a cura della redazione
Di fronte all’evidente processo di fascistizzazione delle società occidentali, è utile e da sostenere l’impegno antifascista dell’Anpi pur constatando notevoli contraddizioni della sua linea politica sulle quali bisogna lavorare, guardando anche alla presenza di un quadro militante non sempre normalizzabile.
Oggi in Italia e in larga parte dell’Europa è in atto un processo di neofascistizzazione abbinato alla rivincita neoliberista del capitale sul lavoro che dura da oltre 40 anni e che ha comportato la demolizione di importanti conquiste democratiche e sociali.
Attecchiscono a volte in maniera sotterranea, a volte alla luce del sole, culture fasciste che costituiscono il background di parti consistenti dell’attuale maggioranza di governo il quale concorre ad alimentare un clima culturale, o pseudoculturale, di revisionismo storico, di minimizzazione o, addirittura, di strisciante legittimazione del fascismo.
Sul piano politico e istituzionale si è verificata la concentrazione in ristrettissime mani dei mezzi di informazione, nei quali è inibita la presenza dei comunisti, la distruzione dei partiti di massa e il progressivo svuotamento della rappresentanza democratica, come era nei disegni del programma di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli e come era stato esplicitamente invocato dalla banca d’affari J.P. Morgan che perorava il superamento delle costituzioni antifasciste europee le quali danno troppo spazio alle lotte di classe dei lavoratori.
Il massacro sociale in atto, per potersi imporre senza il rischio di un’opposizione sociale, ha bisogno di contenere gli spazi di partecipazione democratica e perfino il diritto di sciopero e alcuni diritti di espressione del pensiero.
La Costituzione è stata ampiamente sovvertita dalle riforme maggioritarie e dalle modifiche dei regolamenti parlamentari che hanno reso il Parlamento subordinato all’esecutivo.
In Europa e negli Stati Uniti l’obiettivo delle classi dirigenti non è stato quello di ristabilire e proteggere le condizioni della gestione della società attuale dopo i moti del biennio ’68/’69, preservandola da cambiamenti sociali profondi e sterilizzando la democrazia ma quello di dissolvere la democrazia stessa.
La presidente del Consiglio e il presidente del Senato (seconda carica dello Stato) i quali si guardano bene dal prendere seriamente le distanze dai propri trascorsi neofascisti, sono impegnati a smantellare la Costituzione sfruttando questo quadro politico propizio alla regressione autoritaria.
Una risoluzione dell’Onu del 3 novembre scorso, tesa a combattere il neonazismo, passata a larghissima maggioranza, ha visto il voto contrario dell’Italia in combutta con Usa e altre potenze europee.
La “riforma” della giustizia messa in cantiere dal ministro Nordio punta a introdurre la separazione delle carriere dei magistrati: una misura da sempre invocata dalla destra che minaccia di porre la magistratura sotto controllo governativo. Mentre si indurisce la repressione dei piccoli reati dei poveracci, la si affievolisce nei confronti di quelli dei potenti, come nel caso dell’abuso d’ufficio.
Il premierato architettato da Meloni e Tajani porrebbe al comando il capo del governo eletto direttamente da un “popolo” disinformato, mentre il Parlamento e il Presidente della Repubblica non avrebbero più poteri di intervenire a difesa di principi costituzionali. L’“autonomia differenziata” voluta dalla Lega sarà lo strumento per realizzare la secessione dei ricchi, la scissione di fatto tra il Nord e il Sud del paese e rendere l’esigibilità dei diritti sociali subordinata alla collocazione territoriale.
La recente sentenza delle sezioni riunite della Cassazione che sdogana saluto fascista è un altro fatto allarmante.
Intanto si moltiplicano episodi di islamofobia, antisemitismo, esaltazione del ventennio e criminalizzazione dei comunisti.
In questo processo di fascistizzazione l’Italia non è sola. In Germania dal 1989 la destra radicale è in continua crescita. Il partito di ispirazione neonazista Alternative für Deutschland in diversi importanti Länder viaggia al 30% e supera socialdemocratici e verdi messi insieme. Chiede di togliere la cittadinanza a chi non è di origine tedesca, e si avvale di economia sommersa e malavita.
Sorvoliamo sullo spazio enorme dato alle formazioni neonaziste e razziste dai governi di Ungheria, Polonia, Ucraina e paesi baltici, tutti alleati del governo di destra della Meloni e dei governi “democratici” dell’Occidente.
Quanto agli Stati Uniti, basti considerare che Trump ha già avvisato che, ove fosse rieletto, impiegherebbe l’esercito non solo lungo il confine con il Messico, ma anche nelle metropoli più problematiche come New York e Los Angeles. In un recentissimo comizio nel New Hamsphire ha promesso di “distruggere i comunisti, i marxisti e i criminali di sinistra, insetti che infestano il nostro paese”.
Mentre siamo alla vigilia della terza guerra mondiale sembra ripetersi, in forme ovviamente nuove, la logica che a cavallo delle prime due guerre mondiali portò al potere fascisti e nazisti.
Negli ultimi decenni la destra ha conquistato quasi ovunque in Occidente consenso sociale e spazi istituzionali, e ha modificato gli equilibri e i rapporti di forza.
