di Alberto Froli *
Un resoconto ragionato, da parte dello studente del Liceo Galilei di Pisa, della conferenza dei Francesco Dall’Aglio, nell’ambito del progetto Contemporanea…mente, da cui emergono le ragioni dell’operazione russa in Ucraina e la crescente pulsione antioccidentale da parte del Sud del mondo causata dalla pretesa egemonica degli Stati Uniti.
Il 12 aprile 2024 il ricercatore di storia militare presso l’Accademia bulgara delle Scienze, professor Francesco Dall’Aglio, ha tenuto un oratorio all’istituto Galilei-Pacinotti, analizzando l’attuale fase geopolitica caratterizzata dal passaggio dal dominio unilaterale occidentale verso uno scenario basato su relazioni internazionali di stampo multilaterale, andando anche a fondo sulle relative conseguenze. Di seguito ho cercato di riportare quanto discusso, estendendo anche in modo autonomo il contenuto per cercare di fornire un quadro più completo.
Fase post Seconda Guerra Mondiale e inizio della Guerra Fredda
Successivamente alla Conferenza di Yalta del febbraio del 1945, alla quale parteciparono i leader delle potenze che si accingevano a vincere la Seconda Guerra mondiale, Stalin, Roosevelt e Churchill, l’assetto geopolitico dell’Europa viene completamente ridisegnato con la divisione del territorio in due sfere di influenza: quella statunitense nella parte occidentale e quella sovietica ad Est. Questa divisione di lì a poco portò alla creazione di due blocchi politico-militari contrapposti (carta 1):
– Paesi occidentali (Regno Unito, Italia, Francia, ecc…) entrano nella nuova alleanza NATO con a capo gli Stati Uniti (fondata il 4 aprile 1949).
– Paesi orientali (Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia, ecc…) aderiscono al Patto di Varsavia con a capo l’Unione Sovietica (fatto il 14 maggio 1955).

L’Europa in questa fase rappresentava “il centro del mondo” in quanto teatro principale di scontro fra le due superpotenze mondiali. Tutti i paesi, da forti a deboli, dovevano scegliere da che parte stare, dato che la neutralità era molto difficile da mantenere. Solo pochi paesi come la Svizzera, Austria, Jugoslavia e la Finlandia ci riuscirono, ma anche loro dovettero fare molte concessioni a una o a entrambe le potenze, ad esempio promettere una neutralità completa e duratura.
Il resto del mondo acquistò importanza successivamente, col processo di Decolonizzazione dei paesi africani e asiatici avvenuto nel Dopoguerra. Le due superpotenze talvolta utilizzarono questi stati per alcune guerre di procura, per estendere il dominio geopolitico di una delle due su un dato territorio; fra tutti i continenti soprattutto l’Asia, l’Africa e il Sud America erano stati oggetto di tali contrapposizioni. C’è da notare che all’epoca sia Cina che Iran, oggi potenze mondiali, avevano scarsa rilevanza sullo scenario internazionale: nell’immediato Dopoguerra erano infatti pieni di disordini sociali e politici e la stessa Cina si trovava in una sanguinosa guerra civile finita poi nel 1949 con la vittoria dei comunisti guidati da Mao.
Caduta dell’Urss e dominio unilaterale statunitense
Ben 47 anni dopo gli Accordi di Yalta, nel 26 dicembre 1991, a causa di gravi proteste e problemi socioeconomici che affondano le radici negli anni precedenti, l’Unione Sovietica si dissolve ufficialmente e dal suo territorio nascono 15 nuovi Stati sulla carta politica mondiale. In poco tempo però inizia a salire la tensione nei nuovi territori, soprattutto per il fattore confini; infatti, se la politica multinazionale dell’Urss (Korenizacija) non richiedeva neanche i passaporti ai cittadini per passare da uno stato all’altro del suo vasto territorio, sorgono ora gravi problemi nelle popolazioni, dato che le cittadinanze diventano obbligatorie, lasciando scegliere i cittadini a che paese si sentono più affini. Ad esempio i marinari di Sebastopoli, pur essendo nati ucraini, si sentirono più affini con la cittadinanza russa, infatti ben l’80% la chiedono.
