Astensione e Indice di Legittimità Democratica (Non è vero che Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni)

di Fulvio Bellini

“Se le elezioni servissero a qualcosa le avrebbero già abolite.”
Ambrose Bierce

Un’articolata analisi post voto europeo in Italia, Germania e Francia che pone riflessioni interessanti sui flussi elettorali su cui confrontarsi.

Premessa: l’era post democratica fa un passo avanti con le elezioni europee

Si sono appena tenute le elezioni del Parlamento europeo, dal 6 al 9 giugno 2024, i cui esiti sono stati ricchi di spunti di analisi e riflessione politica per almeno tre paesi: Germania, Francia ed Italia. Sarà quindi opportuno approfondire le tre questioni con specifici articoli, anticipando fin da ora i temi: per la Germania il dato significativo si può sintetizzare nella contraddizione che si è verificata all’interno del loro Partito Unico che, a differenza di quello italiano, non copre tutto l’arco costituzionale: ne sono fuori per ora Allianz für Deutschland a destra e Bündnis Sahra Wagenknecht a sinistra, i due partiti che hanno avuto maggior successo dopo la Cdu-Csu. In Germania si è entrati nella sindrome del “bunker di Berlino”, atteggiamento politico complesso che va analizzato appositamente. In Francia il tema è l’opposto: lo spirito “rivoluzionario” francese ha fatto capolino nella mente del presidente Macron, che ha reagito alla batosta elettorale con una decisione apparentemente suicida: se hai appena perso le elezioni europee, perché sciogli le camere ed indici le elezioni politiche per il 30 giugno ed il 7 luglio sapendo bene di correre il serio rischio di peggiorare ulteriormente il risultato politico di La République En Marche, e di consegnare scientemente il governo alla destra estrema di Rassemblement National? Vedremo nell’analisi di quella politica che invece vi è un piano preciso e non è frutto di spirito vendicativo e suicida dell’inquilino dell’Eliseo; in quel paese il fenomeno del Partito Unico è in uno stadio primitivo rispetto ai confinanti meridionali ed occidentali permettendo una certa agibilità politica sconosciute a Berlino e Roma, provincie imperiali americane particolarmente asservite. Infine vi è il dato significativo italiano, dove il Partito Unico copre tutto l’arco costituzionale, ma dove lo stesso ha compiuto un’interessante evoluzione sulla strada della semplificazione della sua struttura interna, lo vedremo. Il tema delle elezioni italiane però è un altro, e riguarda l’altissima percentuale di astensione che è stata raggiunta nella tornata europea nel Bel Paese, i cui dati sono clamorosi; vedremo anche quelli. In questo articolo svilupperemo le seguenti tesi: l’Astensionismo è la conseguenza diretta della presenza di un Partito Unico forte; il Partito Unico promuove politicamente l’Astensionismo ed i mass media di regime lo inducono quotidianamente; grazie all’Indice di Legittimità Democratica scopriremo che non è vero che Fratelli d’Italia e Partito Democratico hanno vinto le elezioni, è vero che hanno aumentato il loro grado d’usurpazione del potere. 

