Unire i comunisti, organizzare il conflitto!

di Fosco Giannini *, Michele Giambarba **, Alessandro Pascale *** e Igor Camilli ****

L’unità dei comunisti per la manifestazione nazionale di sabato 1° giugno a Roma, contro le guerre imperialiste e contro il governo Meloni, come primo passo verso la loro unità strategica.

Sabato 1° giugno, a Roma, alla manifestazione nazionale contro la guerra imperialista, per l’uscita dell’Italia dalla Nato e dall’Ue e contro il governo Meloni, noi del Movimento per la Rinascita Comunista, di Costituente Comunista, di Resistenza Popolare e di Patria Socialista sfileremo assieme, dietro un unico striscione. Vi sono stati incontri tra gli esponenti delle nostre forze e da questi ha preso forma e si è consolidata l’idea di un unico spezzone comunista, marxista, leninista, antimperialista del corteo. Ma ancor prima di questi incontri, avvenuti nelle ultime due settimane e avviati per organizzare lo spezzone comunista unitario, ciò che ha davvero spinto e deciso la nostra unità sul campo è stata l’esigenza, ormai da tutti noi estremamente sentita, di invertire la drammatica, incessante, pulsione alla polverizzazione, alla continua atomizzazione del movimento comunista italiano, imboccando invece, e decisamente, la strada di una sua ricomposizione ed unificazione.

Le stesse questioni richiamate dalla piattaforma politica della manifestazione nazionale di Roma (l’attuale, pericolosissima, aggressività politica e militare degli Usa, della Nato e dell’intero fronte imperialista mondiale, aggressività che reca in sé un progetto consapevole di terza guerra mondiale; le politiche ultraliberiste dell’Ue, un polo neoimperialista in costruzione, che tuttavia va sempre più palesando la propria subordinazione agli Usa e alla Nato; il disinvolto e duro attacco del grande capitale italiano contro il movimento operaio complessivo del nostro paese; il governo Meloni quale “partito politico” di Washington, di Bruxelles e della Nato; una falsa “opposizione” politico-parlamentare che se oggi governasse avrebbe, più o meno, la stessa agenda politica del governo Meloni), queste stesse questioni sono quelle che hanno chiamato e chiamano noi comunisti ad unirci.

L’ingente spostamento di risorse economiche verso il riarmo dettato dagli Usa e della Nato; il continuo rafforzamento delle 115 Basi militari Usa-Nato disseminate in Italia che, nella loro inquietante occupazione dell’intero territorio nazionale, delineano sempre più il nostro come un paese occupato da un esercito straniero, un’occupazione “manu militari” che ha già ampiamente esautorato i poteri del parlamento, dell’esercito, delle forze dell’ordine, dei servizi segreti italiani, offrendosi, tutto ciò, come base materiale sia dell’attacco alla democrazia e alla Costituzione (premierato, autonomia differenziata), che della repressione violenta, nelle piazze, nelle fabbriche, nelle università contro gli operai e gli studenti; la dura lotta di classe condotta dal grande capitale italiano contro i lavoratori, una lotta di classe padronale che, usufruendo delle “linee” imposte da Bruxelles, ha portato ad una sottosalarizzazione, ad una selvaggia precarizzazione del lavoro e ad una povertà di massa; un crollo dell’intero stato sociale, innanzitutto sanità e scuola, “dettato” e già implicito nel Trattato di Maastricht. E, di fronte a tutto ciò, il popolo italiano che subisce colpi sempre più pesanti, a causa dell’insufficienza delle opposizioni politiche, sociali, sindacali attuali! In un vuoto che altro non potrà determinare che un ulteriore spostamento a destra dell’intero asse politico, ideologico, antioperaio, antidemocratico italiano, uno spostamento a destra del senso comune di massa abbandonato, e reso facile preda – sia del populismo che delle destre – dalla trasformazione totalmente liberista e atlantista del Pd, dal disarmo delle organizzazioni sindacali confederali, dalla debolezza delle varie forze comuniste italiane oggi “presenti” e da una “sinistra” italiana, radical e moderata insieme, sempre più spesso consustanziale agli interessi imperialisti e capitalisti. Per fortuna resistono in tutto il territorio nazionale anche gruppi e organizzazioni, con radicamento per lo più locale, che mantengono un nesso, sia pur primordiale e non sempre consapevole, tra antifascismo, anticapitalismo e antimperialismo, stimolando una conflittualità antagonista al sistema su cui i comunisti devono agire.

Sarebbe, oggettivamente, il tempo dei comunisti, delle loro lotte, della loro funzione politica, sociale, culturale, morale.

