Sui processi di “pace totale” in Colombia

di Freddy Castro Victoria*

In Colombia il governo del cambiamento doveva raggiungere la “pace totale” con i gruppi armati e dare inizio a un periodo di sviluppo democratico ed economico; ha, invece, incontrato serie difficoltà e rivelato insufficienze ed errori, cosicché alla fine del quadriennio si prospetta un bilancio purtroppo negativo.

Nel quadriennio della presidenza di Gustavo Petro Urrego, il governo del cambiamento riuscirà ad avviare i processi di “pace totale” sul territorio nazionale?

La situazione 

Dopo 18 mesi dall’insediamento del nuovo governo, i continui attacchi armati sul territorio nazionale sferrati dalle diverse organizzazioni armate con cui il governo nazionale conduce dialoghi e accordi per la fine degli scontri, dimostrano le difficoltà in cui si dibatte la politica di pace con le organizzazioni guerrigliere.

Le organizzazioni armate sono tre: l’Esercito di liberazione nazionale (Eln) con il quale la delegazione governativa ha effettuato sei tornate di negoziati, lo Stato maggiore centrale (Emc), che è il maggior gruppo dissidente delle Farc-Ep, e la Seconda Marquetalia; questi gruppi ancora non cessano le azioni armate determinando una realtà e una percezione di insicurezza da parte dei cittadini nei territori dove imperversa la loro presenza armata, con i numerosi scontri con le forze dell’esercito e della polizia e fra loro stessi per il dominio del territorio.

Tutto questo configura una scena storica di guerra irregolare che persiste malgrado le diverse strategie elaborate e poste in essere dal governo nazionale, attraverso lo strumento dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace, coordinato con gli enti pubblici competenti in materia di mantenimento dell’ordine pubblico.

Sotto questo aspetto, il cosiddetto “cessate il fuoco” concordato con le due prime organizzazioni armate sembra del tutto insufficiente di fronte alle continue violazioni del diritto internazionale umanitario commesse dagli insorti perfino durante il processo di negoziazione con il governo nazionale; gli insorti continuano con l’uso delle armi a volte per iniziativa propria, altre volte in difesa dei propri militanti di fronte all’esercito, il quale, peraltro, è obbligato a intervenire in presenza di nuove organizzazioni armate, non coinvolte nei negoziati, che si rendono colpevoli di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario.

In questa situazione risulta inaccettabile e da rifiutare il fatto che si continui con lo sterminio di dirigenti di gruppi sociali e di firmatari dell’Accordo di pace dell’Avana con le vecchie Farc-Ep; nei decenni del conflitto armato, in maniera diacronica e sincronica, quegli omicidi hanno violato il diritto fondamentale alla vita, senza alcun controllo da parte degli organismi di sicurezza dello Stato e senza alcuna fine prevedibile; una situazione che rende difficili eventuali accordi di pace, di fronte alla concreta possibilità di morte per i firmatari.

È importante ricordare che nel periodo 2014-18, con il governo di Juan Manuel Santos, si riuscì a porre fine al conflitto armato con il settore maggioritario delle allora Farc-Ep firmando un Accordo di pace in sei punti; l’Accordo fu il risultato di negoziati durati più di sei anni, dopo le politiche belliciste e di scontro armato ispirato alle parole d’ordine e alla politica di annientamento del cosiddetto nemico della società colombiana, iniziata con il governo di Uribe Vélez e poi continuate da Juan Manuel Santos dal 2010 al 2018 e, infine, da Iván Duque fino al 2022.

A partire dall’anno 2018, con il governo di Iván Duque, che ritornò alla politica di sicurezza democratica e di scontro armato con gli insorti, la violenza dimostrò i suoi funesti risultati con le continue violazioni dei diritti umani, ulteriormente moltiplicate per i nuovi eccessi dei militari in combutta con i cosiddetti Gaos, gruppi armati illegali, eredi dei gruppi Convivir del 1994, trasformati nel 1997 nelle cosiddette Auc, che lasciarono in eredità un bagno di sangue in tutto il Paese.

Queste politiche, che si ispirano alla teoria della sicurezza nazionale degli anni ’60, hanno lasciato più vittime che successi, come un olocausto umanitario; i responsabili della vecchia organizzazione guerrigliera Farc-Ep e gli armati di origine statale sono stati chiamati a rispondere dei loro delitti, per dare la giusta riparazione alle vittime, e per impegnarsi a non riprendere il conflitto armato, di cui si occupa la giurisdizione speciale di pace, creata in seguito all’Accordo di pace dell’Avana.

