La sciagurata gestione dei servizi sanitari durante il periodo pandemico

di Alessandro Bartoloni

Per il nostro dibattito sulla sanità, prosegue il servizio di Alessandro Bartoloni sulla gestione di questa durante la Covid. In questo secondo articolo si analizzano le riduzioni delle prestazioni sanitarie dovute al lockdown e le cause effettive dell’incremento dei decessi.

Nel primo articolo dedicato alle attività della Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dal Sars-CoV-2 abbiamo analizzato la valutazione dell’efficacia, della tempestività e dei risultati delle misure adottate dal governo al fine di prevenire, contrastare e ridurre la diffusione e l’impatto del Sars-CoV-2 raccontando il dramma delle Rsa. In questo articolo approfondiremo la cosa analizzando la “sospensione dell’attività ordinaria procrastinabile di ricovero ospedaliero e la contestuale riconversione di molte unità operative, nonché sale operatorie”1.

Una pratica che il ministero della Salute suggerisce sotto forma di “rimodulazione dell’attività programmata” già il 29 febbraio 20202 per poi essere ribadita il giorno seguente3 e infine concretizzata in vere e proprie Linee di indirizzo il 16 marzo, “al fine di rendere omogenee le eventuali iniziative di riorganizzazione delle attività ospedaliere di ricovero diurno e ordinario e ambulatoriali che si rendessero necessarie allo scopo di soddisfare il potenziale incremento delle necessità di ricovero e di limitare i flussi di pazienti all’interno delle strutture di assistenza4. Lo scopo, dunque, è quello di impedire che le persone si rechino negli ospedali.

Nelle linee guida governative vengono definite “procrastinabili”, e quindi da “riprogrammare non appena possibile” tutte le visite specialistiche che andrebbero eseguite entro 30 giorni, tutti gli accertamenti diagnostici che andrebbero eseguiti entro 60 giorni nonché tutti i ricoveri elettivi non oncologici con classe di priorità B, C e D che corrispondono, rispettivamente, ai ricoveri da effettuarsi entro 60, 180 o 365 giorni, quindi anche i casi clinici che presentano intenso dolore, o gravi disfunzioni, o grave disabilità ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente al punto di diventare emergenti né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi. Una distinzione che non deve essere stata recepita molto bene se il 30 marzo è stato necessario emettere una nuova circolare nella quale si raccomandava “di includere nelle attività non procrastinabili sia ambulatoriali che di ricovero, tutte le attività programmate di ambito oncologico (incluse le prestazioni di II livello previste dalle campagne di screening oncologico), nonché le attività programmate volte alla tutela della salute materno-infantile”5.

Stando così le cose, non stupisce che lo stesso ministero sia costretto ad ammettere che la gestione dell’emergenza e la sospensione di tante attività ordinarie abbiano “determinato di fatto un depauperamento dell’assistenza, aggravando i rischi della popolazione anziana, comorbida o, comunque, affetta da patologie invalidanti o dai loro esiti”6. Ma i problemi hanno riguardato tutta la popolazione bisognosa di cure, non solo gli anziani fragili, e tutte le malattie, incluse quelle il cui trattamento non doveva essere procrastinato. “Due interventi chirurgici su tre rimandati, più di un esame su tre rinviato, appena uno screening oncologico su dieci eseguito durante il primo lockdown”7. E non soltanto nelle regioni del Nord Italia. Nel Lazio, per esempio, nei primi tre mesi del 2020, gli ingressi nei pronto soccorso sono diminuiti del 21,5%, con una riduzione del 73% nelle ultime tre settimane di marzo 2020 rispetto ai corrispondenti periodi del 2019. Confrontando i primi tre mesi del triennio 2017-2019 con il 2020, gli accessi per sindrome coronarica acuta e malattia cerebrovascolare acuta sono diminuiti dalla decima settimana fino a oltre il 57% e il 50% rispettivamente8.