Pochi mesi prima della caduta sovietica, nel 1991, si era sciolto anche il Patto di Varsavia, lasciando campo libero alla Nato. Ma la questione era se anche quest’ultima si dovesse sciogliere, a causa della fine del “pericolo” comunista. A quel punto gli Usa scelgono invece di espanderla verso l’Est Europa, marcando così la trasformazione Nato da un’organizzazione politico militare difensiva a uno strumento per ampliare il dominio statunitense ormai su tutta l’Europa.
Dal 1991 al 2024 la Nato ottiene ben 18 nuovi membri, 10 dei quali provenienti dall’ex Patto di Varsavia o direttamente dall’Unione Sovietica (carta 2). La maggior parte dei paesi dell’Est Europa successivamente alla caduta dell’Urss hanno adottato un’economica capitalista, basandosi molto sul modello statunitense, ovviamente questo cambiamento scuote molto la popolazione e l’economia di questi paesi, anche perché quest’ultima fino ad ora essendo stata socialista, offriva ampie garanzie alla popolazione in termini di servizi e di diritti sociali.

La Russia passa all’allerta e nascono delle nuove potenze globali
A causa di questa espansione Nato, la Russia inizia a preoccuparsi, sentendosi minacciata e accerchiata dai nuovi membri; infatti dichiarerà questa preoccupazione alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza del 2007, ma tale dichiarazione verrà ignorata dagli Stati Uniti, i quali offriranno l’adesione alla Nato a Ucraina e Georgia, due paesi che facevano parte dell’Urss, in occasione del Vertice Nato di Bucarest del 2008. Da quel momento in poi crescerà nella leadership russa una grande diffidenza verso gli Stati Uniti che finisce per stimolare la ripresa del nazionalismo. Ma intanto nell’Asia e nel Medio Oriente, Cina e Iran hanno superato nel corso di molti anni le loro crisi, riuscendo ormai a diventare delle grandi potenze regionali e mondiali ancora libere dal dominio Nato. Ciò porta l’attenzione russa fuori dall’Europa fino ad indirizzare le relazioni geopolitiche verso queste nuove potenze, capendone l’importanza in prospettiva per lo scenario mondiale. Le relazioni si sviluppano anche attraverso numerosi vertici tra i leader di questi paesi. Si raggiunge un livello così alto di cooperazione che la Russia e la Cina rafforzano i Brics, un raggruppamento geoeconomico col tempo divenuto soggetto geopolitico a tutti gli effetti composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica e da inizio 2024 anche Iran insieme ad altri paesi, teso a contrastare il dominio economico e geopolitico statunitense (carta 3).

Quindi ormai si capisce che gli Stati Uniti non sono l’unica potenza mondiale ma si passa invece a un sistema multipolare, basato su paesi che mantengono la propria sovranità, non necessariamente alleandosi l’uno con l’altro in maniera strutturata. Una situazione ben difficile da immaginare negli anni ’90, in cui sembrava che solo gli Stati Uniti dominassero il mondo.
Le tappe della formazione dello stato ucraino
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica dichiarano l’indipendenza ben 15 paesi, con la creazione di vari focolai di tensione per i confini e per le minoranza etniche, queste ultime presenti praticamente in tutti i nuovi stati.
Uno stato però che diventerà il centro di contesa più grande in epoca moderna, è l’Ucraina. In realtà il territorio ucraino era terra di molti popoli da secoli, infatti nel IX secolo venne fondata la Rus’ di Kiev, una confederazione monarchica medioevale degli Slavi orientali. Tale confederazione però subì varie invasioni nel corso dei secoli, fino a che nel XIII secolo crollò sotto la spinta delle invasioni mongole. Fino al XVI secolo i territori della confederazione furono spartiti tra la Confederazione polacco-lituana, l’Austria-Ungheria, l’Impero Ottomano e il Regno Russo, ma sul finire del 1663 con la guerra russo-polacca la Confederazione polacco-lituana oltrepassò il Dnieper invadendo il territorio ucraino.