Oggi, i passi avanti dei negoziati, seppure preceduti da un governo ad aperta vocazione socialdemocratica a partire dal 2022, non trovano riscontro negli indicatori di sicurezza cittadina e di controllo dell’ordine pubblico; si nota, piuttosto, un’incessante spirale di violenza contro la popolazione civile, malgrado le politiche sociali e di inclusione avanzate dal governo del cambiamento.

Le organizzazioni responsabili sono diverse: i gruppi armati organizzati o Gaos, alcuni settori economici delle campagne colombiane, alcuni settori delle forze dell’ordine che, oggi come nel passato, hanno commesso disastri umanitari, con l’indice di criminalità che non arretra, al contrario avanza e non cessa di colpire i firmatari della pace già citati, soprattutto dell’Eln e delle cosiddette dissidenze delle Farc-Ep.

Minacce

A metà degli anni ’80, dopo le politiche dello Statuto di sicurezza di Turbay Ayala, il governo di Belisario Betancur inclinava verso una soluzione negoziata del conflitto armato in Colombia, sulla scia delle esperienze degli armistizi di Rojas Pinillas nel 1953 e di Alberto Lleras Camargo nel 1957, con i gruppi della cosiddetta violenza bipartitica, gli attori politici armati di allora. 

All’inizio di questo percorso di pace, attraverso le conversazioni e le trattative con le Farc-Ep si ebbero più frustrazioni che successi, quando si ricorreva a una grande commissione di notabili e ai portavoce delle organizzazioni guerrigliere per ricercare la formula di un grande accordo nazionale; un processo rimasto inconcluso al pari di quello sostenuto con l’Eln, all’inizio del mandato di Barco, a partire dal 1987.

Dopo aver analizzato le insufficienze del governo Betancur, il governo di Barco elaborò una politica integrale di riabilitazione, riconciliazione e pace, per soccorrere le popolazioni e i territori storicamente dimenticati, allo scopo di instaurare la presenza dello Stato e dare soddisfazione in materia di diritti, beni e servizi, come prima fase del suo governo; si doveva giungere poi alla riconciliazione nazionale dello Stato con le popolazioni più vulnerabili, soccorrendo con risorse statali più di 700 municipi e la totalità di dipartimenti, regioni e province esistenti, con una politica pubblica che incidesse positivamente sui territori e sulle popolazioni.

Come ultima fase, e con lo Stato dotato di legittimità di fronte a una popolazione dimenticata per decenni, si giunse alle conversazioni e dialoghi con le diverse organizzazioni armate, che ebbero come risultato gli Accordi di pace con l’M19, con Quintín Lame, con l’Esercito popolare di liberazione (Epl), con la Corrente di rinnovamento socialista, con le Autodifese della zona del Magdalena Medio, nonché la mediazione del conflitto armato nella zona mineraria degli smeraldi.

Queste diverse strategie, dirette dalla Presidenza della Repubblica attraverso il citato Ufficio dell’Alto Commissario per la pace con le sue rappresentanze locali, hanno permesso la partecipazione, la realizzazione e il controllo sociale mediante i primi interventi diretti dei cittadini in materia di risorse pubbliche destinate allo sviluppo territoriale e sociale, e hanno segnato il futuro della democrazia partecipativa consacrata nella Costituzione politica del 1991, con l’ impegno importante dell’Accordo di pace firmato con l’M19 nel 1990. I patti vanno rispettati e l’M19 lo ha rispettato, al pari delle Farc-Ep con l’Accordo dell’Avana del 2016.

A mio giudizio, il governo nazionale ha sbagliato fin dall’inizio della sua politica di pace, supponendo che il progetto statale potesse raggiungere la pace totale per mezzo di negoziati con i diversi portavoce e rappresentanti dei gruppi armati, senza un processo di sviluppo regionale preliminare e una fase di speciale attenzione alle popolazioni interessate.

L’ipotesi di raggiungere la pace totale venne identificata con il graduale avanzamento dei diversi accordi fra le parti del conflitto armato: si trattava di più di 20.000 uomini armati che perseguivano strategie e obiettivi politici diversi sul piano politico, economico, sociale, ambientale, culturale ed etnico, materie di cui tratta l’attuale Piano nazionale di sviluppo “Colombia potenza mondiale della vita”.