Gli esiti di questo stato di cose sono facilmente prevedibili e ben riassunti dal 4° Report Le cure mancate nel 2020 a cura dell’Osservatorio permanente sullo stato dell’assistenza ai pazienti non Covid-19, attivato da «Salutequità» e i cui dati sono tratti dal Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti. In sintesi: nel 2020 si sono registrati oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019, per un calo in termini percentuali del 17%. Nel dettaglio si tratta di circa 682.000 ricoveri con Drg medico e circa 620.000 con Drg chirurgico, con un risparmio per le casse dello Stato corrispondente a 3,7 miliardi di euro. A saltare rispetto al 2019 oltre ai ricoveri programmati (meno 747.011), anche quelli urgenti che ne rappresentano il 42,6% (554.123). Le aree maggiormente coinvolte sono quelle della chirurgia generale, otorinolaringoiatria e chirurgia vascolare. Per quanto riguarda l’ambito cardiovascolare si è assistito a un calo di circa il 20% degli impianti di defibrillatori, pacemaker e interventi cardiochirurgici maggiori. Riduzioni importanti sono state registrate anche in ambito oncologico: -13% degli interventi nonostante questo tipo di chirurgia non dovesse subire interruzioni. I ricoveri per radioterapia e chemioterapia si sono ridotti rispettivamente del 15% e del 10%, del 30% i ricoveri per il tumore della mammella, del 20% per i tumori di polmone, pancreas e apparato gastrointestinale. È invece pari all’8% la riduzione dei trapianti d’organi. Anche i ricoveri per la gestione del paziente cronico con polimorbidità e fragilità ha visto una forte contrazione come pure i ricoveri pediatrici che si sono dimezzati. Per quanto riguarda la specialistica ambulatoriale, la contrazione rispetto al 2019 si attesta a 144,5 milioni di prestazioni in meno (che dal punto di vista economico equivalgono a 2,1 miliardi di euro): circa 90 milioni di prestazioni in meno di laboratorio, 8 milioni in meno di prestazioni di riabilitazione, 20 milioni di prestazioni di diagnostica perse9.

Anche l’Istat e l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.N.As) ci offrono un quadro abbastanza chiaro della riduzione delle prestazioni sanitarie10. Nel 2020 si sono registrati circa 6,5 milioni di ricoveri, il 22% in meno rispetto alla media del triennio precedente. La diminuzione ha riguardato sia il regime ordinario (-20,1%) che il day hospital (-29,4%), con decrementi più accentuati al Sud (-29%) e nel Nordovest (-28%). Per quanto riguarda il regime ordinario, la riduzione dei ricoveri è stata costante durante tutto l’anno e più marcata in corrispondenza dei mesi di maggior diffusione della Covid-19. Nel corso del 2020 i tassi di ospedalizzazione in regime ordinario sono diminuiti in particolare durante la prima ondata con cali del 45% in aprile e del 39% in maggio rispetto alla media degli stessi mesi 2017-2019. “Nel corso della seconda ondata pandemica l’impatto sul sistema ospedaliero è stato più contenuto, con riduzioni del 25% in novembre e del 26% in dicembre”.

Dal punto di vista della diagnosi, la diminuzione dei ricoveri ha interessato tutte le principali malattie, incluse quelle oncologiche che, in teoria, dovevano essere salvaguardate. I ricoveri ordinari per le malattie del sistema osteomuscolare e tessuto connettivo sono diminuiti complessivamente del 29,5% (-27,3% per i maschi e -31,4% per le femmine), sono diminuiti del 27,2% quelli per le malattie dell’apparato digerente (-26,1% e -28,4%) e del 25,2% quelli per le malattie dell’apparato genito-urinario (-22,4% e -28,2%). Riduzioni significative si sono registrate anche per quanto riguarda i ricoveri per traumatismi (-17,3%), tumori (-14,5%), gravidanza e parto (-11,7%). Per non parlare delle malattie del sistema nervoso (-38,4% per i maschi e -22,4% per le femmine) e delle malformazioni congenite (-27,9% e -28,4%). Dei diciotto gruppi di diagnosi considerati, l’unico aumento dei ricoveri ha riguardato le malattie dell’apparato respiratorio sofferte dai maschi. Per il resto si assiste a una diminuzione molto significativa (ancor di più in regime diurno cosiddetto day hospital) che, in un altro contesto, sarebbe stata sicuramente salutata con piacere ma di cui, al contrario, ci si deve preoccupare. Tanto che già il 4 maggio 2020 l’Istat affermava che una quota di mortalità non era correlata al virus ma era “causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”11.

