di Manuel Monereo *
È la Nato che fissa l’agenda, precisa i tempi, indica le politiche commerciali, le sanzioni e i sanzionati, le posizioni su Israele e sull’Iran, le politiche economiche e il ruolo del complesso militare-industriale e scientifico. Un’analisi sull’Occidente e le strade intraprese anche attraverso il linguaggio e le parole d’ordine impongono “idee zombie”, concetti privi di contenuto lanciate dal mainstream globale
Ho letto per la prima volta l’espressione “idee zombie” in un libro di Ulrich Beck, intitolato Libertà o capitalismo. Poi l’ho ritrovata molte volte qua e là, e l’ho saltuariamente usata. Le idee zombie sono concetti privi di contenuto, espressioni che ebbero un senso in un certo momento, ma che con il passare del tempo e soprattutto con il mutamento delle circostanze storiche, sono diventate inutili, inservibili. Tuttavia – e qui appare evidente la loro caratteristica specifica – vengono usate di continuo, ripetute spesso e quando arrivano le campagne elettorali pretendono di recuperare parte della loro antica forza persuasiva.
Le elezioni europee sono le più favorevoli a questi esperimenti anacronistici. “Più Europa” si combina con “Tutti contro l’estrema destra”, passando per timidi appelli a una “Europa dei diritti”, “femminista” e “sociale”. I più audaci parlano perfino di guerra, di riarmo e di militarizzazione; appare Gaza e lo sterminio quotidiano di palestinesi (bambini, giovani, donne, anziani). L’estrema destra vociferante vuole farsi sentire, alza la voce ed esercita minacce con la forza fisica. Le elezioni europee sono ideali per definire profili, delimitare spazi e acquisire fonti di finanziamento personali o per il partito. I più esperti si preoccupano che l’aspetto “nazionale” opacizzi o respinga in secondo piano quello “europeo”. Queste elezioni – insistono – sono molto importanti, decisive, ci fu un momento in cui le si definiva “costituenti” o quasi. Parole al vento.
Bisogna capire. Il fatto è che queste elezioni sono di scarso interesse, non perché la gente consideri che le decisioni prese nella cupola, non siano importanti, al contrario sa che sono importanti, tanto importanti e decisive al tal punto che il suo voto non determina nulla. Le decisioni fondamentali sono già state prese, le politiche di fondo sono già in via di realizzazione e il loro finanziamento è già in corso. Il voto non cambierà nulla. Fare la guerra, sconfiggere la Russia o impedire che vinca Putin, sono decisioni che segneranno il nostro futuro prossimo. Guerra, escalation, conflitto generale, nucleare o meno, il grande problema è la linea di demarcazione. Verrà definita con queste elezioni? Non sembra. È la Nato che fissa l’agenda, precisa i tempi, indica le politiche commerciali, le sanzioni e i sanzionati, l’allontanamento dalla Cina, la posizione su Israele e sull’Iran. Il tipo di politiche economiche e il ruolo dei comparti militare, industriale e scientifico e la loro connessione con l’Intelligenza Artificiale. Il consenso diffuso in materia di migrazioni ci dice – oltre la retorica – che per la classe politica siamo di fronte a un problema di sicurezza e di natura politico-militare circa il controllo e l’uso delle popolazioni.
La “grande transizione geopolitica” che viviamo sottolinea la presenza costante di “idee” che rapidamente diventano “zombie”, che costantemente ripetute, invadono i titoli dei giornali e ogni volta hanno minor significato. Si parla da anni di cordone sanitario contro l’estrema destra, con dichiarazioni solenni, promesse di non governare mai con i fratelli della Meloni o i duri di Abascal. Le destre estreme iniziano però a essere funzionali alla “nuova” Unione Europea che sta sorgendo nella guerra e con la guerra. Una Ue più americana, che difende a oltranza un Occidente in pericolo, intimorita di fronte a possibili invasioni barbariche. I liberali di tutti i partiti non lo capiscono e Sanchez non spaventa nessuno. Il problema è che occupa (così giudicano) uno spazio di potere che dovrebbe stare in altre mani, adesso più che mai. Non preoccupa per quel che fa, ma per quel che impedisce di fare.