Tutto ciò coinvolge diverse entità territoriali, con fondamentali differenze rispetto a povertà e violenza, accompagnate da una insoddisfazione storica nelle zone di conflitto, oggi situate nella cosiddetta Foresta profonda; manca, inoltre, una strategia speciale e un’attenzione istituzionale nei confronti della pace pretesa dal governo nazionale.

Il fenomeno della guerriglia, il più cruciale del Paese, presente da più di 70 anni con diverse manifestazioni, è stato tenuto in vita da una macchina economica decennale basata sul narcotraffico e, ora, sugli scavi minerari illegali che hanno impedito di contrastare la violenza e che rappresentano un fenomeno di portata multinazionale che non potrà sparire senza l’appoggio economico dei Paesi del mondo.

Cioè, il governo nazionale non ha preso in considerazione i meccanismi preventivi e coercitivi atti a combattere ed eliminare questo flagello che attenta alla salute mondiale e favorisce una diaspora permanente del crimine organizzato, come il gruppo del cosiddetto Clan del Golfo, che non ha alcun interesse ai negoziati con il governo.

Le politiche pubbliche in materia di lotta al narcotraffico, alle coltivazioni e agli scavi minerari illegali sono state importanti, ma del tutto insufficienti, data la permanenza di vari motivi di guerra e data la mancanza di una strategia di alleanze con Paesi amici per sviluppare l’economia agricola e per sostituire le coltivazioni illegali – che coprono più di 200.000 ettari – con un’economia agricola lecita, in base alle caratteristiche dei diversi territori e le diverse organizzazioni armate che vi operano.

Monsignor Rueda, dell’episcopato colombiano, ha dichiarato: “Bisogna affrontare il problema del narcotraffico e non possiamo considerare i narcotrafficanti come un gruppo armato che avanza una proposta ufficiale. Definitivamente, non li si può trattare così […] Bisogna parlare con i narcotrafficanti, dirgli che sono delinquenti, che il narcotraffico è un’economia di morte che tiene in schiavitù l’America Latina”.

Il governo nazionale aggiunge a tutto questo la mancanza di attenzione in materia socioeconomica nelle regioni in cui si scatena il conflitto armato; sarebbero necessari meccanismi rapidi di esecuzione della politica pubblica, con una strategia parallela per la costruzione di politiche e piani di azione istituzionale, accompagnata da risorse economiche provenienti da prestiti e aiuti internazionali in appoggio al bilancio generale ordinario della nazione. 

Se le risorse ordinarie stabilite in programmi e progetti settoriali vengono destinate ai diversi esecutori nei settori locali del Piano nazionale di sviluppo, le azioni devono rispettare la regolamentazione speciale in materia di contrattazione pubblica, il che impedisce la pianificazione partecipata e determina una pianificazione settoriale che inficia la legittimità del governo nazionale.

Di fatto, il governo nazionale potrebbe perdere la sua legittimità nei territori colpiti dal conflitto armato, non solo come risultato di accordi con i portavoce al tavolo dei negoziati, ma anche come effetto dell’attuale presenza dello Stato, che opera in una maniera che non garantisce il rispetto dei diritti umani e la realizzazione della giustizia sociale mettendo a disposizione beni e servizi.

Si fa notare la mancanza di una presenza locale dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace; questa struttura amministrativa e tecnica è necessaria per la rappresentanza e l’interlocuzione con gli enti e le istanze territoriali nelle otto zone critiche individuate e in tutti i municipi che rientrano nel Piano nazionale di riabilitazione e pace del governo Barco; in quelle località è necessaria un’attenzione speciale per la pianificazione partecipata, che permetta di definire le azioni statali, di vigilare sulle risorse e di ampliare il settore pubblico, allo scopo di ottenere la pace totale, riconciliare i colombiani e concretizzare la proposta di pace del governo attuale. 

Quanto esposto, alla luce del paradigma del governo attuale che vuole raggiungere la pace totale mediante il suo Piano nazionale di sviluppo “Colombia potenza mondiale della vita”, fa sì che – di fronte alle critiche dell’opposizione politica e dei rappresentanti dell’egemonia precedente – si debbano analizzare ogni giorno le strategie del governo, spesso negative, per superare gli errori reiterati degli esecutori e la mancanza di esperienza della pubblica amministrazione, soprattutto in una materia tanto sensibile come la pace.

