Manifestazione allo stabilimento militare di S. Giovanni di Baiano

comunicato di MpRC

Il 20 aprile scorso c’è stata una partecipata manifestazione presso lo stabilimento militare di San Giovanni di Baiano, Spoleto, promossa dal Comitato No Armi per le guerre Nato di Spoleto, con l’adesione di varie realtà, sindacali, politiche e associative tra le quali il Fronte di Classe No Nato di cui fa parte anche il Movimento Per la Rinascita Comunista.

Le parole d’ordine comuni a tutti gli intervenuti, tra cui il nostro movimento, sono state: 

  • Nessuna arma e nessun uomo devono essere inviate negli scenari di guerra accesi dalla Nato
  • Riconversione delle fabbriche di armi
  • No all’incremento delle spese militari che sottraggono risorse destinate ai servizi essenziali ai cittadini per arrestare la militarizzazione delle scuole e dell’università
  • Fuori l’Italia dalla guerra, dalla Nato e dalla Ue
  • Chiusura delle basi Nato in Italia
  • Scioglimento della Nato

Abbiamo apprezzato la puntualizzazione che il sistema da abbattere è il capitalismo nella sua interezza e non solo la sua fase attuale rappresentata dal neoliberismo, e che è anche necessario riprendere una campagna d’informazione nelle scuole di ogni ordine e grado e nei luoghi di lavoro.   

Non abbiamo invece condiviso la posizione di quanti giudicano inutile la riconversione dell’industria militare, perché se oggi il sindacato se ne facesse carico, dentro i luoghi di lavoro avremmo senza dubbio posizioni avanzate e diffuse contro la guerra. Restiamo anche perplessi davanti al rifiuto di salvaguardare la nostra Costituzione repubblicana perché di matrice borghese, dimenticando che anche i comunisti hanno scritto la Costituzione. Ovviamente non basta il richiamo astratto alla Carta e all’articolo 11, in cui l’Italia ripudia la guerra per scongiurare la partecipazione attiva del nostro paese ai conflitti imperialisti, perché è già accaduto contro la ex Jugoslavia e avverrà anche in futuro.  

Resta il fatto che la Costituzione sia stata scritta proprio da coloro che hanno combattuto con le armi in pugno il regime nazifascista e hanno voluto darle un impianto di carattere socialista con principi che sanciscono la separazione dei poteri, che ci garantiscono dallo strapotere dell’esecutivo sul parlamento e scongiurano il ritorno del fascismo.  La prova che la nostra Costituzione è ancora oggi uno strumento non obsoleto è la raccomandazione della colossale banca d’affari JP Morgan, che nel maggio 2013 consigliava la Ue di sbarazzarsi delle costituzioni “troppo socialiste” come quella italiana. Infatti, la Costituzione è stata già oggetto di un’operazione di demolizione portata avanti da vari politici e partiti italiani e rischia di ricevere il colpo di grazia dall’attuale governo fascista.

Per AsiCuba Umbria il modello della rivoluzione cubana è l’esempio da seguire perché mette al centro gli interessi del popolo e richiama alla necessità di opporsi all’imperialismo Usa, che da 60 anni infierisce su Cuba con un feroce embargo economico, mentre il governo cubano intraprende politiche internazionali centrate sul multilateralismo e sulla cooperazione tra i popoli.  

Chiudiamo con una riflessione amara ma indispensabile: urge coinvolgere nelle nostre manifestazioni persone al di fuori della cerchia militante, spetta alla nostra intelligenza tradurre le parole d’ordine in pratiche diffuse e attrattive così come trasmettere messaggi inclusivi e comprensibili. 

La nostra partecipazione a questa giornata di lotta è stata spiegata dalle pagine virtuali della nostra rivista Futura Società, ma pensiamo necessario riportarne alcuni passaggi all’interno di una discussione collettiva. 

Ci sono limiti oggettivi alla campagna di boicottaggio e disinvestimento contro Israele, il primo limite è dovuto al contesto storico che impedisce di aggregare ampie forze sociali, sindacali e politiche come avvenne ai tempi dell’apartheid in Sudafrica. 

Oggi Israele gode di sostanziale impunità anche quando viola elementari diritti umani e civili, prova ne sia l’utilizzo della intelligenza artificiale che per colpire un membro della Resistenza palestinese, o un semplice sospettato, bombarda ospedali, scuole e quartieri, uccidendo in media (statistiche occidentali) oltre cento civili. 

Ben venga il boicottaggio ovviamente ma urge chiederci quanto sia efficace l’azione intrapresa, visto che riguarda ristrette cerchie di militanti. Oggi Israele si permette, con il sostegno Nato e anche Ue, azioni militari in paesi non coinvolti nella questione palestinese, e lo fa con l’esplicito intento di allargare la guerra in corso a tutta l’area mediorientale fino all’Iran. Le risoluzioni di condanna dell’Onu da decenni non vengono rispettate e il colonialismo da insediamento amplia i propri confini. 

La mobilitazione in corso ha palesato un fitto scambio di rapporti commerciali, accademici e militari con le università israeliane: non si tratta solo di collaborazioni tra archeologi ma di percorsi finalizzati anche alla realizzazione di tecnologie dual use impiegabili in ambito strettamente bellico. Questa manifestazione è forse la prima da mesi ad essere organizzata davanti a un’impresa di armi, eccezion fatta per iniziative contro Leonardo e manifestiamo la nostra solidarietà ai compagni siciliani colpiti da provvedimenti repressivi solo per avere diffuso un video che riprendeva una iniziativa simbolica di denuncia. Oggi il movimento contro la guerra non sembra voler rivendicare la riconversione dell’apparato bellico a fini civili, perché è ormai dominante l’idea che la produzione di armi debba essere intensificata in quanto farebbe da traino alla ripresa economica: lo si legge in un recente documento Ue sulla produttività commissionato all’ex segretario del Pd Letta. 

Oggi più che mai non possiamo eludere la questione della Nato, è indispensabile l’uscita dell’Italia dall’alleanza atlantica, o meglio, una campagna nazionale diffusa sui territori con questo obiettivo. Noi siamo convinti che anche il prossimo 25 aprile dovrebbe rappresentare occasione per rimettere al centro alcuni punti programmatici salienti, ossia che la memoria del fascismo storico deve andare di pari passo alla lotta contro i militarismi, le politiche nazionali e comunitarie di guerra, l’economia di guerra che distrugge il potere di acquisto dei salari e il welfare, affermando al contempo una strisciante militarizzazione della società. Pensare che la guerra sia scindibile dalle condizioni di arretramento dei diritti, del potere di acquisto e di contrattazione è impossibile, non si tratta quindi di ripudiare la guerra solo dal punto di vista etico e morale, se la stessa determina carneficine di proletari che, ieri come oggi, sono le vittime sacrificali dei disegni imperialisti.

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