24 luglio 2024: la Dichiarazione di Pechino rilancia l’unità del popolo palestinese

di Fosco Giannini

L’incontro tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e i 14 gruppi palestinesi sfocia in una dichiarazione congiunta dal valore storico che ratifica l’unità palestinese e l’avvio di un progetto di soluzione della stessa questione palestinese.

25 luglio 2024: il premier israeliano Benjamin Netanyahu, invitato da Biden, parla a Capitol Hill, al Congresso statunitense. È un discorso, sulla questione di Gaza e sulla questione palestinese, sprezzante, arrogante, non mediato da nessuna tattica politica e da nessuna cautela, un discorso fatto con gli occhi iniettati di sangue, tutto volto alla giustificazione dell’orrore israeliano disseminato a Gaza e con l’intento di avere da Washington altri aiuti economici e militari per poter proseguire il genocidio contro il popolo palestinese: “Sono venuto qui per assicurarvi una cosa, che vinceremo e la nostra sarà una vittoria totale. Quello che sta accadendo non è uno scontro di civiltà, ma tra barbarie e civiltà, tra coloro che glorificano la morte e coloro che glorificano la vita. Per far trionfare le forze della civiltà, Usa e Israele devono stare insieme”.

Un discorso di oltre un’ora, il quarto discorso di Netanyahu al Congresso nordamericano, portato avanti mentre all’esterno di Capitol Hill migliaia di manifestanti filopalestinesi organizzavano una protesta fragorosa, forte, coraggiosa, attaccata duramente dalle forze dell’ordine Usa con i manganelli e lo spray al peperoncino, una protesta subito definita dallo stesso Netanyahu “di utili idioti fomentati dalla dittatura iraniana”. Ma se il presidente israeliano ha potuto liquidare la protesta filopalestinese attraverso la “facile” demonizzazione (negli Usa) dell’Iran, non ha invece avuto modo di liquidare con la stessa veemenza reazionaria le tante proteste levatesi, contro il suo discorso, dal fronte politico statunitense stesso. “Il peggiore discorso al Congresso pronunciato da un leader straniero”: così ha commentato l’ex speaker della Camera americana Nancy Pelosi, una che certo non scherza, peraltro, nella sua politica anticinese e antirussa. Più duro ancora di Pelosi il senatore Bernie Sanders, che pur non essendo ideologicamente in grado, da esponente della “sinistra americana”, di dividere il grano dal loglio, così si è espresso: “Sono d’accordo con la Corte penale internazionale e con la Commissione indipendente dell’Onu sul fatto che Benyamin Netanyahu e Yahya Sinwar siano dei criminali di guerra”. e tante (circa 80), volute e importanti defezioni al Congresso, durante il discorso del premier israeliano, di senatori e politici di entrambi i fronti, democratico e repubblicano, hanno rappresentato un altro segnale del forte disagio di una parte dell’establishment Usa di fronte al genocidio israeliano, anche se l’incontro finale tra Biden e Netanyahu confermerà la politica dello struzzo da parte di Washington e il proseguimento, in versione anti-iraniana, anticinese, antirussa e antimultilateralismo, sia dell’impunità del fascismo israeliano che dell’aiuto economico e militare alle politiche di sterminio di Tel Aviv.

Mentre tutto ciò accadeva a Washington, poche ore prima, attraverso una perfetta rappresentazione plastica dell’attuale polarizzazione tra fronte imperialista e fronte antimperialista del multilateralismo, a Pechino si era svolto un incontro internazionale che potrebbe, per la sua importanza, passare alla storia e potrebbe finalmente offrirsi come una chiave di volta per la soluzione della questione palestinese.

Dal 21 al 23 luglio, infatti, a Pechino, il ministro degli Esteri Wang Yi ha ospitato 14 gruppi palestinesi, tra cui Hamas e al-Fatah, per un summit sfociato in quella “Dichiarazione di Pechino” che sigla, con le firme di tutte e 14 le diverse organizzazioni palestinesi “la fine delle divisioni e il rafforzamento dell’unità palestinese”. Per il Ministro Wang Yi l’incontro “È stato decisivo per giungere alla grande riconciliazione e unità di tutti i 14 gruppi. Il risultato principale è che l’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) è l’unico rappresentante legittimo di tutto il popolo palestinese. È stato raggiunto un accordo sulla governance del dopoguerra a Gaza e sull’istituzione di un governo provvisorio di riconciliazione nazionale”. Un risultato di enorme peso politico internazionale, visto che la Dichiarazione sostiene, peraltro, che“i diversi leader dovranno convergere nella creazione di una tabella di marcia volta all’istituzione di un governo di unità palestinese per organizzare le elezioni e per amministrare la Cisgiordania, Gerusalemme e la Striscia di Gaza”. Un progetto a favore del popolo palestinese evocante una soluzione strategica stessa della questione palestinese e che si presenta in modo diametralmente opposto sia alla “soluzione” israeliana, diretta a costituire una governance, dopo il genocidio, guidata dai coloni israeliani, e totalmente diversa dalla “soluzione” americana, volta ad affidare la gestione politica, nella Gaza post-genocidio, solo ad un gruppo palestinese, il più moderato e più riconducibile all’egemonia di Washington e di Tel Aviv.