Le formazioni, le aree, le forze che ancora, persino di fronte alla crisi generalizzata del movimento italiano, continuano a definirsi comuniste, non riescono a costruire un sufficiente livello di conflitto, risultando incapaci di sostenere l’attacco del capitale. Le invitiamo sinceramente e caldamente ad assumere un’inclinazione unitaria per ricostruire insieme un’opposizione più consapevole, che possa diventare il perno del movimento contro la guerra imperialista, contro l’Ue, contro il grande capitale italiano. Abbiamo tutti il compito di ricostruire, in questo Paese, il senso della necessità della Questione comunista, che rimane oggi più viva e attuale che mai.

Noi che scriviamo, le nostre organizzazioni comuniste e antimperialiste, sappiamo bene quanto oggi, come forse mai, sia forte il movimento comunista e antimperialista nel mondo, che governa, da solo o assieme ad altre forze rivoluzionarie, circa un quinto dell’umanità, dalla Cina a Cuba, dal Vietnam al Sudafrica, dal Laos alla Corea del Nord, dal Venezuela alla Bolivia, dal Brasile al Nicaragua. Sappiamo come lo stesso, planetario, ruolo dei Brics, all’interno dei quali il movimento comunista mondiale svolge un ruolo centrale e decisivo, depone a favore dell’odierna vitalità dello stesso movimento comunista mondiale. E sappiamo, dunque, che la crisi del movimento comunista italiano non è attribuibile ad una, del tutto inesistente, “crisi” del movimento comunista mondiale, ma è una crisi tutta italiana, tutta da decodificare e studiare (compito che si spetta, che ci attende e che ci vogliamo assumere, assieme ad altri disposti a farlo, poiché ne abbiamo e vi sono le forze intellettuali e politiche), da quella involutiva dell’ultimo Pci storico, al venir meno oggettivo del progetto di Rifondazione Comunista, il fallimento, cioè, della possibile “risposta”storica, in Italia, allo scioglimento del Pci.

Sappiamo, altresì, che la grande storia del movimento comunista mondiale, la gloriosa storia – tutta la storia – che va dalla Rivoluzione d’Ottobre sino ad oggi, passando per la rivoluzione cinese, vietnamita, cubana, sudafricana, del Nepal, del Laos, della Corea del Nord, dalla grande rivoluzione comunista indonesiana degli anni ’60, soffocata dagli Usa nel sangue dei 500mila comunisti indonesiani assassinati; passando per tutte le rivoluzioni anticolonialiste, le grandi ed attuali rivoluzioni dell’America Latina, per il titanico sviluppo economico, sociale e politico del “socialismo dai caratteri cinesi” che ha cambiato i rapporti di forza nel mondo e spuntato le unghie all’aquila imperialista nordamericana; passando attraverso le grandi ed attuali lotte antimperialiste dei grandi partiti comunisti della Federazione Russa, della Bielorussia, dell’India, del Giappone, del Portogallo, di Cipro, passando attraverso lo stesso ruolo rivoluzionario della Russia di Putin nella lotta contro l’Ucraina nazifascista e in difesa degli stessi popoli della Russia e del Donbass e in difesa del mondo multipolare. Passando attraverso la stessa, gloriosa storia del movimento comunista italiano, sappiamo che tutto ciò ha sedimentato, seminato nel profondo, in Italia, tra gli strati popolari, tra i lavoratori, tra gli intellettuali, nelle accademie e nelle università un orientamento comunista e marxista di fondo che va ben al di là dell’area delle poche migliaia di militanti delle forze – organizzate e movimenti – complessive comuniste. Forze che non riescono (non è un’accusa pregiudiziale, ma solo la costatazione di un dato di fatto, nel rispetto profondo, tra l’altro, di tutti i loro militanti) ad offrirsi come catalizzatrici di una cultura comunista, seppur carsica, ancora ben viva, in Italia e che si potrebbe verosimilmente quantificare in decine e decine di migliaia di potenziali militanti e dirigenti comunisti.

Questa incapacità, da parte dell’attuale e complessivo movimento comunista in campo, di offrirsi come catalizzatore della vasta diaspora comunista italiana, offre, peraltro, alcuni primi, immediati, e giocoforza non esaustivi, spunti di riflessione, particolarmente funzionali al progetto, che noi che firmiamo questo editoriale perseguiamo, di ricostruzione di una forza comunista in questo paese.

