Portogallo: la resistenza e la lotta dei comunisti

di Annita Benassi *

L’autrice di queste “note dal Portogallo”, iscritta e militante del Partito Comunista Portoghese (Pcp) e facente parte del Coordinamento nazionale del MpRC, racconta l’esperienza vissuta a Lisbona, e in altri territori portoghesi, durante la campagna elettorale per le elezioni nazionali anticipate dello scorso 10 marzo in Portogallo, che la stessa compagna Benassi ha vissuto fianco a fianco dei militanti e dei dirigenti del Pcp, in un clima generale, costruito ad arte dai media mainstream, che davano il Pcp ormai spacciato e già fuori dal parlamento (esito sperato dalla borghesia portoghese e respinto nella realtà delle cose dal Pcp, che ha riconquistato quattro seggi in parlamento). «Futura Società» coglie l’occasione di queste “note” della compagna Annita Benassi per ringraziarla per aver rappresentato il MpRC e le sue istanze politiche nell’incontro ufficiale, da lei tenuto lo scorso 14 marzo a Lisbona, con il dipartimento Esteri del Pcp, rappresentato, nell’incontro, dal responsabile Esteri, compagno Pedro Guerrero.

Lisbona, marzo 2024

Scrivo queste note per il nostro giornale on-line «Futura Società» con lo scopo di raccontare la densa, magnifica, esperienza vissuta nel corso del mese in cui ho lavorato/militato, a Lisbona, con i compagni e le compagne del Partito Comunista Portoghese (Pcp) a sostegno della campagna elettorale che il partito ha messo in campo per le elezioni legislative dello scorso 10 marzo in Portogallo.

Pur essendo romana, sono iscritta da tanti anni al Pcp e feci a suo tempo questa scelta per il totale innamoramento politico verso questo straordinario partito, forgiato, nella sua forma totalmente democratica e rivoluzionaria, dal suo grande segretario e “architetto” politico Álvaro Cunhal, venuto a mancare nel 2005, non prima di aver “donato”, sia al movimento comunista portoghese che a quello internazionale, anche la sua straordinaria opera “Il partito dalle pareti di vetro”, in cui si teorizza la più matura forma-partito comunista democratica e rivoluzionaria, opera che, assieme al compagno Fosco Giannini, abbiamo portato, fatto pubblicare e divulgato in Italia.

Innamorata da lungo tempo del Pcp, dunque, e questa fascinazione ha trovato ulteriore conferma proprio in tutto il mese in cui ho lavorato, a Lisbona e fuori Lisbona, fianco a fianco con i dirigenti e i militanti del Pcp per la campagna elettorale conclusasi con il voto del 10 marzo: compagni e compagne portoghesi splendidi, appassionati, preparatissimi sul piano politico e teorico, “portatori” della cultura rivoluzionaria del superamento delle differenze di ruolo, come in una anticipazione della democrazia socialista, tra dirigenti e militanti.

Ho comprato il biglietto Roma-Lisbona con largo anticipo, non appena saputo delle dimissioni di Antonio Costa, del Partito socialista portoghese, dal suo incarico di presidente del Consiglio e, dunque, delle elezioni legislative anticipate e dell’avvio della campagna elettorale, a cui partecipare a fianco dei compagni/e del Pcp.

