A Roma! A Roma! Il prossimo 11 maggio, con il MpRC!

di Fosco Giannini *

Per la lotta anticapitalista e contro la guerra imperialista. Per l’unità dei comunisti. Le proposte del MpRC all’Assemblea del prossimo 11 maggio a Roma nella relazione introduttiva di Fosco Giannini al Coordinamento Nazionale del MpRC dello scorso 14 aprile.

Credo abbia fatto molto bene la compagna Adriana Bernardeschi, direttrice del nostro giornale, «Futura Società», a voler aprire il numero in corso con un editoriale sulle morti e gli infortuni sul lavoro, editoriale dal titolo La mattanza nei luoghi di lavoro. Questo editoriale indica, di per sé, che cosa è il Movimento per la Rinascita Comunista e soprattutto che cosa vuol essere per il futuro: il Movimento (e quando l’accumulazione di forze, il radicamento territoriale, il legame di massa e la ricerca politico-teorica saranno all’altezza dei tempi e dello scontro di classe, il partito) della classe operaia, dei lavoratori e delle lavoratrici, del movimento operaio complessivo, dall’operaio di fabbrica al postino, dall’infermiere al muratore, dal contadino al pescatore, dal cameriere al dottore; dal produttore di beni materiali a quello di beni immateriali, merce sempre più diffusa e di vasto consumo quotidiano già messa a fuoco, nella sua natura economico-filosofica, da Marx nel primo libro del Capitale, quando scrive che “a prima vista una merce sembra una cosa banale, ovvia. Mentre dalla sua analisi risulta essere una cosa misteriosa, piena di sottigliezze metafisiche e capricci teologici”. Ciò per dire dell’incredibile genialità e lungimiranza di Marx nel decodificare il carattere intimo delle merci immateriali già nel suo tempo, merci immateriali che oggi determinano sia un nuovo mercato, sia nuovi stili di vita che – soprattutto – una nuova area di lavoratori, non immediatamente sovrapponibile alla classe operaia di fabbrica produttrice di beni materiali, ma nello stesso modo sfruttata e alienata, capace, dunque, di allargare l’area della stessa classe operaia. Visione particolarmente utile per noi, per i comunisti di questa fase, per individuare la nuova classe lavoratrice generale e, dunque, il nuovo soggetto della trasformazione sociale e della rivoluzione. Un soggetto tutto sottoposto, dalla fabbrica agli uffici dei computer d’avanguardia, dalla catena di montaggio all’Intelligenza Artificiale, alla stessa legge del valore, all’estrazione di plusvalore dal lavoro e all’alienazione generale.

Un lavoro allargato che unisce nello sfruttamento tutta l’immensa classe di operai e nuove figure di lavoratori e lavoratrici, consegnando, su di un piano teorico da trasformare in prassi, ai comunisti e ai rivoluzionari la classe di riferimento per la trasformazione sociale, una classe già unita nella propria mutazione generale in forza-lavoro-merce e da unire socialmente, ideologicamente e politicamente attraverso la lotta di classe. Una lotta certo non solo economicista e sindacale, ma volta sia alla liberazione della classe dalla propria condizione subordinata che alla conquista, da parte della classe, di una propria soggettività, come oggi nuovi e giovani pensatori marxisti, come Luca Mandara, attraverso la sua opera Manoscritti parigini, affermano, rinvigorendo lo stesso pensiero marxista, la cui stessa potenza oggettiva si fa base materiale per il proprio, continuo adeguamento storico e per il rifiuto del dogma.

Il riconoscimento oggettivo del formarsi di una più vasta classe proletaria, che si determina attraverso la constatazione che una medesima estrazione di plusvalore oggi allarga e unisce la classe oltre la stessa classe operaia di fabbrica, presentando sul terreno della lotta una ben più vasta classe salariata e subordinata, ridicolizza i due tentativi – diversi ma speculari – volti o a dichiarare “la fine” della classe operaia o la “necessità”, tutta accademica e totalmente intellettualistica, di attendere, per sostenere/organizzare il conflitto capitale-lavoro, che la nuova classe sia definita, a freddo, dagli accademici e dai filosofi “marxisti”.