Il Partito Unico ed il Non Partito degli Astenuti

Le ragioni della crescente astensione sono ovvie nella loro manifestazione esteriore, meno se non si introduce l’elemento “presenza di un Partito Unico”. Accenniamo per correttezza di esposizione quali sono i motivi “esteriori” che alimentano l’astensionismo: lontananza dei partiti dalle esigenze dei cittadini, sostanziale inaffidabilità delle promesse elettorali, crisi sociale ed economica completamente non gestita dal governo, una produzione di leggi contraddittorie ed ingiuste soprattutto nei confronti della fascia di popolazione più debole eccetera. Approfondiamo adesso l’analisi: innanzitutto occorre sottolineare l’importanza di affrontare il tema con un certo ordine analitico per il quale, ad esempio, le percentuali vanno interpretate in modo corretto. I dati meno veritieri sui risultati sono quelli maggiormente pubblicizzati dai mass media di regime: il 28,76% di Fratelli d’Italia, ala destra del Partito Unico, oppure il 24,11% del Partito Democratico, ala sinistra del Partito Unico, e via snocciolando i risultati di tutti gli altri partiti. Tali percentuali sono riferite ai votanti, che sono stati solo il 45,66% degli aventi diritto, mentre sotto il profilo dei risultati vale il seguente ragionamento: il Partito Unico è minoritario nel paese non avendo nemmeno raggiunto il 50% degli aventi diritto, gli Astenuti sono maggioranza con il 53,34%; in ogni competizione elettorale il Partito Unico risulterebbe sconfitto. Stiamo quindi introducendo un concetto del tutto particolare: il confronto impossibile tra un partito ed un non-partito; tale passaggio è fondamentale ed occorre esplicitarlo tramite le definizioni dei due schieramenti: il Partito Unico è una comunità di partiti borghesi che hanno una medesima politica estera, atlantismo fanatico, ed una medesima politica economica, neoliberismo portato alle sue estreme conseguenze che, nel 2024, si sta concretizzando nell’austerità imposta alle classi subalterne. I partiti, ovvero le correnti del Partito Unico, si presentano alle varie competizioni elettorali differenziandosi su aspetti secondari: come i diritti civili contemplati solo nel caso siano individuali e non prevedano anche quelli sociali ed economici; la critica ai comportamenti ed agli stili di vita più o meno “green”; la critica alle opinioni più o meno “politically correct”, ad esempio sull’immigrazione eccetera. La regola generale da osservare scupolosamente è che ci si può dividere solo su argomenti politici che non mettono in discussione la fedeltà agli Stati Uniti ed alle loro decisioni: dalla politica militare a quella energetica; che non si disturbino gli interessi delle élite apolide del denaro: grandi banche, società finanziarie internazionali eccetera, per essere ancora più chiari: non è possibile contraddire la cosiddetta “Agenda Draghi”, che anche se non è stata mai scritta è il programma del Partito Unico italiano. Gli astenuti, invece, formano il Non-Partito che dalle elezioni europee è la maggioranza assoluta nel paese. Ovviamente la definizione di “Non-Partito” deriva dal fatto che si tratta di una comunità di cittadini che esprime per la grande maggioranza voti d’opinione, e che ha assunto la precisa consapevolezza della totale assenza di una reale opposizione, di una vera alternativa. Gli astenuti, quindi, formano un non-partito, in quanto non si tratta di “non-voto” organizzato, tuttavia essi esprimono una chiara indicazione politica, un solo ma chiaro punto programmatico: la ricerca di un’alternativa al Partito Unico. Questa è la ragione per la quale il Non-Partito degli Astenuti può diventare un partito dalle percentuali di due cifre. Tale “trasformazione” si è già verificato in passato con la vicenda del Movimento 5 Stelle. La potenzialità del Non-Partito degli Astenuti si è dimostrata talmente elevata da potere germinare un movimento che da zero voti è divenuto partito di maggioranza relativa nella precedente legislatura, esprimendo il capo del governo e numerosi ministri. Ed è sempre questa la ragione per la quale, alle elezioni europee, lo stesso Movimento 5 Stelle ha subito la maggiore sconfitta, data la grande permeabilità elettorale esistente tra il movimento di Conte ed il Non-Partito degli Astenuti. È possibile abbozzare una prima descrizione del non-partito del non-voto italiano: si tratta di cittadini che sono capaci di voto d’opinione; non condividono le parole d’ordine dell’atlantismo; non beneficiano del sistema economico neoliberale; il Non-Partito degli Astenuti è per la maggior parte espressione delle classi subalterne e popolari, quelle maggiormente danneggiate dalle politiche del Partito Unico. Questi non elettori sono in attesa di entrare in contatto con un nuovo movimento politico capace di parlare a loro e di riportarli al voto, vedremo come nel capitolo finale dell’articolo.