Queste mancanze indicano che non sono state prese in considerazione le felici esperienze dei processi di pace condotti dai governi precedenti, mentre oggi, oltre alle politiche di pace totale, siamo in presenza di un problema che è stato e sarà sempre insolubile a medio o lungo termine: il narcotraffico.

Bisogna, quindi, non solo concludere accordi e far tacere i fucili per raggiungere una vera pace; questa si concretizza con lo sviluppo regionale accompagnato da trasformazioni economiche, sociali e politiche che garantiscano il diritto alla vita e alla pace sia per gli insorti in armi, sia per quella parte maggioritaria della popolazione che è stata vittima del conflitto armato, ed è stata storicamente messa ai margini ad opera di un regime egemonico, centralista, dispotico e garante dei privilegi e non dei diritti.

Questi Gaos non solo si battono contro la forza pubblica, ma combattono fra loro alla ricerca di aderenti sul piano politico ed economico, gestendo le coltivazioni illegali e tenendo aperte le vie del narcotraffico, con o senza accordi con il governo centrale, malgrado questo rappresenti la volontà del cambiamento per avere un Paese più progressista e più inclusivo.

Di fronte al governo e all’opinione pubblica, sempre ci saranno spiegazioni e giustificazioni dei continui fallimenti a causa degli scontri armati, e neppure si manifestano segni di progresso nelle trattative con le bande armate; sono vive, quindi, le critiche alla politica di pace e sorgono dubbi rispetto ai settori che comandano le organizzazioni coinvolte nei negoziati, dove sarebbe necessaria peraltro la presenza dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace, che viene sostituito da altre istanze istituzionali.

Gli interessi politici ed economici di tutte le organizzazioni armate sono molteplici e loro obiettivo costante è l’incremento del loro potere militare, politico ed economico; l’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace non può ignorarlo nel contesto dei negoziati di pace ai diversi tavoli.

In questa situazione il governo nazionale deve sviluppare tutte le strategie e i meccanismi possibili e necessari per accordarsi con i diversi attori armati, senza rinunciare alla propria legittimità, allo scopo di evitare errori, omissioni e limitazioni nello svolgimento delle funzioni pubbliche, tenendo presente che, per ottenere una pace basata sulla giustizia sociale, è preminente l’interesse generale entro il quadro giuridico internazionale e nazionale oggi in vigore.

Sotto questo aspetto, è importante realizzare studi speciali nei diversi territori ad opera degli organi responsabili della sicurezza, per indagare sull’incremento di aderenti alle organizzazioni armate, in quanto esiste la convinzione popolare che le trattative di pace vengano utilizzate sul piano tattico e strategico per la loro riorganizzazione e per conquistare ulteriori territori, dove le forze armate non esercitano a fondo il loro compito, la cui responsabilità può essere addebitata al governo nazionale.

È ben noto, comunque, che la violenza armata aumenta e le cifre indicano che le trattative sono sempre un processo soggetto a dinamiche che lo Stato non è in grado di controllare completamente, e questo favorisce le critiche da parte di settori che si rifanno alle politiche del passato.

Riguardo alla “Pace totale” esiste, poi, un altro motivo di inquietudine, data la mancanza di una legge sulle organizzazioni armate genericamente denominate Gaos.

Il governo ha presentato un disegno di legge al Congresso nel mese di marzo del 2023; è passato un anno e non è successo niente, e la Pace totale non dispone di questo strumento tanto importante per combattere questi gruppi criminali e stroncarli disarticolandoli sul piano logistico e finanziario e costringendoli a consegnare le armi.

Solo per i gruppi che scegliessero autonomamente di abbandonare la lotta, confessare i delitti e risarcire le vittime, è stato deciso di applicare condanne a diversi periodi di prigione, più quattro anni di libertà condizionata, purché non avessero complicità nel narcotraffico e non avessero commesso crimini di lesa umanità, fatti quasi impossibili da evitare per organizzazioni illegali, nelle otto zone devastate dalla violenza e il crimine; era, poi, concesso il termine di due anni per la disarticolazione totale dei gruppi.

In mancanza di una legge precisa sui Gaos, per il governo nazionale sarebbe impossibile attuare una strategia giuridica, politica ed economica contro le strutture criminose implicate nel narcotraffico e associate ad ogni genere di delitti, come attacchi sistemaci a civili in tempo di pace o di guerra (irregolare), con torture, sparizioni, omicidi, deportazioni, schiavizzazione, violenze sessuali e di genere, prostituzione forzata e altri, il tutto incluso nello Statuto di Roma della Corte internazionale di giustizia del 1998, con sede all’Aia, che è applicabile nell’ordinamento giuridico della Colombia. Senza un preciso strumento giuridico sarà quasi impossibile stabilire un accordo come iniziativa di “Pace totale” con le strutture criminali di delinquenza comune, data la violenza che queste esercitano sul territorio nazionale.