È bene ora, per facilitare la lettura di ciò che è avvenuto in Portogallo, proporre una breve sintesi, per i lettori italiani, delle ultime fasi politiche portoghesi, quelle che hanno portato alle ultime elezioni, quelle, come già detto, tenutesilo scorso 10 marzo, indette in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, prevista per il 2026. e ciò a causa della crisi del governo (a guida socialista) Costa III, una crisi causata da uno scandalo per corruzione ed appalti fraudolenti che ha lambito lo stesso governo ed è sfociata nell’arresto di molti personaggi e alla messa sotto indagine di tanti altri; uno scandalo che si è trasformato in una formidabile arma elettorale per la destra e soprattutto per l’estrema destra “Chega!” (Basta!), una formazione politica fondata nel 2019 da André Ventura, già del Partito Socialdemocratico, che in queste elezioni del 10 marzo, anche sull’onda delle notizie di corruzione e attraverso una campagna elettorale particolarmente aggressiva, ultra populista e reazionaria ha ottenuto – con lo sesso motto di Antonio de Oliviera Salazar: “Deus, Pàtria, Famìlia” – oltre il 18% dei voti e 50 seggi parlamentari. In un contesto, peraltro, che ha visto lo stesso Antonio Costa, capo del governo socialista, uscire senza colpe e indenne dalle accuse di corruzione lanciate contro di lui e contro il suo governo (accuse, tuttavia e come vedremo, colte dallo stesso Costa come pretesto per dimettersi comunque da capo del governo e ciò in virtù non tanto di una difesa della propria moralità, ma per uscire dall’evidente crisi politica dello stesso Esecutivo e dello stesso Partito Socialista).

Proprio per questa innocenza del capo del governo, inizialmente accusato per un errore della magistratura, e per l’evidente populismo attraverso il quale le destre hanno enfatizzato e generalizzato i fatti di corruzione (cosa che per molti aspetti ha evocato la fase di “Mani Pulite” in Italia, che fece saltare la Prima Repubblica aprendo la strada ai decenni berlusconiani), il governo Costa III poteva anche evitare la propria caduta, ma sia le dimissioni “definitive” presentate dallo stesso Costa, che l’atteggiamento pregiudiziale, censorio e chiaramente favorevole al nuovo vento reazionario che si sollevava e che preannunciava la crescita della destra e dell’estrema destra tenuto dal presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa (una delle figure più conservatrici e reazionarie del Portogallo successivo alla Rivoluzione dei Garofani del 25 aprile del 1974, figlio di un ministro di Salazar e chiamato Marcelo in ricordo del suo padrino, Marcelo Caetano, dittatore fascista in Portogallo dal 1968 al 1974, antiabortista dei più attivi – Rebelo de Sousa – e famoso per essersi rifiutato per ben tre volte di promulgare la legge sul suicidio assistito) alle elezioni, indette appunto dal presidente ancora in odore di “salazarismo”, ci si è voluti in tutti modi arrivare.

Elezioni che hanno visto la vittoria della coalizione di centro-destra (Alleanza Democratica) che ha ottenuto 80 seggi, conquistando l’area più vasta dell’arco parlamentare, senza tuttavia poter garantire la formazione di un proprio governo, per il fatto che il blocco di centro-sinistra, guidato dal Partito Socialista, ha ottenuto 78 seggi, in un contesto generale che dice a chiare lettere che se Alleanza Democratica vuol governare deve per forza allearsi con l’estrema destra di “Chega!”, che – come abbiamo già visto – è passata dai 12 seggi precedenti agli attuali 50.

“A pensar male…” diceva Andreotti. Il pericolo concreto di una rapida ascesa di un partito di estrema destra, anzi, per meglio dire, fascista, come nei fatti è “Chega!”, non solo non ha turbato il sonno dei maggiori responsabili della grave crisi politica che il Portogallo sta vivendo ma, anzi, ha sollecitato ad agire, a cominciare dall’indire precipitosamente le elezioni, sia il presidente della Repubblica, sia Antonio Costa che altri importanti e influenti personaggi del quadro politico-istituzionale portoghese.

Sia il presidente della Repubblica, De Sousa, che il presidente del Consiglio, il socialista Antonio Costa (che sentiva la consunzione del proprio partito, dopo gli anni, non memorabili e di fatto politicamente antioperai e antipopolari, passati al governo) hanno palesemente avuto come interesse primario, avviandosi alla crisi di governo e alle elezioni anticipate, non il bene comune ma, come avrebbe detto Machiavelli, il proprio particulare.