L’Indice di Legittimità Democratica Ild

Abbiamo visto che l’alta astensione è diretta conseguenza e segnale rivelatore della presenza di un forte Partito Unico. Lo scopo del Partito Unico è quello di scongiurare ogni possibile e reale opposizione prima ed alternativa poi. Ai principi programmatici identici in politica estera ed economica, si somma il ruolo mistificatorio e propagandistico dei mass media di regime, che fungono da complici e megafono del Partito Unico. Ad esempio, non è affatto vero che Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni europee, e tale affermazione è verificata grazie all’Indice di Legittimità Democratica Ild. Questo indice nasce dall’articolo 1 della Costituzione italiana laddove dichiara solennemente che: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, si intende quindi che il corpo elettorale nella sua interezza sia la fonte suprema della legittimità di un parlamento e di conseguenza di un governo, e che tale sovranità venga trasferita a tali organi costituzionali tramite le elezioni. L’indice indaga tale effettivo trasferimento di legittimità; potremo constatare che tale trasferimento è assai minore di quanto si pensi e che quindi vi sia una particolare forma di usurpazione da parte del Partito Unico e delle sue correnti interne che beneficiano di un potere decisamente superiore rispetto all’effettiva aliquota d’investitura democratica ricevuta: ecco il sintomo maggiormente nascosto della postdemocrazia nella quale stiamo vivendo. Vediamo questo meccanismo perverso attraverso il seguente raffronto tra le europee appena tenutesi e le elezioni politiche del 2022. Alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 Fratelli d’Italia (fonte ministero degli Interni) ottenne 7.301.303 voti, pari al 25,98% dei suffragi in rapporto ai voti validi che furono 29.413.657, il 63,91% degli aventi diritto. In quel caso, l’Idl cioè il rapporto tra i voti presi dal partito della Meloni ed il popolo sovrano nella sua interezza, 46.021.956 votanti alla Camera dei Deputati esclusa la Val d’Aosta, fu del 15,27%. In altre parole, Fratelli d’Italia fu in grado di vincere le elezioni, assicurarsi la maggiore delegazione di deputati e poter indicare il presidente del Consiglio al capo dello Stato per l’incarico (tale è ancora oggi la procedura costituzionale) facendo lo “sforzo” di convincere appena il 15,27% dell’elettorato. Come noto la vittoria fu di tutta la coalizione di centro destra, ma anche in questo caso l’Idl non varia in modo significativo: 12.305.014 suffragi alla coalizione pari ad un Idl del 26,73%. In sintesi, il gabinetto Meloni sgoverna questo Paese non avendo il sostegno del 73,27% del popolo sovrano: dal punto di vista delle forze di maggioranza si è trattato di entrare in un autentico paradiso elettorale: il massimo beneficio a fronte della minima investitura. Alle elezioni europee del 8 e 9 giugno 2024, Fratelli d’Italia ha ottenuto 6.705.189 voti, pari al 28,80% dei suffragi in rapporto ai voti validi che sono stati 23.277.926, il 46,97% degli aventi diritto. In quel caso, l’Idl cioè il rapporto tra i voti presi dal partito della Meloni ed il totale del popolo sovrano nella sua interezza, 49.552.399 cittadini, è stato del 13,53%, con una perdita di legittimità democratica del 1,74% rispetto alle politiche 2022. In altre parole, Giorgia Meloni ha potuto essere spacciata dai mass media di regime, non solo nostrani ma pure internazionali in occasione del recentissimo summit G7 in Puglia, come l’unico leader forte di fronte a colleghi europei usciti con le ossa rotte dall’ultima tornata elettorale. Nel mondo orwelliano nel quale viviamo perdere 596.114 voti tra il 2024 ed il 2022 in una elezione europea che contava un corpo elettorale maggiore di 3.530.443 cittadini ha significato vincere alla grande. Ma non è neppure questo il punto saliente: lo è la constatazione che Fratelli d’Italia può portare 25 deputati al Parlamento di Strasburgo non contando sul 86,47% di consensi degli elettori italiani. A questo punto non solo Fi si è inoltrato nel Paradiso terrestre delle elezioni ma si è ritrovato direttamente di fronte all’Albero del Bene e del Male. A mio avviso si può quindi affermare che ci troviamo nell’era postdemocratica non solo per l’affermazione del Partito Unico, cinghia di trasmissione dell’“Agenda Draghi”, sintesi di atlantismo e neoliberismo stile Javier Milei, anche se sarebbe più corretto affermare il contrario, ma anche per il clamoroso divario tra la reale legittimazione che il popolo sovrano concede al partito attraverso le urne e l’effettiva rappresentanza parlamentare e governativa che il medesimo partito ottiene. L’indice di legittimità democratica, invece, mostra da un lato quale sia il reale grado d’investitura ricevuta da un partito a governare, e dall’altro perché il Partito Unico possa agevolmente perseguire politiche sfacciatamente a favore di potenze straniere o potentati locali senza particolari remore e conseguenze, rappresentando piccole minoranze della società italiana. 

