Giannini: un’opposizione vera e di classe al governo Meloni è possibile

di Luigi Basile

L’intervista al coordinatore nazionale del Mprc sulla partecipata manifestazione nazionale, tenuta a Roma, contro la guerra imperialista, per l’uscita dell’Italia dalla Nato, per la sanità pubblica, il salario, il lavoro.

“L’unità dei comunisti si costruisce sul campo, nella condivisione delle lotte. C’è bisogno di confronto e di un sentimento comune, anche con le altre forze di avanguardia. È un’importante lezione che ci viene da questa giornata di mobilitazione.” Ad affermarlo è Fosco Giannini, coordinatore nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista.

D. Qual è il giudizio politico sulla manifestazione del 1° giugno, contro il governo Meloni?

R. È stata una grande manifestazione, pacifica, di classe, di popolo. Sono sfilate almeno 15mila persone, probabilmente anche 20mila. Un corteo composito: comunisti, Usb, operai, migranti, studenti, famiglie con disagio abitativo e diverse comunità palestinesi. La kefiah ha contraddistinto e segnato tutta la manifestazione. Il primo elemento da registrare, quindi, è che, anche in un contesto così complicato, una opposizione di classe al governo Meloni è possibile. Un’opposizione vera, non quella paludata, ambigua, simulata, del Pd e dei Cinque Stelle, forze che se oggi fossero al governo, farebbero più o meno le stesse cose del centrodestra. A partire dalla subordinazione alla Nato, che spinge irresponsabilmente verso una terza guerra mondiale, e alle politiche iperliberiste dell’Unione europea.

D. Quali parole d’ordine hanno contrassegnato il corteo?

R. Parole d’ordine capaci di costruire una coscienza popolare: “No alla Nato, No all’Unione europea, Giù le armi e alzare i salari”. Una linea politica, un progetto di lotta politica e sociale, completamente alternativo allo status quo e alle voci che falsamente dicono di porsi fuori dal coro; alternativo al caos dei dibattiti precofenzionati dei talk show, funzionale al potere, ma anche ad opposizioni edulcorate ed ingannevoli, come quella guidata da Michele Santoro, che proprio in questi giorni ha affermato di essere contrario all’uscita dalla Nato e che non si può farlo mentre c’è una guerra in corso. Un ragionamento contraddittorio, una follia, che risponde proprio alla logica della guerra e dell’imperialismo, che si dice di voler contrastare, rivelando chiaramente la natura moderata di questo giornalista, che oggi si atteggia a promotore della trasformazione.

D. A Roma in contemporanea si è tenuto il comizio di chiusura della campagna elettorale di Fdi, con Meloni. 

R. Sì, queste due manifestazioni hanno plasticamente rappresentato due pezzi d’Italia, nettamente diversi e alternativi tra loro: uno reazionario e conservatore, con Meloni, e l’altro, un pezzo dell’Italia che ancora resiste, partigiana, di lotta e per il cambiamento sociale.

D. Come è andata l’esperienza dello spezzone dell’unità dei comunisti, che ha raggruppato Movimento per la Rinascita Comunista, Resistenza Popolare, Costituente Comunista e Patria Socialista?

R. È stato un grande successo, non solo per la risposta registrata, ma anche per come ha partecipato al corteo. Lo spezzone non si è chiuso in sé, non si è isolato, in una sorta di presenza autoreferenziale, ma ha interagito con tutte le altre componenti della manifestazione. Un segno dell’esigenza che avvertiamo di costruire relazioni ed esperienze unitarie con le forze più avanzate. Per noi stessi è stata un’occasione per cementare il percorso avviato. Anche perché vi è la consapevolezza che nel Paese purtroppo manca una forza comunista organizzata, in grado di reggere lo scontro. Posso aggiungere, inoltre, che al corteo era significativamente assente Rifondazione Comunista, che ha compiuto altre scelte, al seguito di Santoro, ma c’era invece Paolo Ferrero, con un gruppo di compagni. Un indizio di una crisi politica profonda che esiste dentro il Prc.

D. In particolare, quale contributo in termini di analisi e proposta è venuto dal Mprc? 

R. Un intervento puntuale, efficace ed appassionante della compagna Alessandra Ciattini, che è stato seguito con grande interesse e partecipazione da parte dei militanti, degli operai e dei migranti presenti, che hanno accolto e accompagnato ogni passaggio con continui applausi, mentre interveniva dal palco mobile allestito sul camion dei lavoratori migranti, concludendo quasi a fatica il discorso.

D. Che indicazioni possono venire in prospettiva dall’iniziativa?

R. Innanzitutto che l’unità dei comunisti può e deve costruirsi sul campo, nelle iniziative, nelle mobilitazioni, nella lotta. Il clima politico che si crea intorno, in appuntamenti simili, è straordinario. La sensazione che abbiamo provato durante la manifestazione è uno stimolo forte ad andare avanti e una spinta alla condivisione. Una lezione importante. Da parte nostra, nell’assemblea dell’11 maggio, svolta al teatro Flavio a Roma, abbiamo proposto un tavolo per l’unità d’azione e di lotta dei comunisti. Sarà però dalle lotte concrete, condotte assieme, che questo percorso potrà essere rafforzato. Un fatto ovvio, ma che talvolta viene dimenticato. L’unità, poi, si irrobustisce anche attraverso le relazioni con le altre forze di avanguardia, dando forma e contenuti ad un fronte antimperialista più largo.

D. Dopo questa intensa giornata di mobilitazione di piazza sono emerse anche criticità sulle quali riflettere?

R. Se dovessi cogliere e sottolineare un elemento sul quale riflettere, riguardo a una manifestazione significativa e sicuramente riuscita, è che i diversi spezzoni del corteo sono apparsi quasi scollegati, privi di una passione e di un afflato unitario. Questa è stata la mia sensazione. Bisogna creare un sentimento comune. È un aspetto sul quale lavorare. Mi viene alla mente la grandezza dello spirito unitario che c’era nelle manifestazioni cilene, attorno alla parola d’ordine “El pueblo unido jamás será vencido”.

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