Peraltro, è già a partire dalla constatazione che una nuova e più vasta classe va determinandosi attraverso la fuoriuscita dalle fabbriche di un lavoro che con lo stesso grado di sfruttamento inonda e segna di sé ogni nuova area della produzione, a partire da ciò e dal conseguente emergere di una nuova e vastissima classe potenzialmente rivoluzionaria, rivoluzionaria in potenza ma non ancora in atto, che si pone con forza la questione comunista, nel senso della ricostruzione di un partito comunista come guida della lotta di classe e della trasformazione piena dell’unità proletaria, già materialmente in essere, in potenza sociale consapevole atta alla trasformazione.

Sfruttamento, alienazione, nel nuovo sviluppo produttivo, che allarga la classe, proletarizza l’insieme del lavoro e insieme a ciò moltiplica le sue vittime, i morti, i feriti e i consunti (dal lavoro e dagli antichi e contemporanei strumenti del lavoro: dalla betoniera agli isotopi radioattivi usati in medicina nucleare) sui fronti della vecchia e della nuova produzione, anche immateriale, di merci.

Lo scorso 12 aprile vi è stata l’esplosione della turbina della centrale elettrica di Bargi, Suviana, Emilia-Romagna. Del gruppo di tredici operai che lavoravano quaranta metri sotto il livello dell’acqua del lago artificiale, solo uno è rimasto illeso: sette sono morti, cinque sono stati feriti gravemente. Sette morti come i sette operai bruciati vivi nel rogo della ThyssenKrupp del 6 dicembre 2007 a Torino.

Come si addice alla cinica fiera mediatica capitalistica, dei sette morti operai se n’è parlato per due o tre giorni, con finti pianti da prèfiche, e tutto è poi scomparso nella profonda nebbia mediatica del capitale. 

Al contrario, i comunisti scolpiscono i nomi dei morti sul lavoro nella storia dell’umanità, nella storia della lotta di classe e nella memoria collettiva: Adriano Scandellari, Paolo Casiraghi, Alessandro d’Andrea, Vincenzo Garzillo, Pavel Petranel Tanase, Mario Pisani, Vincenzo Franchina. Ecco i nomi che non vanno dimenticati per tenere acceso il fuoco della memoria e della lotta di classe! I stte operai morti nella centrale elettrica di Suviana erano tutti dipendenti delle famigerate ditte d’appalto, carrozzoni illegali dello sfruttamento e della morte operaia. Uno dei sette era un pensionato di 73 anni. Michele Bulgarelli, segretario generale della Cgil di Bologna, si è retoricamente chiesto: “Ma questo, che mondo del lavoro è?”.

Caro Bulgarelli, questo mondo del lavoro è quello prodotto dal combinato disposto tra l’aumento esponenziale e progressivo del plusvalore estratto, dell’aumento dello sfruttamento oggettivo sui lavoratori e l’abbandono della lotta di classe da parte dell’intero movimento sindacale confederale, compresa la tua Cgil! Oltre che dall’assenza del movimento comunista e di un partito comunista dalla scena sociale e politica italiana! 

D’altra parte, il modello toyotista di produzione, introdotto nei cantieri navali italiani e nella stessa Fincantieri da più di vent’anni, non ha forse portato alla rimozione quasi totale dei sistemi di sicurezza, al rialzo quasi spasmodico dei ritmi di lavoro, con un rialzo impressionante di morti e feriti all’interno dei cantieri navali? Con un livello drammaticamente aumentato di malattie per sostanze tossiche inalate, sordità tra gli operai addetti alla perforazione con i martelli pneumatici e cecità tra i saldatori? 