Fra il 1649 e il 1764, dopo il trattato di Perejaslav (1654) che ufficializzò la separazione dell’Ucraina dalla Polonia e la protezione da parte del Regno Russo, emerse sul territorio ucraino l’Etmanato Cosacco, ufficialmente il Corpo dei Cosacchi Zaporoghi, un’entità statale costituita dai cosacchi. Tale entità sarà dissolta da Caterina II di Russia che abolirà nel 1764 il titolo di Etmanato e incorporerà i territori nel Regno Russo.
Successivamente alla caduta dell’Impero Russo a seguito della Rivoluzione russa del 1917 e dopo la Prima Guerra Mondiale il territorio ucraino venne diviso in due stati ucraini, la Repubblica Popolare dell’Ucraina Occidentale (1918-1919) situata nella Galizia orientale e la Repubblica Nazionale Ucraina (1917-1920) situata nella maggior parte dell’Ucraina attuale. Il 22 gennaio 1919 questi due stati vennero unificati, ma questo portò a gravi tensioni nel territorio della Galizia orientale a causa della minoranza polacca, che reclamò il territorio come parte della neonata Seconda Repubblica di Polonia. Questo contenzioso si risolse nella Guerra polacco-ucraina, di cui la Polonia risultò vincitrice e ottenne i territori che reclamava.
Successivamente, nel 1924, a seguito di ribellioni e soprattutto a causa della nuova Rsfs Russa, venutasi a formare, si creò la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Da quel momento in poi l’Ucraina rimase sotto il governo sovietico, diventando un governo semi autonomo.
Infine, il 19 febbraio 1954 la Crimea, penisola del mar nero abitata da popolazione russa e tartara, che fin d’allora era parte della Rss Russia, fu donata per volere del presidente sovietico Nikita Khruščёv all’Ucraina, in occasione del 300° anniversario del Trattato di Perejaslav per ribadire la fratellanza dei popoli slavi orientali (carta 4).

L’Ucraina diviene di nuovo uno stato indipendente nel 1º dicembre 1991 a seguito della caduta dell’Urss.
Tutta questa parentesi storica serve per far capire le differenze etniche nel territorio ucraino, un territorio pianeggiante privo di confini naturali e occupato da vari diversi popoli nel corso del tempo; ad esempio i russi, che formano il 17% percento della popolazione, sono la seconda maggiore etnia in Ucraina. Le parti con più concentrazione etnica russa sono il Donbass, la Crimea e la zona di Odessa (carta 5), con una minoranza anche a Kharkiv. Questo perché questi territori sono stati i più vicini alla Russia nel corso dei secoli, con il Donbass in quanto terra dei cosacchi e uno dei primi teatri per la rivoluzione sovietica in Ucraina, e la Crimea donata dalla Russia all’Ucraina sotto la presidenza di Khruščёv, il che all’epoca aveva un valore ridotto in quanto comunque quel territorio faceva parte dell’Unione Sovietica. La minoranza etnica russa dopo la caduta dell’Urss si trova in una situazione abbastanza strana, dato che fin d’allora si considera sovietica e non strettamente legata alla loro patria ufficiale. Tuttavia molte famiglie russe decidono di rimanere nelle loro abitazioni in Ucraina e non emigrare in Russia. Tuttora, pur essendo una minoranza etnica, molti russi divengono personaggi famosi e importanti nella politica ucraina. Ad esempio l’attuale comandante in capo delle Forze armate ucraine, Oleksandr Syrs’kyj, è di origine russa ed ha la famiglia che dal 2023 vive in Russia.