Antonio Costa era interessato a ridare verginità al partito, alla guida del governo da molto tempo e che, come ha affermato il Pcp, protagonista di una politica liberista e di destra. Una posizione, questa del Pcp, chiaramente espressa ben prima dell’ultima campagna elettorale, dopo che per alcuni anni lo stesso Pcp aveva tentato di spostare a sinistra l’asse politico e sociale portoghese appoggiando dall’esterno il governo socialista, posizione peraltro, pagata cara, sul piano elettorale, dallo stesso Pcp.

Ad è la sigla di “Alleanza Democratica”. Nato in passato, oggi unisce tre partiti: Il Psd (Partito Social Democratico, di natura conservatrice e reazionaria, a cui il presidente della Repubblica appartiene); il Cds-Pp (Centro Democratico Sociale e Partito Popolare), non più rappresentato in parlamento e il Ppm (Partito popolare monarchico) ridicola sigla di un partito inesistente, costituito da sei persone, dicono alcuni compagni portoghesi.

Antonio Costa sapeva che il suo partito rischiava fortemente di perdere la maggioranza assoluta e avrebbe ottenuto, come in effetti è avvenuto, solo un secondo posto, anche se con un risultato molto vicino a quello del partito vincitore della tornata elettorale, Ad.

Oltre agli interessi di partito, Antonio Costa perseguiva però anche i propri interessi: presentarsi come candidato alle prossime elezioni europee. Almeno questo è quanto mi è stato riferito da diversi militanti e cittadini di varie idee politiche. Altro elemento “rassicurante”, per Costa, è stato l’aver valutato che, come in Italia, il meccanismo del voto utile avrebbe spinto molti elettori, anche turandosi il naso, a votare Ps, per fronteggiare cosi la già evidente avanzata di “Chega!”. Cosa, peraltro, non avvenuta.

Come già visto, anche il presidente della Repubblica, come Costa, non ha avuto alcuna remora nell’avventurarsi al voto, pur sapendo dell’avanzata di “Chega!”.

Il Be (Bloco de Esquerda-Be, fondato nel 1999 da Francisco Louçã e Fernando Rosas, due tipi, approssimativamente alla Fratoianni in Italia), forza di sinistra, ma anche anticomunista, filosocialista da sempre, dunque spesso vicino al Ps nelle sue scelte politiche, è il partito che si è prestato ad essere strumentalizzato dai vari organi di informazione contro il Pcp: donne e giovani in bella mostra con lo scopo di contrastare culturalmente e ideologicamente il Pcp.

Livre (Libero, di orientamento eco socialista) è un partito nato per l’occasione: intellettuali e nessun radicamento sociale. Sia il Be che Livre hanno beneficiato di simpatie, appoggi e sondaggi (chiaramente strumentalizzati) che sono stati loro sempre, naturalmente, ben più favorevoli rispetto a quelli per il Pcp. Entrambe le forze venivano dati al 3/4 % e il Pcp, bontà dei sondaggisti, all’1%, un voto che “poteva forse arrivare, nella migliore delle ipotesi, al 2%”.

A seggi chiusi (ore 19.00 del 10 marzo) e iniziati i conteggi (ore 20.00) il Pcp veniva considerato dagli exit polls come un partito ormai privo di rappresentanza parlamentare, e politicamente ormai defunto. E tale previsione aveva una sua “verosimiglianza”, poteva basarsi, cioè, sulla battaglia generale condotta contro il Pcp dalla stampa liberale e di regime, da tutto il fronte mainstream innanzitutto anticomunista, una battaglia violentissima che ha scagliato per tutta la campagna elettorale (e ben prima) contro il Pcp sia tutto l’antico e il nuovo odio della borghesia contro i comunisti portoghesi che tutta la nuova ondata populista che si stava sollevando in Portogallo, un’avversione al Pcp come se lo stesso partito fosse vicino alla conquista del governo o alla rivoluzione.

Alle 22.30 del 10 marzo la mia resistenza si era esaurita e ho preferito dormirci su. Dormirci su con molti incubi per il fatto che il giorno dopo avrei potuto trovare il mio partito – il nostro partito, anche del Movimento (italiano) per la Rinascita Comunista – fuori dal parlamento.