Non sono state rese pubbliche le azioni svolte dal governo attraverso l’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace della Presidenza della Repubblica, e neppure le iniziative istituzionali promosse dai Ministeri della giustizia e della difesa in questa delicata materia della pace totale, che dovrebbero anche passare per il Congresso della Repubblica, l’istanza che dovrebbe prendere in esame il disegno di legge menzionato, per approvarlo e sancirlo come legge della Repubblica. In mancanza di quello strumento giuridico, il governo nazionale non sarebbe competente a decidere sulle iniziative di pace totale con i gruppi armati, nella prospettiva di portare a termine gli accordi di pace presentati al Paese nell’anno 2022.

Riflessioni finali

Sono state innumerevoli le lotte sociali portate avanti da popolazioni emarginate e storicamente escluse dallo sviluppo sociale, dall’eguaglianza, dalla fraternità e dall’inclusione, e che possono andare incontro, ancora una volta, alla frustrazione. Molte le generazioni che hanno fatto ogni sforzo, sferrato lotte popolari e dato perfino la vita per avere un Paese più democratico.

Sorsero molte aspettative all’avvento di un governo che doveva realizzare lo Stato sociale, democratico e di diritto, che negli ultimi decenni – a partire dal 1991 – non si è potuto realizzare, avendo invece un modello politico ed economico autoritario, violento e neoliberista.

Si mantiene ancora viva la speranza del cambiamento, della pace totale e della giustizia sociale da parte di un settore dell’elettorato che è ancora maggioritario, ma che può slittare pericolosamente di fronte alla frustrazione delle sue aspettative.

C’è ancora tempo per riconoscere gli errori e fare autocritica, per ottenere veri cambiamenti e trasformare la società colombiana attraverso una gestione pubblica efficiente, efficace e trasparente; cosa non facile per il governo, data la scarsa conoscenza e l’inesperienza dimostrate in questi primi 18 mesi di amministrazione pubblica che doveva essere tesa alla giustizia sociale e alla pace. Situazione ancor più preoccupante in quanto l’opposizione politica tiene nelle proprie mani i mezzi di comunicazione di massa che dirigono e disorientano l’opinione pubblica e l’inconscio collettivo del cittadino colombiano medio.

Tutte queste strategie di guerra giuridica e politica sono destinate a distruggere le aspirazioni di una popolazione sottomessa e schiavizzata dall’economia del capitale, da violenza, narcotraffico, corruzione e povertà: lo status quo di un regime che resiste al cambiamento proposto dal governo con il suo Piano nazionale di sviluppo. I risultati sono inferiori ai successi previsti, hanno invece un segno negativo come è dimostrato dalle indagini compiute da vari organismi circa il gradimento della Presidenza attuale.

Per tutto quanto abbiamo esposto, è necessario capire che la pace non si costruisce solo con il dialogo, bensì con misure di sicurezza, garantendo i diritti umani e lo sviluppo economico e sociale in tutti i territori; è, inoltre, opportuno procedere al reale sviluppo dello Stato delle regioni, decentralizzando e delegando alle regioni funzioni e risorse pubbliche, come stabilito già nel 1986 con alcune riforme costituzionali mai attuate, più che mai necessarie nella realtà di uno Stato del XXI secolo che ancora deve affrontare conflitti irrisolti sociali, economici, politici e di natura armata.

Oggi si attendono con urgenza le riflessioni del governo e soprattutto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace, perché i dirigenti politici e i funzionari pubblici nominati dal nuovo governo e responsabili del cambiamento storico destinato a istituire la pace totale adeguino le proprie azioni pubbliche, di fronte al pericolo del regresso a una egemonia passiva ed escludente, alla fine del quadriennio nell’agosto di quest’anno. 

*Avvocato. Docente di Diritto pubblico all’Università nazionale di Bogotá; giornalista e saggista. Con questo articolo Freddy Castro Victoria inizia la sua collaborazione con «Futura Società».

Traduzione dallo spagnolo a cura di Nunzia Augeri.

Immagine: TV San Jorge, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0&gt;, via Wikimedia Commons

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