Dalla metà degli anni Ottanta, si è provveduto a smantellare tutti i presidi, gli strumenti, i luoghi di radicamento, orientamento e accumulazione delle forze.
Si è trattato di un’operazione meticolosa, assecondata dai media e dai social nell’indifferenza della “sinistra di governo” e nell’assenza di una forte resistenza. Il Ministro dell’Istruzione del Merito Valditara, manda circolari alle scuole indicando i contenuti politici dell’istruzione.
L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) deve porsi a questo livello della sfida.
Nacque nel 1944, quando al Nord la guerra era ancora in corso, per associare i partigiani, soprattutto quelli delle brigate Garibaldi. Con l’esaurirsi, per ovvi motivi demografici, di questa componente, nel 2006 decise, per preservare i valori della Resistenza, di aprire le sue porte a tutti gli antifascisti. In questo modo può contare 135 mila iscritti, fra cui anche molti giovani. Il progressivo venir meno dei partigiani e il clima di affievolimento delle lotte sociali ha determinato un annacquamento dei suoi contenuti politici e una sorta di collateralismo al Pd. Tuttavia, nel congresso di Rimini del 2022, nel contesto della guerra in Ucraina, l’Anpi ha avuto un sobbalzo e ha denunciato la natura non più difensiva della Nato, condannato la sua espansione a Est, si è opposta all’invio di armi all’Ucraina e alle sanzioni economiche alla Russia e ha preso posizione contro le politiche liberiste. Nella sua piattaforma politica c’è la ricerca di interlocutori nella società per formare una sorta di fronte democratico e contro la guerra e difatti ha ripetutamente indetto, insieme ad altri soggetti, manifestazioni e iniziative per la pace.
L’impressione che abbiamo è che questa spinta congressuale si vada attenuando e che il Pd si renda protagonista di un tentativo di normalizzazione dell’associazione dei partigiani.
I sintomi sono evidenti. La critica alla Nato è sparita dal radar, per quanto riguarda la questione palestinese, pur condannando la politica di Israele, spesso nei documenti ufficiali si esordisce ipocritamente con la “criminale operazione di Hamas” che avrebbe dato il via a tutto, omettendo i 75 anni di oppressione, da parte dei governi sionisti e coloniali di Israele, del popolo palestinese che sono alla base di tutte le violenze in quei territori. A proposito della morte di Navalny l’Anpi ha sposato la narrazione propagandista filo-occidentale, omettendo i suoi trascorsi criminali e – in contraddizione con la propria natura – le sue sparate fasciste e razziste. In Toscana solo una parte, per fortuna maggioritaria, delle organizzazioni provinciali e delle sezioni ribelli ha reagito all’infame comportamento del presidente della Regione che ha osannato i Savoia e chiamato “principe” il suo ultimo rampollo, mentre il coordinamento regionale, pur sollecitato, ha evitato di prendere posizione.
L’Anpi, nonostante i tentativi di serrare i ranghi e di evitare la discussione da parte di alcune sue organizzazioni territoriali, non è un monolite ma i fenomeni di ribellione a questa impostazioni non sono episodici e molte sezioni, pur subendo attacchi e rimproveri burocratici, portano avanti un’attività encomiabile.
Per questo riteniamo che sia ancora utile esservi presenti e partecipi per ritrovare le ragioni di un lavoro che metta al primo posto l’antifascismo militante e la creazione di un vasto fronte antifascista e democratico, se non altro nel tentativo di rendere più agibili gli spazi di resistenza ai grandi poteri economici e di impegno anticapitalista.
La custodia dei valori e della storia della Resistenza è fondamentale, ma non parlerebbe più a nessuno, diverrebbe “il presepe della Resistenza” (espressione del presidente dell’Anpi) se non la si abbinasse alle questioni democratiche e sociali di oggi, che determinano la povertà materiale e culturale su cui sguazzano le destre, nonché all’impegno antimperialista. Crediamo che non sia inutile una pressione e un lavoro sulle contraddizioni di questo complesso corpo sociale, essendo pronti alla critica, quando necessaria, ma anche alla militanza generosa.
A maggior ragione, noi diciamo che i comunisti devono proseguire attivamente la loro militanza antifascista, anticapitalista e antimperialista anche all’interno di questa storica e importante organizzazione di massa. Come ci insegna Gramsci che ha lottato senza sosta per tutta la vita contro il riformismo del Psi, i comunisti devono aprire una forte battaglia politico-ideologica contro l’egemonia culturale riformista del Pd che impedisce all’Anpi di rigenerare l’impronta politica ereditata dalla resistenza e dalla guerra di liberazione dal nazifascismo. Il Pd vuole ridurre l’Anpi a svolgere un “antifascismo” di facciata da salotto, appiattito agli interessi del governo di destra della Meloni e compatibile all’imperialismo Usa, all’Ue, alla Nato, al governo ucraino del burattino Zelensky e al Sionismo del governo israeliano di Benjamin Netanyahu.
Immagine: Disegno a tempera su cartoncino a tema Resistenza antifascismo realizzato in seconda media anno 1969-70 da wikimedia common. Foto Bramfab
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