L’escalation in Ucraina
l’Ucraina però con il passare del tempo ha subito moltissime crisi economiche e politiche, diventando campo di gioco per la Nato, data la sua posizione strategica essenziale per espandere l’influenza dell’alleanza verso la Russia. Nel 2014 il presidente eletto Viktor Janukovyč, che mantiene fin da quel momento una politica molto neutrale, viene rovesciato attraverso un colpo di stato fortemente sponsorizzato dalla Nato e dall’Unione Europea (Ue). Il colpo di stato porta al potere la parte filo statunitense e pro Europa. C’è infatti da notare che Victoria Nuland, assistente del segretario di Stato Usa, ben prima del golpe aveva dato indicazioni su chi e chi non dovesse essere messo in posizioni governative. Il nuovo governo sotto Oleksandr Turčynov (a interim) e successivamente il nuovo presidente Petro Porošenko, che fin da quel momento era un noto e potente oligarca, ovviamente adotta una linea filo occidentale, muovendo il paese verso la Nato e l’Ue, una decisione non condivisa da tutto il paese, dato che, secondo alcuni sondaggi, più della metà della popolazione è contraria. Infatti, a causa di ciò e soprattutto per la revoca dell’autonomia agli Oblast a maggioranza russofona, nascono per tutto il paese varie insurrezioni, organizzate sia dalla minoranza russa sia dall’opposizione al governo. Il punto di opposizione maggiore è la Crimea, in cui vengono organizzate molte manifestazioni a favore della Russia e per l’autonomia. Tutte queste proteste portano, nonostante le forti critiche e tentativi di repressione da parte del governo, all’invasione della penisola russa con militari privi di mostrine e al referendum generale della Crimea tenutosi il 16 marzo 2014, in cui ben più del 95% della popolazione sceglie di ritornare a far parte della Federazione Russa, un risultato mai accettato dalla Nato. Da quel giorno in poi le tensioni continuano a salire, con varie altre ribellioni e repressioni attuate dal governo ucraino nel Donbass e a Kharkiv, diventati anch’essi centri di proteste per l’auto determinazione, ispirati alla Crimea. Soprattutto nel Donbass si vengono a creare due repubbliche indipendentiste, la Repubblica Popolare del Donetsk e la Repubblica Popolare del Lugansk, ma questa volta il governo ucraino risponde duramente, decidendo di inviare l’esercito, ec provocando un grande numero di morti fra la popolazione russofona. Nonostante ciò le azioni perpetrate dal governo non ricevono condanne né dalla Nato né dall’Europa, nonostante le vittime a fine 2021 ammontino a 13.000.
Il conflitto nel Donbass raggiunge livelli così alti che nel 2014 viene firmato il protocollo di Minsk I, un accordo presidiato da Francia e Germania per un cessate il fuoco. Successivamente nel gennaio 2015 viene firmato il protocollo di Minsk II. Anche se questi accordi sulla carta dovrebbero fermare la guerra, in realtà fanno poco o nulla, lasciando comunque il via libera all’Ucraina di continuare la sua repressione delle rivolte e di incontrarsi varie volte in scontri armati con le forze delle repubbliche separatiste. Anche se queste azioni perpetrate dal governo di Kiev in base ai trattati comportano una grave violazione, l’Occidente chiede volontariamente gli occhi su ciò, preferendo di gran lunga avere l’Ucraina come alleato che far finire la guerra. Ciò determina gravi condanne sia da parte della Russia che delle varie repubbliche separatiste, che si sentono sempre di più come in guerra con l’Occidente. Con il passare degli anni e il continuo avvicinamento dell’Ucraina alla Nato, al contempo massicciamente riarmata dall’Occidente1, e dopo aver cercato una soluzione diplomatica alla crisi ucraina, proponendo anche un documento in 10 punti che però viene rifiutato dalla Nato2, il 24 febbraio 2022, inizia l’operazione militare russa contro l’Ucraina, motivata con l’espansionismo Nato a ridosso dei confini russi costituente una minaccia alla sicurezza nazionale e le repressioni militari attuate dal governo di Kiev nel Donbass (Carta 6).