La mattina di lunedì 11 marzo apprendo invece che il nostro partito, il Pcp, aveva conservato la rappresentanza parlamentare con quattro deputati, nonostante (conviene ribadirlo!) la dilagante guerra anticomunista mediatica e politica, nonostante la fase segnata da un’ondata alta di populismo e neofascismo, nonostante la vera e propria, ferocissima (dall’Italia non si può immaginare quanto!) demonizzazione generale del Pcp per le sue posizioni nettamente contrarie alla Nato e all’Unione europea!

Be, il Blocco di Sinistra, mantiene i suoi 5 eletti e Livre ne conquista 4.

Le ultime notizie sembrerebbero buone. Pare che queste forze si vogliano incontrare per organizzare, unite, una dura opposizione al governo di destra (o di estrema destra, se mai Ad si unisse con “Chega!”). Opposizione, però, che avrebbe l’assoluto bisogno, per essere efficace, delle strutture, della militanza e della forza politica, sociale e morale del Pcp. Di quelle forti strutture del Pcp che tali sono rimaste anche di fronte all’arretramento elettorale e tali si sono confermate anche durante la campagna elettorale: i militanti si sono riversati nelle strade e nelle piazze a migliaia per sostenere il partito e nello stesso modo, senza differenze di ruoli, hanno fatto i dirigenti, come ho potuto constatare personalmente avendo partecipato a molte iniziative del Pcp. Una mobilitazione straordinaria che ha lottato contro il messaggio di morte politica che veniva continuamente lanciato dai media per il Pcp, che ha ricacciato in gola agli aedi, liberisti, filo imperialisti e neri, il de profundis troppo presto cantato per i comunisti, che ha rovesciato, nei tempi brevi della campagna elettorale, “le proiezioni” elettorali inventate dai media dei padroni di tutti i vapori, contenendo l’arretramento.

Ho vissuto, dunque, nelle strade e nelle piazze, non solo di Lisbona, la straordinaria mobilitazione dei compagni e delle compagne del Pcp. Mai, invece, ho incontrato militanti del Be e di Livre. Probabilmente, per la loro propaganda, erano sufficienti gli organi di informazione, i propri e di quelli che li hanno appoggiati, anche dai versanti borghesi. Ho viaggiato molto, in questo mio soggiorno e in questa mia militanza in Portogallo durata 25 giorni, e posso testimoniare che anche nel più piccolo paesino dell’Alentejo o della Sierra Estrela, il partito è presente con le sue sedi (che i compagni portoghesi chiamano centri di lavoro) tenute con cura, fornite di cucine e bar per il loro utilizzo come centri sociali di incontro, come case del popolo. Spesso dotate anche degli strumenti delle nuove tecnologie. Insomma un vero partito comunista contemporaneo, unito, democratico, radicato, di quadri, di lotta, come Álvaro Cunhal lo intendeva.

Delle reazioni del Pcp alla possibile perdita di consensi elettorali ciò che non potrò mai dimenticare è il coraggio dei suoi dirigenti, che già nella settimana precedente alle elezioni avevano programmato, per venerdì 15 marzo, una grande assemblea nazionale, di massa, a Lisbona. Un’assemblea poi avvenuta e che di massa e di passione rivoluzionaria è stata. Un sentimento di speranza ed un segnale per le lotte future che posso riassumere nelle parole di una compagna-amica (come i comunisti portoghesi usano dire e sottolineare quando attraverso la militanza comune nasce un’amicizia) che cercava di rasserenarmi per la mia preoccupazione sulle sorti del Partito: “Anche se nel futuro, per mille motivi, per mille avversità, dovessimo perdere totalmente la rappresentanza parlamentare, il Partito rimarrebbe ben saldo e forte, poiché grande è la sua storia, grande è il suo radicamento nella memoria e nell’animo del movimento operaio e popolare portoghese e grande è il suo cuore rivoluzionario”.

Ho visto abbastanza per non avere dubbi, su ciò.

* Iscritta e militante del Partito Comunista Portoghese; del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista

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