E malgrado i chiarimenti ministeriali volti a salvaguardare le prestazioni oncologiche, pure l’OMS è costretta a riconoscere che “un’indagine condotta da Codice Viola, un’associazione di malati di cancro al pancreas, mostra che fino al 37% delle prime visite oncologiche sono state annullate, il 40% delle visite di follow-up [monitoraggio] è stato posticipato e, soprattutto, due terzi degli interventi chirurgici sono stati posticipati a una data successiva”12.

Infine, per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, uno studio condotto in 54 ospedali italiani riferisce che durante il primo periodo pandemico si è registrata una riduzione dei ricoveri per infarto del miocardio pari al 48,4%. La riduzione ha riguardato soprattutto gli infarti meno gravi (65,4%) rispetto a quelli più gravi (26,5%) per i quali la mortalità è cresciuta, passando dal 4,1 al 13,7%. Si è registrato inoltre un aumento consistente del tempo trascorso tra l’insorgenza dei sintomi e l’intervento di rivascolarizzazione13.

Insomma, anche da questi dati appare come la decisione ministeriale abbia aumentato il numero di decessi. Ma di quanto? Secondo l’Istat, nei mesi più caldi della prima ondata (nel bimestre marzo-aprile 2020) i deceduti residenti in Italia hanno subìto un incremento del 45%: 159.310 totali, 49.242 in più rispetto alla media calcolata nello stesso periodo del quinquennio 2015-2019. Di questi, i decessi direttamente dovuti alla Covid-19 (nel senso che i malati erano risultati positivi al Sars-CoV-2) ammontano a 29.210 mentre i restanti 20.032 sono da attribuire ad altre cause14. Pertanto, già allora i dati sulle diverse cause di morte dimostrano che “l’impatto del Covid-19 sulla mortalità non va ricercato unicamente nel numero dei decessi causati direttamente dal virus, ma anche nel concomitante incremento per altre cause”15: polmoniti e influenza +211%, demenza e Alzheimer +49%, diabete +41%, cardiopatie ipertensive +40%, malattie croniche delle basse vie respiratorie +26%, altre malattie del sistema respiratorio +26%, malattie cerebrovascolari +13%, cardiopatie ischemiche +5%, altre malattie circolatorie +10%.

E che il contributo delle altre malattie sia determinante ce lo conferma pure l’Iss che ci fornisce il dato specifico riguardante le patologie pregresse sofferte al momento del decesso. Analizzando le Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 in Italia al 21 luglio 2021, l’Iss ci informa che dei 127.044 morti con Covid-19: “L’età media dei pazienti deceduti e positivi a Sars-CoV-2 è 80 anni, le donne decedute sono 55.247 (43,5%) [mentre] i pazienti deceduti Sars-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni sono 1.479 sui 127.044 (1,2%). In particolare, 355 di questi avevano meno di 40 anni. Di 105 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri, 206 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 44 non avevano patologie di rilievo diagnosticate»16. Inoltre, nei 7.681 deceduti per i quali l’ISS ha potuto analizzare le cartelle cliniche – che quindi costituiscono un campione di tipo opportunistico, in quanto rappresenta solo i decessi in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero – “il numero medio di patologie osservate è di 3,7. Complessivamente, 226 pazienti (2,9% del campione) presentavano 0 patologie, 884 (11,5%) presentavano 1 patologia, 1.393 (18,1%) presentavano 2 patologie e 5.178 (67,4%) presentavano 3 o più patologie”.

Numeri che confermano quelli di precedenti rilevazioni17 e che verranno convalidati dalle successive, quando la specifica riguardo al campionamento opportunistico sparisce, segno che questi numeri sono abbastanza solidi e dimostrano come se da un lato è possibile affermare che le comorbidità, il tipo di vita che si conduce ecc. non sarebbero causa di così tanti decessi in così poco tempo se non ci fosse stato il Sars-CoV-2, dall’altro lato è altrettanto vero che il Sars-CoV-2 non causerebbe così tanti decessi in così poco tempo senza la presenza di determinate comorbidità, stili di vita ecc. che ne aggravano la patogenicità. In altre parole, prima della comparsa del Sars-CoV-2 non si moriva così tanto ma il virus uccide così tanto perché ha trovato terreno fertile, vale a dire condizioni che ne rafforzano la letalità. Questo significa che il virus aumenta la pericolosità delle condizioni sociali (oltreché personali) da cui nasce e che trova, le quali, a loro volta, aumentano la pericolosità del virus. E, piaccia o no, a produrre le condizioni favorevoli al virus ha contribuito anche l’azione dei del governo Conte, che ha trasferito gli anziani infetti nelle Rsa e ha impedito alle persone di curarsi in ospedale.