Nelle fabbriche, nelle piccole officine, nei cantieri edili, dove le modalità contrattuali e salariali al ribasso dell’esercito industriale di riserva immigrato vengono spesso, pian piano, elette a paradigma dell’intera forza lavoro già presente, dettando e imponendo i ritmi di lavoro e la sottosalarizzazione proveniente dall’esterno, dalle ditte d’appalto, a tutti i lavoratori, anche a quelli “indigeni” e bianchi. Rovesciando, in tal modo, ciò che dovrebbe essere il razionale politico, sociale e sindacale, cioè l’estensione dei diritti della classe operaia “bianca” e locale ai lavoratori immigrati, giungendo a stabilire una nuova realtà poggiata sulla testa, non più sui piedi (dalla polemica di Marx contro Hegel), con l’esercito industriale di riserva a determinare una nuova realtà contrattuale e salariale. L’obiettivo strategico che un sindacato di classe e di massa dovrebbe porsi (assieme a un partito comunista, se ci fosse) in questa nuova fase sociale e capitalista segnata dall’arrivo di un esercito industriale immigrato, cioè l’obiettivo di unire nelle lotte un nuovo proletariato bianco e nero, trasformandolo in un nuovo soggetto anticapitalista maturo e consapevole, non viene affatto “pensato” dalle forze sindacali presenti, e se non viene “pensato” non può essere nemmeno praticato.

Oltre mille (tre al giorno) sono stati i morti sul lavoro nel 2023. Cinquecento i morti operai sino al 10 aprile 2024. I salari italiani sono i più bassi d’Europa, la precarizzazione generale del lavoro crea vera disperazione tra i giovani. La disoccupazione è al 30% circa tra i giovani e al 10% sul piano generale. Sotto i colpi congiunti di quell’Unione europea e delle sue braccia politiche (i governi di centro-sinistra, di centro-destra e di destra, a rotazione), il welfare italiano è crollato. Un crollo dirompente già inscritto nel Trattato di Maastricht del 2 febbraio 1992 (non casualmente firmato due sole settimane dopo l’autodissoluzione sciagurata dell’Unione Sovietica, 26 dicembre 1991), un crollo che avviene, come un boato di denuncia artatamente silenziato, all’interno dell’esaltazione acritica dell’Ue da parte del Pd, oggi maggiore e determinante guida politica della Cgil.

La distruzione della Sanità pubblica è esperienza viva, quotidiana, di massa, un’esperienza viva che deve trasformarsi in lotta privilegiata e di classe del Movimento per la Rinascita Comunista. Noi dobbiamo saper raccogliere la disperazione e la rabbia di chi ha bisogno di una risonanza magnetica e il Cup gli dice tra otto mesi; dobbiamo saper raccogliere e sentire la disperazione sociale e la paura dei giovani di scivolare nel girone dell’inferno del Lunmpenproletariat, dobbiamo sentire tutto ciò e trasformarlo in nostra azione politica e sociale, se davvero vogliamo porci il problema della ricostruzione strategica del partito comunista in Italia. Stiamo lanciando, attraverso il dipartimento Lavoro guidato dal compagno Vladimiro Merlin, una campagna contro la privatizzazione delle Poste, e dovremo poi lanciare almeno altre due grandi campagne: quella in difesa e per il rilancio della Sanità pubblica e quella contro la precarizzazione del lavoro, specie per ciò che riguarda le giovani generazioni. Si dice a ogni pie’ sospinto che occorre “capire i giovani”, “andare verso i giovani”. In troppi interpretano questi moniti come atti di peloso avvicinamento alle nuove generazioni attraverso l’interessarsi benevolo ai modi d’essere dei giovani o, per dirne una, al beat rap o all’hip hop free. Sono, queste modalità d’avvicinamento, equivoche e malsane, persino pericolose. L’unico modo che possono avere i comunisti per stare dalla parte dei giovani è “sentire” fino in fondo, riconoscere la disperazione profonda, il senso di smarrimento esistenziale che essi vivono di fronte a un lavoro che non si trova mai, ai “lavoretti” (che, vent’anni fa, D’Alema esaltava come una liberazione dal lavoro sicuro ma “noioso”, “frustrante”) che si susseguono tutti a tempo determinato e con salari da vergogna sociale, di fronte a Centri dell’impiego inutili, burocratici e totalmente perditempo. 

