La sanità che vogliamo

Continua il dibattito sulle triste sorti della sanità pubblica. Pubblichiamo la lettera aperta di Anselmo Luci sul Servizio Sanitario Nazionale, sul privato sociale e sulla necessità di salvaguardare la sanità pubblica come strumento anche di uguaglianza e coesione sociale. Un invito a mobilitarci contro l’autonomia differenziata

Quarant’anni di onorato servizio nella sanità pubblica, in pensione da un anno, ora sono volontario alla Pubblica Assistenza, tre volte alla settimana a disposizione della comunità per 6 ore giornaliere.

Da sempre opero nel terzo settore ma devo anche ammettere che l’associazionismo attivo in ambito sanitario è anche servito per giustificare il ridimensionamento della sanità pubblica, perché i volontari hanno, in tanti casi, sostituito personale di ruolo e con regolare contratto.

Tra il 1978 e il 2019 il Ssn italiano pubblico italiano, pur con tante imperfezioni, ha contribuito ad accrescere la speranza di vita, i nostri intenti erano quelli di vivere a lungo e in salute, mentre invece hanno aumentato l’età pensionabile con la Legge Fornero.

Fino alla pandemia l’aspettativa di vita è cresciuta, ma per quanto venga detto che sarà destinata a riprendere il suo cammino, io nutro seri dubbi, ci sono del resto prove tangibili del deterioramento delle condizioni di vita e di salute, l’accesso ai servizi di cura e diagnosi sono problematici specie nelle regioni del Sud.

Pazienti della Calabria e della Lucania vengono in Toscana per ricevere cure che non riescono ad avere in tempi accettabili.

Chi oggi ha disponibilità economica per curarsi nel privato ha una qualità della vita decisamente migliore, evita lunghe attese per una diagnosi o una terapia e sappiamo quanto sia importante la prevenzione se gestita nei tempi giusti. Il terzo settore nel tempo ha tamponato una situazione di crisi ma alla fine sta diventando una sorta di privato sociale concorrente degli ambulatori privati, oggi perfino le farmacie mettono a disposizione centri medici.

Il Ssn da tempo è sotto finanziato e lo sarà in misura crescente nei prossimi anni quando andremo a spendere cifre decisamente inferiori al passato.

Un servizio pubblico dovrebbe avere risorse, personale e strumenti di lavoro anche per quelle attività che oggi vengono invece demandate alle associazioni e al privato e credo questa scelta alla fine abbia messo d’accordo governi, sindacati e ordini delle professioni ospedaliere: tutti insieme appassionatamente nella dissoluzione progressiva del Sistema sanitario nazionale, violando anche i principi costituzionali. Un motivo in più per mobilitarci contro l’autonomia differenziata, in cui per il Servizio Sanitario Nazionale non ci sarà futuro. Inoltre l’autonomia differenziata sarà la causa di disuguaglianze economiche e sociali anche su base regionale.

Non so se sarà possibile invertire la tendenza, non ci sono mobilitazioni, vertenze sindacali e lotte organizzate né scioperi a difesa del Ssn, per adeguati investimenti e finanziamenti. 

Trent’anni fa il sistema sanitario pubblico era anche un centro di ricerca e innovazione al servizio della salute, oggi non riesce a svolgere queste funzioni indispensabili perché la ricerca è nelle mani delle multinazionali farmaceutiche.

In Italia si spende quasi il 2% in meno degli altri paesi europei se rapportiamo le risorse al Pil, senza pensare che la sanità pubblica efficiente determinerebbe coesione sociale e uguaglianza di trattamenti, principi costituzionali che oggi vengono minati dalle logiche del profitto e della privatizzazione.

Immagine: Alberto Giuliani, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0&gt;, via Wikimedia Commons

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