di Alessandra Ciattini
Intervistiamo ancora una volta Giulio Chinappi, residente nel Vietnam, paese sempre più importante dal punto di vista economico e geopolitico, il quale ha appena pubblicato un libro sulla Corea del Nord e sul Juche, teoria politica elaborata dal Kim Il Sung negli anni ’50 (Kim Il Sung: La via coreana al socialismo, Antea 2024). In primo luogo Chinappi ci descrive la realtà della vita economica-sociale di questo tanto denigrato paese, che appare assai diversa dalle note mistificazioni. In particolare, nella Rdp Corea è formalmente bandita la proprietà privata, motivo per il quale tutte le attività industriali e commerciali sono ufficialmente registrate come statali. Tuttavia, alcuni tipi di attività economiche, soprattutto le piccole attività commerciali, vengono di fatto gestite in un modo assimilabile a quello del settore privato attraverso quello che viene chiamato “conglomerato”, ovvero una partnership pubblico-privato, mentre dal 1984 esiste anche la possibilità di dare vita a joint venture con investimenti stranieri (soprattutto con coreani residenti in Giappone). Per quanto riguarda le licenze per le abitazioni e la terra, queste vengono generalmente rilasciate per una durata di cinquant’anni e sono rinnovabili. Il codice civile nordcoreano riconosce inoltre che “la proprietà privata include distribuzioni socialiste secondo il lavoro, benefici nazionali e sociali aggiuntivi, prodotti derivanti da attività private come la coltivazione di un giardino, articoli acquistati, quelli ereditati o ricevuti in dono da un altro cittadino, e altri prodotti acquisiti legalmente” (art. 58). Inoltre, Chinappi entra nel merito della teoria politica del Juche, che sorge dalla necessità – come il socialismo cinese – di costruire una società socialista nello specifico contesto coreano, risultato di una civiltà millenaria.
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