Il Partito Unico si semplifica al suo interno

I mass media di regime, soprattutto i portavoce del sionismo italiano come La7 e «la Repubblica», non solo hanno illustrato la “vittoria orwelliana” di Giorgia Meloni, ma anche quella di Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico. Anche in questo caso, facendo riferimento in modo sintetico all’Ild, vediamo quale sia stato l’effettivo grado di consenso: in occasione delle elezioni del 2022 il Pd ottenne 5.348.676 suffragi pari ad un indice Ild del12,18%, mentre alle europee i voti sono stati 5.605.567 pari ad un Idl del 11,31% in quanto a fronte di un minimo aumento dei voti in termini assoluti (256.891) la platea degli aventi diritto rispetto alle politiche 2022 per la Camera dei Deputati è stata maggiore di oltre tre milioni di possibili votanti. Anche in questo caso, quindi, la vittoria del Pd è stata di tipo “orwelliano”: il Pd ha potuto portare a Strasburgo 20 deputati non contando sull’approvazione del 88,69% dell’elettorato italiano: se Fratelli d’Italia si bea della contemplazione dell’Albero del Bene e del Male da destra, il Pd lo fa da sinistra. Per la nostra analisi è utile notare che i “buoni risultati” sbandierati dai mass media di regime sia di Fratelli d’Italia che del Pd nascono da una cannibalizzazione del voto effettuata nei rispettivi schieramenti: Fratelli d’Italia ai danni della Lega di Salvini, il Pd in percentuale minore ai danni del Movimento 5 Stelle. Più in generale, il sistema mediatico spinge l’acceleratore della propaganda perché il Partito Unico si semplifichi al suo interno giungendo ad un sostanziale modello bipolare destra-sinistra per diminuire il rischio di fronde interne, come potrebbero essere Lega e Movimento 5 Stelle in crisi di consenso. La ragione strategica di questa spinta risiede nel fatto che già quest’anno per gli italiani meno abbienti e per coloro che non possono evadere le tasse si aprirà uno scenario di ulteriore austerità, concordata tra il commissario europeo Pd Paolo Gentiloni e la premier Fi Giorgia Meloni (per chi strabuzzasse ancora gli occhi davanti al concetto di Partito Unico), accompagnata dal crescente pericolo di mandare soldati a morire in Ucraina, non sotto le insegne Nato, in quanto gli americani non ci pensano neppure, ma sotto forma di “Coalition of the willing”. Se Giorgia Meloni non si mostrasse in grado di farlo, impedita dalla sua eccessiva “italianità” e vittima del suo opportunismo, certamente lo farebbe Elly Schlein, la quale appartiene alla stessa “famiglia politica” del presidente ucraino Zelensky, non avendo particolari legami con l’Italia ed essendo protetta dai passaporti svizzero e soprattutto statunitense. Vi è poi un’altra ragione, tra le tante, di questa spinta che risiede nella necessità di diminuire i “contraenti” degli accordi pre-elettorali che stanno aumentando considerevolmente di valore. In passati articoli abbiamo spiegato come non esista un solo modello di voto, bensì tre diverse tipologie: il voto d’opinione, quello libero che è confluito nel Non-Partito degli Astenuti, il voto organizzato e quello clientelare che a loro volta si stanno evolvendo per adeguarsi al loro ruolo crescente, pesando oggi molto di più che nel passato. Sia il voto organizzato che quello clientelare, inoltre, introducono involontariamente temi di analisi politica e sociale assai interessanti. Ad esempio, la crescente funzione potenziale del voto organizzato porta con sé due problematiche rilevanti: il ruolo che la Chiesa cattolica intende avere nel panorama politico italiano da un lato; il ritorno ad una particolare forma di corporativismo informale dall’altro. Ne possiamo fare due accenni veloci. È indubbio che la perdita del partito di riferimento, la Democrazia cristiana, ha progressivamente eroso le dimensioni del “pacchetto di voti” che la Cei, tramite le sue