche da Israele. Una popolazione così confinata può essere, ed è stata, ridotta alla fame, alla sete, all’impossibilità di comunicare anche con la sospensione temporanea di internet.

Continuità dell’azione

L’azione omicida di Israele è cominciata all’indomani della strage perpetrata da Hamas ed è proseguita senza interruzione tranne una breve sospensione per lo scambio di prigionieri. Il governo Israeliano ha annunciato che la “guerra” durerà ancora a lungo, precisando poi “almeno un anno”. La prosecuzione viene motivata con il mancato raggiungimento dello scopo proclamato (la distruzione di Hamas), che viene procrastinato di giorno in giorno e di mese in mese. Un’attività che provoca prevalentemente, se non esclusivamente, vittime civili senza raggiungere lo scopo dichiarato, e che viene iterata di giorno in giorno, e che è un crimine continuato dagli effetti tendenzialmente illimitati: col ritmo attuale, tra un anno sarebbe eliminato il 10% della popolazione di Gaza e certo Israele non esclude l’eliminazione fisica pressoché totale della popolazione di Gaza.

Complementarietà tra omicidi di civili e pulizia etnica con spostamento coatto ed espulsione di popolazione

Accanto all’uccisione e all’invalidazione metodica continuata di civili, diretta e indiretta, Israele ha enunciato, progettato, messo in atto programmi di spostamento coatto, deportazione, espulsione simili a quelli che hanno preceduto e/o accompagnato genocidi riconosciuti come tali: per esempio quelli del popolo armeno da parte dello Stato turco durante la Prima guerra mondiale e dello Stato nazista con la collaborazione dei fascisti francesi, italiani, ungheresi ecc. durante la Seconda guerra mondiale.

Lo stato turco nel 1914, alleato della Germania, che per questo chiuse un occhio, diede corso al genocidio attraverso un’operazione di spostamento coatto che aveva lo scopo dichiarato di allontanare gli armeni dal confine con l’impero zarista che li proteggeva: dunque, uno scopo di sicurezza interna dovuto alla guerra in corso e non un’intenzione genocida dichiarata. Di fatto si risolse invece in un genocidio, perché le fatiche, le percosse, le eliminazioni dirette produssero l’estinzione e/o la completa diaspora degli armeni. Le autorità turche attuali negano la natura genocida di quell’azione, ma in Occidente si insiste giustamente per l’uso di quel concetto.

Quanto ai nazisti, si conosce il progetto di espulsione degli ebrei, additati come responsabili del collasso tedesco nella Grande Guerra appena conclusa e quindi della pace punitiva imposta alla Germania, tale da mettere in discussione l’identità e l’integrità tedesca. Infatti fu enunciato precocemente nel Mein Kampf, ma espulsione poteva significare spostamento coatto fuori del territorio tedesco (si pensò tra l’altro al Madagascar) e solo più tardi divenne identificazione, segregazione, discriminazione, privazione di diritti e in seguito deportazione nei campi ed eliminazione fisica sistematica con ogni mezzo di sterminio di massa.

Ora Israele ha obbligato la popolazione a spostarsi all’interno di Gaza trattandola come gregge che si movimenta forzosamente e scompostamente dentro un mattatoio. Poco importa che lo spostamento coatto venga motivato con la necessità di scansare le bombe che Israele stesso sgancia, per di più contraddetto dal bombardamento di luoghi già indicati come sicuri con tempi insufficienti per effettuarlo, nel viavai imposto tra Nord e Sud; ha spinto la popolazione di Gaza verso il confine con l’Egitto, cercando di buttarla fuori dal territorio da sempre abitato e dentro uno Stato contrario a questa accoglienza; in pratica, una trappola; ha enunciato il progetto di trasferire una quota di popolazione palestinese in Congo, come se si trattasse di una merce, di prigionieri, di schiavi.

Conclusioni

Anche senza considerare le dichiarazioni esplicite di ministri israeliani sulla disumanità dei palestinesi e le intenzioni manifestate dai coloni di Cisgiordania, ma tenendo conto dell’intenzione dichiarata da parte del governo israeliano di prolungare ad libitum l’azione in corso, tutto questo rientra nella categoria storica del genocidio legittimamente, perché Israele mostra chiaramente l’intenzione di sbarazzarsi definitivamente dei palestinesi, in un modo o nell’altro.

Chi si fa scudo di falsi argomenti per negarlo, chi invita Israele a moderare la sua azione omicida anziché interromperla, chi dichiara che le vittime civili palestinesi sono “troppe” come se ne esistesse una quota legittima e accettabile, di fatto è complice di questo misfatto che si sta consumando sotto i nostri occhi.

* Storico, ex docente di Storia Contemporanea dell’Università di Genova

Immagine: Al Jazeera English, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0&gt;, via Wikimedia Commons

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