Prima riflessione: non si è lavorato per la messa a fuoco di un progetto politico-teorico all’altezza dei tempi e dell’odierno scontro di classe. Pur essendo questa una realtà facilmente constatabile, ognuna delle forze, dei gruppi, delle aree comuniste presenti, anche a dispetto dei magri risultati concreti raggiunti, si vive spesso come la forza che avrebbe portato a termine, divenendone gelosa custode, il progetto politico e teorico finale e definitivo del movimento comunista italiano. E da ciò, non raramente, il pervicace settarismo, derivante dal guardarsi solamente allo specchio, con cui si nega alla radice l’esigenza dell’unità de comunisti e che segna di sé buona parte di queste forze. Basterebbero due semplici dati a confermare questo, politicamente drammatico e colpevole, stato di cose: in tutta la fase della crisi russo-ucraina, mai una volta una delle diverse forze e aree comuniste in campo ha lanciato la proposta di una manifestazione comunista unitaria, allargata ad altre forze antimperialiste e avanzate italiane, almeno contro l’invio delle armi a Zelenskyi e ai suoi battaglioni nazifascisti. Mai! Come mai nessuna di queste diverse forze e aree ha avuto il coraggio politico, la libertà intellettuale di proporre una grande manifestazione dei comunisti uniti, allargata ad altre forze, a sostegno del popolo palestinese e contro il neofascismo israeliano. Una ostinata volontà contraria all’unità dei comunisti sfociata, infine, nella negazione e nell’assenza, per le vicine elezioni europee di una, pur possibile, Lista Comunista e antimperialista, una Lista che poteva costituirsi nelle lotte comuni delle forze comuniste, allargate ad altre forze antimperialiste, lotte portate avanti nel tempo e ciò come “stile di lavoro”, come antitesi a quelle frettolose, ansiose, segnate, in fondo, da un puro elettoralismo, trattative senza più principi che si portano avanti “dieci minuti prima” della chiusura delle liste elettorali.

Al di là della supponenza di certe forze comuniste che rifiutano a priori il progetto dell’unità dei comunisti (ma dio acceca chi non vuole vedere), forze convinte, ognuna, di aver già risolto in sé, in Italia, la Questione Comunista, sappiamo bene, invece, quanto tale Questione, in virtù dei disastri prodotti – dalla fine del Pci ad oggi – dalle disinvolte “liquidazioni” e deviazioni teoriche e ideologiche del movimento comunista italiano (dal massimalismo più radicale all’istituzionalismo più becero, passando per la “nuova via” – unica nel mondo comunista mondiale – dell’unità tra comunisti e fascisti), sia ancora completamente aperta, da risolvere.

E per iniziare a risolverla, per avviare un processo di risoluzione, occorre principalmente affrontare due grandi questioni, che tra loro si tengono, nella dialettica storica prassi-teoria-prassi. Da una parte avviando una grande, aperta, antidogmatica ricerca politico-teorica e, d’altra parte, lavorando ad un’accumulazione di forze comuniste (non ideologicamente eclettiche, per evitare come la peste quella degenerazione in circo Barnum entro la quale sono sfociate alcune esperienze comuniste italiane) che passi attraverso la costruzione paziente dell’unità dei comunisti, la conquista del rapporto con la silente, ma con ogni probabilità vasta, diaspora comunista e, come questione centrale, la ricostruzione del legame con i lavoratori.

Tutte queste questioni sono ben presenti agli esponenti delle forze comuniste e antimperialiste che firmano questo editoriale e che concepiscono lo spezzone comunista del 1° giugno a Roma formato dal Movimento per la Rinascita Comunista, da Resistenza Popolare, da Costituente Comunista e da Patria Socialista come un primo ed importante passo verso la tanto necessaria costruzione dell’unità strategica dei comunisti.

I Brics e la loro tendenza a rafforzarsi ed allargarsi sempre più – dai paesi dell’Eurasia ai paesi arabi, dai paesi africani a quelli dell’America Latina – come abbiamo visto, stanno cambiando positivamente il quadro internazionale, mutando i rapporti di forza in senso antimperialista e, così trasformando il mondo, stanno riconsegnando piena liceità storica anche alle forze comuniste e rivoluzionarie delle cittadelle capitalistiche, come l’Italia.

Ma i Brics non faranno la rivoluzione per noi, in Italia.

Invece, a partire dal contesto internazionale di nuovo favorevole, innanzitutto i comunisti, unendosi, battendosi e finalmente superando quel positivismo che ancora segna largamente di sé sia la sinistra italiana che tanta parte dello stesso movimento comunista, riconquistino il senso leninista e gramsciano dell’azione soggettiva, rimettendo in campo un progetto – pensiero ed azione – rivoluzionario.

* coordinatore nazionale Movimento per la Rinascita Comunista
** portavoce nazionale Costituente Comunista
*** dirigente nazionale Resistenza Popolare
**** segretario nazionale Patria Socialista

Immagine: I-Stock, Duncan1890

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