diramazioni locali parrocchie ed organizzazioni territoriali, disponeva nel passato. Questa erosione è stata sia quantitativa che qualitativa: la prima a causa del progressivo invecchiamento del voto cattolico, tipico di classi di età più avanzate e quindi soggette alla diminuzione per cause naturali; qualitativo perché il voto cattolico non è stato in grado di attecchire con la stessa forza avuta nel passato sulle giovani generazioni, cresciute in un ambiente maggiormente laicizzato dove cultura ed influenza della Chiesa sono state volutamente osteggiate. Le gerarchie ecclesiastiche non sottovalutano questo aspetto, perché sono consce di avere forti nemici che non sono disposti a fare sconti: ad esempio sanno di avere un’influenza marginale sul Partito Unico che invece è saldamente guidato dal sionismo internazionale tramite quello italiano, indirettamente attraverso Meloni e direttamente attraverso Schlein, le cui politiche sia nei confronti della guerra in Ucraina che a Gaza sono sostanzialmente identiche. Ma il voto organizzato non si ferma a quello cattolico; il timore reverenziale che Fratelli d’Italia ha mostrato nei confronti, ad esempio, della corporazione dei taxisti, di quella dei balneari, di quella degli auto trasportatori e via discorrendo dimostra che alcune categorie economiche sono in grado di organizzare ed indirizzare il proprio voto, rendendolo quindi contrattabile. Le correnti del Partito Unico, quindi, non debbono solo mercanteggiare il consenso, come tradizionalmente fanno, con le organizzazioni datoriali oppure i sindacati, ma pure con un certo numero di altre organizzazioni economiche che, tramite scioperi e serrate, dimostrano un grado organizzativo e quindi d’indirizzamento del voto dei propri aderenti. La semplificazione degli schieramenti all’interno del Partito Unico serve a costringere tutti questi gestori di voti a dover confrontarsi con il minor numero possibile di potenziali “clienti”: Fratelli d’Italia oppure il Partito Democratico. Diverso il discorso sul voto clientelare perché sotto questa voce si entra nel mondo del controllo sociale che le organizzazioni mafiose sono in grado di esercitare su estese parti del paese, influenza che viste le crescenti miserie popolari, invece di diminuire sta aumentando. Non si tratta nemmeno di circoscrivere questo controllo al solo Meridione d’Italia, come i recenti casi di Bari e Catania hanno ampiamente dimostrato, ma anche su parti periferiche delle metropoli del nord, come documentato dal caso di Torino. Tuttavia, se in Italia esistesse un giornalismo d’inchiesta, si scoprirebbe che il voto di scambio mafioso non è un fenomeno isolato a macchia di leopardo, bensì di un sistema esteso e radicato. Sorge quindi spontaneamente una domanda: come si fa a credere allo Stato in guerra contro le mafie se parti sempre maggiori del corpo degli eletti e degli elettori sono espressione indiretta oppure diretta di tali mafie? Infine rimane da citare una particolare forma di voto che si pone a cavallo tra una forma degenerata di voto d’opinione ed un altrettanto degenerata modalità di voto organizzato: si parla dell’esteso partito informale e trasversale degli evasori fiscali, tenuto sempre in massima considerazione dal Partito Unico di cui è uno dei maggiori “azionisti elettorali”. Le dimensioni di questo partito sono sostanzialmente sconosciute ma la rendita politica sotto forma di mancato contrasto all’evasione è di quasi 200 miliardi l’anno: “La grande evasione italiana: 198 miliardi nei paradisi fiscali, quasi il 10% del Pil” titola «il manifesto». Siccome in Italia la tolleranza dell’evasione è una precisa scelta politica del Partito Unico, sarà interessante vedere se quest’autunno, quando dovrà calare l’ennesima mannaia sui soliti noti, si vorrà prendere in considerazione questo autentico tesoro alla luce del sole. 