Siamo di fronte a un attacco durissimo alle condizioni di vita dell’intera classe lavoratrice, allo stato sociale, alla democrazia: il premierato è la forma con cui la nuova destra reazionaria al governo rinnova il proprio afflato fascista; l’autonomia differenziata, che ancor di più dividerà il Paese tra il Nord e il Sud, è la “gabella” politica che Fratelli d’Italia paga cinicamente alla Lega per l’appoggio che essa fornisce al premierato. Come dire: i banditi si aiutano tra loro per la grande rapina alla banca della democrazia! Particolarmente violento è poi l’attacco che il governo Meloni porta alla Giustizia, un attacco che passa nel silenzio generale evocando una nuova Giustizia antidemocratica, di regime e dai tratti neofascisti, che trasporterà di peso, in Italia, la Giustizia oscura e medievale dell’attuale Ungheria di Orban, che porta Ilaria Salis in tribunale con i ceppi e le catene.

Tutto ciò avviene sullo sfondo di un’impressionante escalation militare imperialista che partendo dal fronte ucraino, dove l’obiettivo è stato sempre quello di trasformare l’intera Ucraina in una sterminata Base Usa-Nato-Ue ringhiante ai confini della Russia, si estende all’attacco imperialista e fascista dell’esercito e del governo di Israele contro l’eroico e indomabile popolo palestinese, allargandosi ancora sul fronte dei Paesi Baltici, dove la Nato ha già collocato oltre centomila soldati in versione antirussa, e prendendo ancor più corpo attraverso l’infinita teoria di tentativi golpisti con i quali gli Usa tentano di fermare i processi rivoluzionari in America Latina, nel progetto tanto reazionario quanto surreale e idealista di tornare a un’America centrale e a un Sudamerica come “cortili di casa” dei nordamericani.

Nel mese di giugno, l’8 e il 9, si terranno le elezioni per il Parlamento europeo. Anche in questo caso la totale frammentazione del movimento comunista italiano partitico ha prodotto una completa impotenza politico-elettorale: Rifondazione Comunista ha scelto la strada, neomoderata, subordinata e palesemente elettoralista dell’accordo con la Lista Santoro; il Pc, ormai inesistente e svuotato dei propri dirigenti e militanti, si è liquefatto all’interno di Democrazia Sovrana e Poolare; il Pci ha scelto di non scegliere, palesando così, come in altri terreni, una sorta di sua reiterata afasia politica. Il MpRC giudica queste derive come inevitabili prodotti della mancata unità dei comunisti, della mancata unità di lotta, unica strada che poteva portare – non cinque minuti prima, con il solito affanno elettoralista – alla costituzione, attraverso un’intera fase di battaglie comuni – di una lista comunista e antimperialista unita per le elezioni europee. Se le liste s’improvvisano, poiché nel frattempo si è tenacemente coltivata solo l’autoreferenzialità e la divisione del movimento comunista e antimperialista, i risultati possono essere solo tre: o lo scivolamento elettoralista e opportunista del Prc, che porta alla lista “Pace, terra e dignità” di Santoro, entro la quale i comunisti non possono far altro – nel chiacchiericcio “pacifista” senza più ombra di antimperialismo che contraddistingue la stessa coalizione Santoro – di perderla, la dignità; o lo smarrimento finale del Pci, che rimane col cerino in mano; o la deriva per molti versi oscura del Pc e di Dsp che trovano nel loro percorso alleati, o “camerati di strada”, come Alemanno. Ed è davvero buffa (se non tragica) l’argomentazione di quei dirigenti del Pc e di Dsp che motivano la vicinanza di Alemanno affermando che questo erede del nazifascismo sarebbe un buon alleato poiché “contro gli Usa e la Nato”. Dimenticando due cose: primo, che i fascisti sono, per loro natura e ideologia, consustanziali all’imperialismo (Mussolini, il 10 giugno del 1940, non dichiara forse guerra alle “potenze plutocratiche” di Gran Bretagna e Francia, gettandosi contemporaneamente tra le braccia dell’imperialismo nazista?); secondo: il movimento antimperialista, arruolato tra le proprie fila Alemanno, immediatamente perde il movimento operaio complessivo e l’intero popolo comunista, di sinistra, progressista e democratico. È così conveniente?

Di tutto ciò parleremo all’Assemblea Nazionale del prossimo 11 maggio a Roma, presso il Teatro Flavio, che il Movimento per la Rinascita Comunista ha convocato e alla quale Assemblea tutti i nostri militanti parteciperanno e tutti invitiamo. 