L’Unione Europea in guerra vuole rafforzarsi secondo il vecchio modello nazionale-statale, definendo i nemici e rafforzando la propria coesione interna: non si può costruire l’Europa “potenza e fortezza” senza gli Stati, senza le nazioni, senza l’impegno delle popolazioni. Il pendolo si muove ora dalle politiche di integrazione alle politiche di consolidamento statale, soprattutto se bisogna militarizzare le società, tornare al servizio militare obbligatorio e dedicare grandi risorse al complesso militare-industriale. Le destre nazionaliste estreme sono perfette per il mondo che sopravviene, per garantire che le destre cambino e che la sinistra democratico-socialista esca di scena. L’anticomunismo sistematico come mezzo e strumento per satanizzare lo stato sociale, privatizzare i servizi pubblici e – soprattutto – liquidare i diritti sindacali e del lavoro. Sono sovranisti senza sovranità popolare, alleati strategici degli Stati Uniti, sostenitori del “liberismo della paura” e coerenti difensori dei valori tradizionali.
Il neoliberismo è qualcosa di più di teoria, pratica politica e definizione strategica, è una matrice di potere, struttura e organizzazione di un blocco politico al servizio dei grandi monopoli finanziari e industriali. Il motto “non c’è alternativa” è diventato senso comune di massa, un modo normalizzato di fare politica. Si usa ripetere che è più facile immaginare la fine dell’umanità piuttosto che la fine del capitalismo. Che cosa significa tutto questo? Significa che siamo obbligati a convivere con una barbarie che non dispone di un orizzonte storico alternativo, significa che dall’immaginario delle classi subalterne è sparita la necessità e la possibilità di un modo di produrre, di consumare e di vivere diverso dal capitalismo dominante, che le crisi accelerano il processo di decadenza e che l’involuzione sociale e culturale è molto avanzata.
La fine della globalizzazione, la fine dell’egemonia americana e la fine del neoliberismo, fenomeni in apparenza slegati, tendono sempre più a convergere nello spazio e nel tempo. Nel passato si pensava che il neoliberismo sarebbe stato sconfitto da una coalizione di forze popolari e democratiche che – come in America Latina – avrebbero aperto la strada a una nuova società e a nuove forme di fare politica. Non sarà così. Si sta verificando un superamento del neoliberismo, ma ad opera della destra. La “grande transizione egemonica”, il declino dell’Occidente collettivo e l’ascesa del Sud globale è incompatibile con la globalizzazione ed esige la spinta e le risorse degli Stati nazionali.
Non è un caso che Israele si trovi al centro del dibattito. Nelle manifestazioni europee di Vox si ripetevano in coro le parole d’ordine a favore degli Stati Uniti e di Israele. Ripeto, non è un caso. La foto di Abascal con Netanyahu non è il passato, è il futuro sempre più possibile, sempre più praticabile politicamente. Il capo del Likud rappresenta questa combinazione – piena e insuperata – fra tradizione e modernità capitalistica, un universo concettuale che lega insieme la lettura della Bibbia come storia di un popolo eletto e le nuove tecnologie di vigilanza e controllo delle popolazioni. Israele è la linea del fronte nella guerra di civiltà, o meglio, fra la civiltà giudeo-cristiana e la barbarie islamica; avanguardia dell’Occidente minacciato, pace armata e mobilitazione permanente di fronte a un nemico sempre in agguato e pronto all’assalto e alla conquista.
Siamo alle battute finali di una campagna elettorale caratterizzata dagli insulti e dal discredito degli avversari, ma soprattutto dall’assenza di un reale dibattito sui dilemmi e le sfide di un’Unione Europea in corso di mutamento politico e istituzionale e soprattutto da un sistematico occultamento delle gravi conseguenze di una escalation nella guerra contro la Russia, che l’Ucraina sta combattendo su delega della Nato. Stiamo passando da una “guerra limitata” a una “guerra generalizzata”. Pensare che la Russia non userà le sue armi nucleari significa giocare sul filo del rasoio. Dopo le elezioni bisognerà parlare di politica sul serio.
Traduzione di Nunzia Augeri
* Ex deputato di Podemos, saggista e avvocato del lavoro
Immagine: Foto di Fr. Daniel Ciucci su Unsplash
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