Un’azione prevista già da tempo, dato che funzionari del governo russo hanno già in passato criticato la partecipazione statunitense negli affari interni ucraini, avvertendo di una possibile escalation, ma tutti questi avvertimenti vengono volutamente ignorati dall’Occidente. Ma questa guerra non è semplicemente una guerra per procura, come poteva essere la guerra civile in Angola, in cui i veri contendenti erano la Nato e il Patto di Varsavia, bensì la guerra questa volta si svolge direttamente sui confini russi, con la partecipazione attiva di una potenza mondiale che sente sotto minaccia la propria sicurezza nazionale. Una situazione molto diversa e rischiosa.

La situazione in Ucraina però non è unica nel suo genere nello spazio ex sovietico, bensì anche in un paese confinante ad essa, ovvero la Moldova (nome ufficiale in rumeno della Moldavia), ci sono nuove proteste, stati autoproclamati e movimenti indipendentisti formati al suo interno. La Transnistria è uno di quelli; un paese non riconosciuto oltre il Dnestr (fiume della Moldavia), ancora sentimentalmente legato alla ex Unione Sovietica e richiedente la protezione russa. Un altro paese non riconosciuto all’interno della Moldavia è la Repubblica di Gagauzia, ancora meno nota ma anch’essa richiedente la protezione russa (carta 7).

Il crescente antioccidentalismo e le future conseguenze
Ormai il progetto di estensione del dominio Nato e statunitense sta diventando sempre più noto. Si invitano sempre nuovi paesi in un’alleanza che doveva essere disciolta alla caduta dell’Urss, ma ciò sta portando a un crescente fenomeno di antioccidentalismo in molte regioni del mondo, arrivato a livelli così alti visti solo durante la guerra del Vietnam. Molti partiti o organizzazioni che seguono questa linea stanno prendendo piede in tutto il mondo, perseguendo la totale indipendenza dalla Nato o almeno una diminuzione del dominio statunitense. In Europa, soprattutto nei paesi Nato, stanno organizzando proteste e marce popolari per la fine del conflitto ucraino, auspicando il dialogo al posto del continuo finanziamento alla guerra. Questo dimostra come il modo statunitense di spingere verso l’unilateralismo sia fallito, anzi sembra che ciò stia aggiungendo benzina al fuoco antioccidentale che stava fremendo nel Sud del mondo già dai tempi del Vietnam. Soprattutto questo sentimento non può che crescere a seguito dei vari conflitti che vengono alimentati da tale politica egemonica.
* Classe 2E del Liceo Classico Galilei di Pisa, attività svolta nell’ambito del progetto Contemporanea…mente
Note:
1 Secondo L’Ispra di Stoccolma la spesa militare ucraina nel decennio 2013-2022 subisce l’eccezionale aumento del 1661%, il più elevato mai registrato nella storia dell’istituto.
2 Alla fine del 2021, Putin ha presentato un progetto di Accordo sulle misure per garantire la sicurezza della Federazione Russa e degli Stati membri dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico. Oltre a una bozza di disposizioni che limitano il posizionamento di forze Nato in prossimità della Russia, la bozza di accordo invita “tutti gli Stati membri dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico [a] impegnarsi ad astenersi da qualsiasi ulteriore allargamento della Nato, compresa l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati”. Purtroppo, il 16 gennaio 2022, gli Stati Uniti e altri paesi della Nato hanno respinto categoricamente l’invito a porre fine all’allargamento. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha poi approfondito lo stesso punto, come accennato nell’introduzione. Cfr. Il ruolo dell’allargamento della Nato nella guerra in Ucraina di Jeffrey D. Sachs professore universitario e direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University, https://www.jeffsachs.org/newspaper-articles/6asybagxhw8ae74ljsd7y5jff6g6js.
Immagine: gov.si, Odprtje fotografske razstave z naslovom NATO 75 let, Slovenija in NATO 20 let ter okrogla miza 2024-03-27, da wikimedia commons
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