Non dovrà essere, nelle nostre intenzioni, un’assemblea di routine o una nostra “parata”: da essa vogliamo che parta, innanzitutto, una nuova spinta unitaria dei comunisti; vogliamo che a partire dalla consapevolezza della durezza antioperaia della fase, dai pericoli incombenti di una terza guerra mondiale per cui spinge il fronte imperialista e dalla presa d’atto della crisi drammatica dell’attuale, ormai quasi estinto e impotente movimento comunista italiano organizzato, prenda nuovo slancio e concretezza il progetto dell’unità dei comunisti sulla base dell’affinità politica e ideologica, per rilanciare le lotte necessarie, e sulla base materiale delle lotte costruire sul campo una nuova forza comunista.

Ed è a partire da ciò che il MpRC lancerà a Roma, all’Assemblea aperta e pubblica del prossimo 11 maggio, la proposta di costituzione di un Tavolo permanente e paritario per l’unità d’azione dei comunisti e delle comuniste. Un Tavolo per l’organizzazione delle lotte sull’intero territorio nazionale e come laboratorio politico e teorico, evocazione e anticipazione del progetto strategico che tanti compagni/e già accomuna: la ricostruzione strategica, in Italia, di un partito comunista all’altezza dei tempi e dello scontro di classe.

Nota è l’affermazione di Lenin secondo la quale non vi è rivoluzione senza teoria della rivoluzione.

Il punto di vista del MpRC è che l’intero movimento comunista italiano successivo allo scioglimento del Pci storico si sia costituito, nelle sue varie esperienze scissionistiche e riorganizzative, senza la necessaria base di un pensiero politico e teorico forte, senza quella necessaria ricerca politico-teorica aperta e legata alla prassi che, sola, può rilanciare, in senso antidogmatico, il pensiero e la prassi marxista, comunista e rivoluzionaria.

Senza la presunzione di aver già “tracciato la strada” e risolto il problema, il MpRC si presenterà all’Assemblea dell’11 maggio a Roma con un Documento politico-teorico (un libro, che tutti i presenti potranno acquistare) di 27 capitoli, attraverso i quali sono affrontate buona parte delle grandi questioni che dovrebbero segnare la ricerca comunista: dall’attuale natura dell’imperialismo alle motivazioni delle nostre richieste di uscita dall’Ue, dall’Euro e dalla Nato; dall’analisi sulla caduta dell’Urss all’attuale quadro internazionale; dall’analisi storica del movimento comunista internazionale e italiano a quella sullo sviluppo economico titanico della Repubblica Popolare Cinese; dalla questione palestinese a quella delle rivoluzioni in America Latina e, dunque, del Socialismo del XXI secolo; dalla questione della forma-partito comunista a quella della nuova questione meridionale; dal rapporto tra l’Intelligenza Artificiale introdotta nel mondo del lavoro alla conseguente esigenza di una riduzione secca dell’orario di lavoro. Senza eludere i temi, letti da un punto di vista di classe, della liberazione della donna e della questione ambientale e climatica.

Care compagne e compagni, la crisi delle piccole formazioni comuniste italiane è spaventosa e per molti versi irreversibile. Una crisi “finale”. A partire da questo dato oggettivo e a partire, nel contesto drammatico in cui viviamo, del partito comunista come necessità politica, sociale e culturale primaria, i comunisti e le comuniste di questo Paese sono chiamati/e a porsi il problema della “questione comunista”, della ricostruzione del partito comunista come questione centrale. Sono chiamati/e, sulla base dell’affinità politico-teorica, a ricostruire l’unità dei comunisti.

Di tutto questo parleremo a Roma, l’11 maggio, presso il Teatro Flavio, per rilanciare con forza l’unità dei comunisti.

Per questo vi chiediamo, sin d’ora, di mobilitarvi! Dobbiamo essere in molti, un piccolo popolo comunista, a vivere, partecipandovi attivamente, e di fronte alle delegazioni degli altri soggetti comunisti, la proposta dell’unità dei comunisti!

Venite! Uniamoci!

* Coordinatore nazionale MpRc

Immagine: CuauGuerra, Mayday 2017 Demonstration in Mexico City, CC BY-SA 4.0, <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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