Sardegna: la raffineria Saras passa al Gruppo olandese Vitol

di Piero Manunta *

Un’azienda in piena salute, con oltre 1.500 dipendenti e circa 3.000 stimati come indotto, passa in mani estere: prosegue la destrutturazione dell’industria italiana, che questa volta colpisce una terra e una classe operaia, quella sarda, già storicamente colonizzate ed umiliate. Sarà compito innanzitutto dei comunisti, del MpRc, stare a fianco degli operai dell’Isola.

La raffineria Saras di Massimo Moratti, attiva in Sardegna dal 1962, inaugurata nel 1966, ubicata in territorio di Sarroch, nelle vicinanze di Cagliari, ha avuto un fatturato, nel 2022, di oltre 15 miliardi di euro, con un utile netto di 399 milioni. Di fatto, un’azienda in piena salute con oltre 1.500 dipendenti e circa 3.000 stimati come indotto. Notizia di questi giorni è, in sostanza, che una delle più grandi raffinerie del Mediterraneo, con una produzione di 300.000 barili al giorno, non sarà più un’industria nazionale. L’ennesimo asset strategico che passa in mani estere e nello specifico al gruppo Vitol, multinazionale olandese con sede anche in Svizzera e con diverse raffinerie nel mondo, attualmente con produzione stimata di 500.000 barili al giorno.

Ma nel pacchetto, oltre alla produzione petrolifera, vengono acquisiti altri asset direttamente collegati: la centrale elettrica Sarlux con una potenza di 575 MW a copertura del 40% del fabbisogno isolano, un parco eolico da 171 MW e diversi progetti in fase di sviluppo, tra cui l’idrogeno. 

La storia richiama circa sessant’anni di luci ed ombre, soprattutto sugli impatti ambientali, forse mai del tutto chiariti; impossibile dimenticare l’incidente del 2009 che costò la vita a tre operai. Mentre la ricaduta occupazionale in territorio fortemente depresso, storicamente depredato e sfruttato è stata fondamentale per il sostentamento delle famiglie direttamente coinvolte e di quelle del comparto indotto. 

Il passaggio di consegne dall’attuale proprietà alla multinazionale olandese getta una cappa di oscurità sul futuro dei lavoratori. Unitamente all’acquisizione non è stato presentato nessun piano industriale ma solo dichiarazioni di circostanza circa una politica conservativa dello stato di fatto. Il dubbio è che si ripeta un copione già visto, basti pensare alle vicende dell’Euroallumina, della Portovesme SRL gruppo Glencore. Nell’Isola, ormai storicamente, il passaggio a multinazionali di settore ha aperto vicende disastrose per i lavoratori e per l’economia della Sardegna. Abbiamo attraversato crisi indotte da società il cui principale obiettivo è sempre sembrato quello di far cassa con i contributi regionali e nazionali, salvo poi mandare all’aria ogni promessa, ogni accordo e attingendo in maniera devastante alla cassa integrazione. Oltretutto i disimpegni hanno sempre lasciato in eredità delle vere e proprie cattedrali nel deserto, strutture fatiscenti e danni ambientali rilevanti.

Non lascia certo tranquilli sapere che Vitol ha avuto una forte crescita del giro di affari, stimato in 505 miliardi di euro, all’incirca raddoppiato nel 2022 rispetto all’anno precedente, sfruttando la crisi derivata dalla guerra Ucraina e dalla conseguente chiusura del mercato occidentale al greggio e al gas di provenienza russa. Posizione e tendenza che, nel nuovo sviluppo di un mondo multipolare, non è destinata a crescere, più probabilmente invece ha toccato il picco per cui è prevedibile solo una fase discendente. La preoccupazione è che la risposta abituale a fasi calanti da parte di questi fondi o multinazionali trova applicazione nella chiusura di impianti, anche se produttivi, e nel licenziamento dei lavoratori, con il conseguente spostamento delle produzioni in altre aree del mondo che garantiscono manodopera a basso costo e mantenimento dei margini di profitto.

Un altro dubbio che ci assale è che il piano nascosto possa essere lo stesso visto per l’ex Ilva di Taranto, dove si potrebbe addirittura ipotizzare che l’operazione del gruppo franco-indiano sia stata infine quella di eliminare dal mercato la più grande acciaieria d’Europa acquisendone prima il controllo e poi spostando le quote di mercato sulle altre acciaierie di proprietà in altri paesi con meno costi, di fatto eliminando uno dei loro più grandi competitor dal mercato e lasciandolo ad un cumulo di macerie con una produzione al minimo storico, oltretutto con una situazione di impatto ambientale ormai compromessa.

A nulla servirà un improbabile intervento della Golden Power Italiana; questo Paese ha imboccato la strada della svendita di ogni prospetto di interesse strategico. Non solo, il Paese è ormai la preda più appetibile di fondi, multinazionali e del capitalismo finanziario. Non ci si attende niente da un governo che, ad esempio, permette al fondo Kkr di chiudere la Magneti Marelli e poi gli consente di acquisire la rete di Tim o che prospetta le privatizzazioni di quote consistenti di Poste ed Eni. L’Italia sprofonda in un baratro candidandosi a diventare il Paese meno industrializzato d’Europa, trascinandosi dietro anche la Sardegna che paga già lo scotto secolare di politiche coloniali e di sfruttamento intensivo del territorio. Ed è paradossale che proprio questa nazione, anche se già da ottant’anni colonia Usa, si candidi a essere la principale colonia del capitalismo finanziario dei mercati globalizzati.

La domanda rimane sempre la stessa e sempre irrisolta: quale sviluppo per la Sardegna? La dimensione nefasta la danno i commenti a coro unico degli attuali principali candidati alla presidenza della Regione. Piccole e sintetiche dichiarazioni rassicuranti e piene di fiducia senza minimamente porre le questioni della salvaguardia dei posti di lavoro, del piano industriale e delle prospettive. 

Speriamo tutti di non assistere ancora una volta da spettatori paganti all’ennesimo film horror, ma su base esperienziale i dubbi e le incertezze sono più che fondate. L’attualità, purtroppo, ci parla di una terra alla quale è stata fatta imboccare una strada a senso unico verso la vocazione a postribolo per turismo di alto rango, deposito di scorie nucleari, poligono di guerra, occupazione militare e speculazione energetica.

* Segreteria nazionale MpRC e coordinatore MpRC Sardegna

Immagine: Sistow, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons

Lascia un commento

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