La Dichiarazione afferma che i gruppi palestinesi “hanno concordato sul raggiungimento di un’unità nazionale completa che includa tutti i gruppi palestinesi nell’ambito dell’Olp e sull’impegno per la creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite e garantendo il diritto al ritorno come previsto dalla risoluzione 194 e hanno anche concordato di unire gli sforzi nazionali per fermare il genocidio israeliano a Gaza e per resistere ai tentativi di espulsione dei palestinesi dalle loro terre”. Significative, peraltro, le affermazioni, successive al summit, sia di Hamas che di al-Fatah. Mousa Abu Marzook, tra i più alti funzionari di Hamas, ha dichiarato: “Oggi firmiamo un accordo per l’unità nazionale e diciamo che la strada per completare questo viaggio è l’unità nazionale. Siamo impegnati per l’unità nazionale e la chiediamo”. E dello stesso tenore le dichiarazioni di Mahmoud Abbas, presidente di al-Fatah: “L’unità dei gruppi palestinesi ratificata nella Dichiarazione di Pechino è l’unica strada possibile per il popolo palestinese, non solo a Gaza”.

L’importanza della Dichiarazione di Pechino e del progetto di unità di tutto il fronte palestinese che questa dichiarazione contiene è da valutare anche alla luce di un fatto, e cioè che l’ultimo tentativo di riconciliazione tra Hamas e al-Fatah risale all’ottobre 2017 a Il Cairo, quando si giunse ad un accordo guidato dall’Egitto che avrebbe dovuto dar vita ad un nuovo governo unitario a Gaza, un accordo che tuttavia presto sfociò in una guerra fratricida quando, due mesi dopo la firma, il primo ministro dell’Anp, Rami Hamdallah, cadde vittima di un tentato omicidio del quale venne accusata Hamas.

Ha dichiarato Tang Zhichao, analista di politica internazionale dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali (Cass, uno dei “cervelli teorici” del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese): “La politica cinese in Medio Oriente è ovviamente diversa da quella occidentale. C’è urgente bisogno di rimediare alla mancanza di mediazione da parte della comunità internazionale. La Cina deve usare le sue risorse e la sua influenza per attuare un cessate il fuoco globale, duraturo e sostenibile attraverso una conferenza internazionale di pace volta alla soluzione dei due-stati, israeliano e palestinese. Una conferenza e un piano per la Sicurezza Globale più volte messo al centro del dibattito internazionale anche dal presidente Xi Jinping”.

È del tutto evidente che, in questa fase storica, la potenza diplomatica e la forza di avanzare in modo verosimile e praticabile sul piano mondiale progetti di pace (ricordiamo la recente riunificazione diplomatica, condotta dal governo cinese, tra Iran e Arabia Saudita), da parte di Pechino, poggia sulle basi materiali del più grande sviluppo economico della storia dell’umanità, quello cinese, e sul fatto che la pace e la distensione mondiale siano consustanziali allo stesso progetto di collaborazione economica, win-win, tra Stati e popoli che segna di sé la stessa Nuova Via della Seta.

E come, a partire da ciò, da questo successo cinese che ha prodotto i Brics, ora planetari, cambiato il mondo e i rapporti di forza internazionali tra fronte imperialista e antimperialista (a favore di quest’ultimo), sia stata decisiva la scelta di Pechino, nel 1989, di sconfiggere, in un’azione diretta alla difesa della rivoluzione, l’insurrezione filoamericana di piazza Tienanmen.

Va ricordato, peraltro (a dimostrazione di come vi sia un unico filo antimperialista) come lo scorso 4 giugno 2024, nel giorno del 35° anniversario della vittoria rivoluzionaria su Tienanmen, bandiere palestinesi siano state fatte garrire ovunque, dai giovani del Partito Comunista Cinese: da Guizhou (sede della prestigiosa scuola superiore cinese) alla stessa piazza Tienanmen, nella quale un grande e lungo grido si è alzato di condanna contro il genocidio di Israele a Gaza.