Ma non finisce qui, perché oltre alle cure mancate negli ospedali i malati si sono visti negare anche le cure domiciliari. Ma di questo parleremo nel prossimo articolo.

Note:

1 Ministero della Salute, circolare n. 11254 del 29 maggio 2020.

2 Ministero della Salute, circolare n. 2619 del 29 febbraio 2020, nella quale si esplicitano le linee di indirizzo assistenziali e i suggerimenti per la gestione dei pazienti.

3 Ministero della Salute, circolare n. 2627 del 1° marzo 2020.

4 Ministero della Salute, circolare n. 7422 del 16 marzo 2020 (corsivo mio).

5 Ministero della Salute, circolare n. 8076 del 30 marzo 2020, che include la lista delle attività volte alla tutela della salute materno-infantile da considerare indifferibili.

6 Ministero della Salute, circolare n. 7865 del 25 marzo 2020.

7 Riccardo Saporiti, I pazienti dimenticati. Cfr. pazientidimenticati.it.

8 Luigi Pinnarelli et al., L’accesso al pronto soccorso ai tempi del Covid-19: una analisi dei primi tre mesi nella regione Lazio, in «Epidemiologia&Prevenzione», 21 aprile 2020.

9 Tonino Aceti et al., Le cure mancate nel 2020 – 4° Report, a cura di «Salutequità», 1° giugno 2021. Cfr. salutequita.it.

10 Impatto dell’epidemia Covid-19 sul sistema ospedaliero italiano – Anno 2020, a cura di Age.Na.S. e Istat, 21 luglio 2022. Cfr. istat.it.

11 Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente – Primo trimestre 2020, Rapporto Istat, 4 maggio 2020, p. 3. Cfr. istat.it.

12 Francesco Zambon (a cura di), An unprecedented challenge Italy’s first response to Covid-19, p. 24. Cfr. dors.it. Per i risultati del questionario, cfr. codiceviola.org.

13 Salvatore De Rosa et al., Reduction of hospitalizations for myocardial infarction in Italy in the Covid-19 era, in «European Heart Journal», vol. 41, n. 22, 7 giugno 2020, pp. 2083–2088, doi: 10.1093/eurheartj/ehaa409

14 Si ricordi che secondo le regole di codifica Oms Icd-10 – International statistical classification of diseases and related health problems, 10th revision, vol. 2, “Instruction manual”, tutti i decessi in cui è menzionata la Covid-19 devono essere attribuiti a tale malattia. Nello specifico del bimestre considerato, nel 92% dei casi in cui era menzionata la Covid-19 il decesso è stato effettivamente attribuito a tale causa (29.210 su 31.939) mentre nel restante 8% la Covid-19 era considerata solo come causa probabile o possibile. Cfr. Prima ondata della pandemia. Un’analisi della mortalità per causa e luogo del decesso | marzo-aprile 2020, a cura di Istat 21 aprile 2021, p. 2. Cfr. istat.it. Viste le regole di codifica, l’8% che non è stato attribuito alla Covid-19 dovrebbe comprendere unicamente i decessi di donne in gravidanza e quelli per traumi.

15 Cfr. Prima ondata della pandemia. Un’analisi della mortalità per causa e luogo del decesso | marzo-aprile 2020, a cura di Istat, 21 aprile 2021, p. 2. Cfr. istat.it.

16 Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 in Italia, a cura di Iss – Gruppo della Sorveglianza dei Decessi Sars-CoV-2, dati al 21 luglio 2021, p. 1. Cfr. epicentro.iss.it.

17 Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 in Italia. Dati al 2 dicembre 2020, p. 1. Cfr. epicentro.iss.it.

Immagine: Alberto Giuliani, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

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