Parlare al Non-Partito degli Astenuti 

Abbiamo visto che il non-partito del non-voto è in grado di germinare movimenti capaci di diventare in pochissimi anni maggioranza relativa nel paese e di nominare capi di governo e ministri; questa è stata la storia recente del Movimento 5 Stelle. Il Non-Partito degli Astenuti ha un solo punto di programma: cercare un movimento di opposizione ora e di alternativa domani. Il Movimento 5 Stelle, tramite il suo istrione Beppe Grillo, fu in grado d’instaurare un dialogo con parte di questo grande non-partito, e fu in grado di convincerlo a trasferire sul suo movimento un’importante aliquota di non voto. L’esperienza del Movimento 5 Stelle andrebbe quindi studiata da chiunque voglia instaurare un rapporto con il Non-Partito degli Astenuti, cercando di capire non tanto i messaggi di Grillo, quanto i principi da lui seguiti nel mandare tali messaggi. Il comico genovese ha usato termini non utilizzati dai partiti tradizionali e si è posto come movimento antisistema, ma soprattutto ha avuto il coraggio di passare come “politically incorrect”. Il fatto stesso che il Movimento 5 Stelle stia omologandosi al Partito Unico, sia nella politica nei confronti di Kiev che di Gaza, cartine al tornasole dell’adesione a tale blocco, ha causato il ritorno di parte rilevante del suo elettorato al Non-Partito degli Astenuti. Qualunque nuovo partito si voglia confrontare nell’arena politica italiana, ad esempio il Movimento per la Rinascita Comunista, si trova di fronte a delle scelte strategiche: pensa di sottrarre voti al Partito Unico oppure ritiene di rivolgersi al Non-Partito degli Astenuti? Nel primo caso non avrebbe nessuna speranza vista la risibile aliquota del voto d’opinione e la preponderanza di quello organizzato e clientelare. Nel secondo caso non avrebbe nessuna speranza se pensasse di rivolgersi ad esso usando le medesime parole d’ordine dell’ala sinistra del Partito Unico, l’Alleanza Verdi e Sinistra ad esempio. Tuttavia parlare al Partito Unico degli Astenuti con parole nuove necessita di un coraggio e di una chiarezza politica affatto trascurabili. La riprova di quanto affermato è immediatamente riscontrabile nelle recenti elezioni europee in Germania dove a fare da controcanto al successo dell’estrema destra di Allianz für Deutschland è stata a sinistra Bündnis Sahra Wagenknecht, che si è immediatamente dimostrata fastidiosa agli occhi del Partito Unico tedesco (che va dai Liberali, alla Cdu-Csu, ai Verdi, Socialdemocratici e Linke). Sahra Wagenknecht, ed alle sue spalle il suo mentore e marito Oskar Lafontaine, ha attaccato l’Afd sul suo terreno programmatico, ma dal punto di vista genuinamente socialdemocratico delle origini. Il Partito Unico, pronto a ricrearsi una verginità politica accusando Afd di essere un partito neo nazista, si trova anch’esso attaccato da sinistra da un movimento che è stato in grado di creare un contatto con l’elettorato tedesco. Ecco la ragione per la quale il sistema mediatico si è affrettato ad applicare al Bsw l’etichetta di rossobruni oppure di sovranisti di sinistra come riportato anche dal giornale della sinistra neoliberale italiana, «il manifesto»: “Sovranisti alla riscossa, Sahra Wagenknecht scala i sondaggi”. «il manifesto» non ha potuto, dato il suo rarefatto valore intellettuale, e non ha voluto, dato il suo fanatismo neoliberale, comprendere che Wagenknecht ha scelto di creare un contatto ed un dialogo con coloro di cui nessuno si cura: la maggioranza dei lavoratori tedeschi. Quale è stata la loro risposta? Il Bsw è passato da nessun voto ad essere la quinta forza politica tedesca con il 6,2% dei consensi e 6 seggi conquistati a Strasburgo. La Linke, divenuta l’ala sinistra del Partito Unico neoliberale è scesa al 2,7% perdendo 3 seggi al Parlamento europeo. Dopo aver studiato i principi coi quali Beppe Grillo ha creato un rapporto con il Non-Partito degli Astenuti, andrebbe studiato quali sono i punti politici e programmatici di una proposta inizialmente socialdemocratica che il MpRC potrebbe fare al Non-Partito per instaurare una relazione, e per iniziare un percorso di trasformazione di non-voti in consensi comunisti. Tuttavia, ritorna il tema del coraggio di cambiare paradigmi politici presenti da decenni, e che sono forti da sradicare anche se hanno portato il movimento comunista italiano alla totale marginalità: ad esempio, è possibile parlare dei problemi della maggioranza dei lavoratori senza specificare sempre che vi sono anche quelli immigrati? Si ha il rigore di accostare sempre, allorquando si critica il governo Meloni per la sua disastrosa politica, il Partito Democratico che se fosse al governo farebbe almeno le stesse cose? Si possiede il coraggio di anteporre gli interessi della maggioranza dei lavoratori a quelle delle varie minoranze di carattere religioso e sessuale, che infine hanno il compito di tutelare la vera minoranza del mondo neoliberale: quella dei ricchi? Sia chiaro, abbiamo posto solo delle domande, e non delle indicazioni politiche, solo allo scopo di sottolineare quale sia la portata di un’analisi esauriente dell’enorme voto di astensione italiano.

Immagine: Foto di Arnaud Jaegers su Unsplash

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