Al di là di ogni nostra considerazione, peraltro, sugli esiti del summit, a Pechino, tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e i 14 gruppi palestinesi, pubblichiamo di seguito la Dichiarazione comune (tradotta dalla Redazione di Anbamed) uscita dallo stesso summit.

Dichiarazione di Pechino (23 luglio 2024)

In seguito ad un generoso ed autorevole invito rivolto dalla Repubblica popolare cinese alle organizzazioni palestinesi, si è tenuto nella capitale Pechino un importante ciclo di dialoghi palestinesi con l’obiettivo di unificare la posizione palestinese, per affrontare la guerra di genocidio e l’aggressione israeliana e per porre fine alla divisione interna, in modo da realizzare le aspirazioni del popolo palestinese all’unità nazionale, alla libertà e all’indipendenza nazionale.

I partecipanti esprimono il loro grande apprezzamento per gli sforzi sinceri compiuti dalla Repubblica popolare cinese, sforzi che sono basati sul suo sostegno ai diritti del popolo palestinese e sul suo desiderio di porre fine alla divisione e unificare la posizione politica palestinese.

Sottolineano il pieno appoggio ai nostri fratelli arabi e ai nostri amici nella Repubblica popolare cinese e nella Federazione Russa nel continuare gli sforzi per convocare una conferenza internazionale con pieni poteri per porre fine all’occupazione israeliana e attuare le risoluzioni internazionali pertinenti che riconoscono giustamente i diritti di il popolo palestinese; una Conferenza da tenersi sotto l’egida e gli auspici delle Nazioni Unite e con un’ampia partecipazione internazionale e regionale, come alternativa al monopolio statunitense unilaterale e parziale del processo negoziale.

Alla luce della guerra genocida e della criminale aggressione sionista a cui è sottoposto il nostro popolo, le organizzazioni palestinesi affermano lo spirito positivo e costruttivo che ha prevalso durante l’incontro (di Pechino) e concordano di raggiungere un’unità nazionale palestinese che includa tutte le forze e le organizzazioni palestinesi al suo interno. nel quadro dell’Olp, unico legittimo rappresentante del popolo palestinese.

Le organizzazioni palestinesi rendono omaggio alla fermezza del nostro popolo, alla sua coraggiosa resistenza e alla sua eroica epopea di fronte al genocidio nella Striscia di Gaza, fattori questi che hanno rafforzato il riconoscimento della causa palestinese e hanno ostacolato il tentativo di liquidarla. Salutano anche tutte le forze, i paesi e i movimenti di solidarietà studenteschi, popolari e sindacali che sostengono la lotta del popolo palestinese sul campo, politicamente, legalmente e diplomaticamente.

Le organizzazioni firmatarie affermano il loro fermo rifiuto di ogni forma di tutela e dei tentativi di privare il popolo palestinese del diritto all’autodeterminazione e di quello di scegliere i propri rappresentanti; si batteranno inoltre contro ogni tentativo di confiscare l’autonomia di decisione nazionale indipendente.

I partecipanti hanno concordato sui seguenti punti:

1. Unire gli sforzi per affrontare l’aggressione sionista e fermare la guerra genocida portata avanti dallo stato occupante e dalle bande di coloni, con il sostegno e la partecipazione degli Stati Uniti d’America; per resistere ai tentativi di deportazione del nostro popolo dalla sua terra e patria, la Palestina; per costringere l’entità sionista a porre fine all’occupazione della Striscia di Gaza e del resto dei territori occupati, ribadendo la totale adesione all’unità dei territori palestinesi, tra cui la Cisgiordania, Gerusalemme e la Striscia di Gaza.

2. Le organizzazioni palestinesi accolgono con favore il parere della Corte Internazionale di Giustizia, che ha confermato l’illegalità della presenza, dell’occupazione militare e degli insediamenti israeliani sul territorio dello Stato di Palestina e la necessità di rimuoverli il prima possibile.

3. Sulla base dell’Accordo di Concordia Nazionale, firmato al Cairo il 5/4/2011, e della Dichiarazione di Algeri, firmata il 10/12/2022, continuare a seguire l’attuazione degli accordi per porre fine alla divisione, con l’assistenza dei paesi fratelli, Egitto e Algeria, degli amici nella Repubblica Popolare Cinese e nella Federazione Russa, secondo quanto segue:

  1. Impegno per la creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, in particolare le risoluzioni 181 (spartizione della Palestina in due Stati; del 1947) e 2334 (del Consiglio di Sicurezza, 23 dicembre 2016), e a garantire il diritto al ritorno dei profughi palestinesi in conformità con la risoluzione Onu n. 194 (approvata l’11 dicembre 1948).
  2. Il diritto del popolo palestinese a resistere all’occupazione e a porvi fine, in conformità con le leggi internazionali e la Carta delle Nazioni Unite, e il diritto dei popoli all’autodeterminazione e la loro lotta per raggiungere questo obiettivo in tutte le forme disponibili.
  3. Formare un governo provvisorio di concordia nazionale con la partecipazione di tutte le organizzazioni palestinesi e con la decisione del Presidente, sulla base della carta fondamentale palestinese. Il governo formato eserciterà i suoi poteri su tutti i territori palestinesi in modo che confermi l’unità di Cisgiordania, Gerusalemme e Striscia di Gaza, a condizione che il governo inizi a unificare tutte le istituzioni palestinesi nei territori dello Stato palestinese, avviando la ricostruzione della Striscia di Gaza e aprendo la strada allo svolgimento di elezioni generali sotto la supervisione della Commissione elettorale centrale. Elezioni da tenersi il più presto possibile, in conformità con la legge elettorale approvata.
  4. Fino all’attuazione dei passi pratici per la formazione del nuovo Consiglio nazionale, in conformità con la legge elettorale approvata, e al fine di approfondire il partenariato politico nell’assunzione della responsabilità nazionale e per rafforzare le istituzioni dell’Olp, è stato deciso di riattivare, temporaneamente e in modo regolare, la Commissione unificato dei leader per garantire il partenariato nel processo decisionale politico, in conformità con quanto concordato nel Documento di Accordo Nazionale Palestinese firmato (al Cairo) il 4 maggio 2011.

4. Resistere e contrastare i tentativi di deportazione del nostro popolo dalla sua patria, la Palestina, in particolare dalla Striscia di Gaza o dalla Cisgiordania e da Gerusalemme, e sottolineando l’illegalità degli insediamenti e dell’espansionismo delle colonie ebraiche, in conformità con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il parere della Corte internazionale di giustizia.

5. Lavorare per revocare il barbaro assedio imposto al nostro popolo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania e fornire aiuti umanitari e medici senza restrizioni o condizioni.

6. Sostenere e rafforzare l’eroica fermezza del nostro popolo in lotta e la sua coraggiosa resistenza in Palestina per superare le ferite e le distruzioni causate dall’aggressione criminale, ricostruire ciò che l’occupazione ha distrutto e sostenere le famiglie dei martiri, dei feriti e di tutti coloro che hanno perso le loro case, proprietà e fonti di sostentamento.

7. Affrontare i piani dell’occupazione e le sue continue violazioni contro la Moschea di Al-Aqsa e resistere a qualsiasi violazione del suo Status, di annessione della città di Gerusalemme e di aggressione ai suoi luoghi sacri islamici e cristiani.

8. Esprimere un rispettoso riconoscimento ai martiri del popolo palestinese e affermare il pieno sostegno ai coraggiosi prigionieri, maschi e femmine, nelle carceri e nei campi di concentramento, che sono sottoposti a varie forme di tortura e oppressione; è prioritario compiere ogni sforzo possibile per liberarli dalla prigionia delle forze di occupazione.

Alla luce di questa dichiarazione, i partecipanti hanno concordato un meccanismo collettivo per attuare le disposizioni della dichiarazione in tutti i suoi aspetti. Si è deciso di considerare l’incontro dei Segretari Generali (delle organizzazioni politiche della resistenza palestinese, NdR) come punto di partenza per il lavoro urgente delle commissioni congiunte. È stato inoltre deciso di fissare un calendario per l’attuazione di tale dichiarazione.

Al termine dell’incontro, le organizzazioni palestinesi hanno espresso collettivamente il loro apprezzamento per gli sforzi della Repubblica popolare cinese e della sua leadership, per raggiungere questo importante accordo nazionale.

Le organizzazioni palestinesi riunite a Pechino sono (unica donna capadelegazione è Majda Al-Masri, vicesegretaria dell’Fdlp, NdR):

  • Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese (Fatah)
  • Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina;
  • Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
  • Movimento di resistenza palestinese (Hamas)
  • Movimento della Jihad islamica
  • Partito Popolare Palestinese
  • Fronte di lotta popolare palestinese
  • Movimento di Iniziativa Nazionale Palestinese
  • Comando Generale del Fronte Popolare
  • Unione Democratica Palestinese (Fida)
  • Fronte di liberazione palestinese
  • Fronte arabo di liberazione
  • Fronte arabo palestinese
  • Avanguardie della Guerra di Liberazione Popolare (Al- Saiqa)

Immagine: dal sito di Anbamed, che ha curato la traduzione della Dichiarazione di Pechino: https://www.anbamed.it/2024/07/23/dichiarazione-di-pechino/

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