Soluzione finale contro lo Stato di diritto e l’agibilità dei movimenti sociali

a cura della redazione

In corso di discussione alcuni emendamenti peggiorativi al ddl 1660, meglio noto come Pacchetto sicurezza del governo Meloni. «Futura Società» accoglie l’invito dell’Osservatorio Repressione e di realtà sociali e sindacali e di movimento per aprire una stagione di lotte contro le norme liberticide in discussione in Commissione Parlamentare per rafforzare il Pacchetto sicurezza governativo.

Veniamo da anni nei quali la logica securitaria è prevalsa a ogni costo, una logica che ha portato alla costruzione di nemici di turno contro i quali scatenare revisioni dei codici per seppellirli con anni di carcere.

La sinistra italiana e il movimento comunista non hanno mai fatto i conti con la legislazione emergenziale degli anni Settanta e Ottanta, pensata come misura eccezionale e temporanea nel contrasto alla lotta armata salvo poi scoprire che queste norme sono rimaste al loro posto, rafforzate negli anni successivi da ulteriori provvedimenti come i vari Pacchetti sicurezza approvati dai governi, senza distinzione alcuna, via via succedutisi. La cultura dell’emergenza, il giustizialismo rappresentato dalla certezza della pena, la stagione contraddittoria di Manipulite, le campagne per il 41 bis che progressivamente dai reati di stampo mafioso sono state “strumentalmente” estese per colpire con il carcere duro anche i reati associativi di natura politica; sono ormai 40 anni che manca una visione di insieme e un’analisi oggettiva delle trasformazioni sociali avvenute e di conseguenza di come il legislatore sia intervenuto sulle norme del diritto.

Anche l’estate 2024 è costellata, per esempio, di suicidi e atti di autolesionismo nelle carceri; quei principi sanciti dalla Riforma carceraria sul finire degli anni Settanta oggi sono del tutto dimenticati, seppelliti da logiche securitarie e punitive, dalla condizione disumana in cui si vive negli istituti penitenziari italiani.

Proprio in queste settimane il governo Meloni si sta preparando all’ennesima svolta repressiva e securitaria con un emendamento presentato da un parlamentare della Lega che ha già riscosso il parere positivo degli alleati di centro-destra.

E non sono casuali i fogli di via a Bolzano contro attivisti di area libertaria, le inchieste contro i movimenti per la Palestina a Napoli o i processi intentati contro gli occupanti di case fino ai pesantissimi reati contestati alle realtà sindacali e sociali protagonisti di blocchi.

Il prossimo obiettivo del governo sarà ancora più ambizioso, ossia ostacolare, prevedendo pene pesantissime, iniziative sociali e di piazza quando si andrà a costruire il Ponte sullo Stretto o qualche base militare sul territorio italiano.

È all’ordine del giorno, infatti, una nuova e specifica aggravante dei reati contro la pubblica incolumità (!), aggravante pensata specificamente per colpire movimenti sociali e attivisti che protesteranno contro le grandi opere, sono infatti previste, qualora l’emendamento dovesse essere votato, pene che vanno dai 4 ai 25 anni di carcere. Nel silenzio delle opposizioni e dell’opinione pubblica, acquisiamo ogni giorno piena consapevolezza che in un Parlamento blindato è possibile approvare leggi liberticide (per l’Osce le norme del disegno di legge potrebbero minare i principi fondamentali del diritto penale e del nostro stato di diritto) che faranno impallidire i decreti anti-rave, le norme contro gli organizzatori di picchetti ai cancelli delle fabbriche e dei magazzini della logistica.

Il ddl sicurezza già attribuisce maggiori poteri alla polizia: un agente fuori servizio potrà girare armato. Il vero obiettivo perseguito è quello di impedire l’imputabilità di ogni reato alle forze dell’ordine, e per questo vogliono istituire nuovi reati, quelli che fino ad oggi erano illeciti amministrativi; per esempio, i blocchi stradali, se commessi da più persone, saranno puniti con il carcere fino a 2 anni di detenzione.

La proposta della destra intende introdurre un nuovo comma all’articolo 339 del codice penale per punire con anni di carcere reati quali resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un corpo dello Stato.

Se oggi le pene possono arrivare a 7 anni, un domani sarebbero quasi triplicate. Sono reati contro le agibilità sociali e politiche dei movimenti sociali e sindacali. Da mesi un attivista siciliano è in carcere con accuse pesantissime per un’iniziativa contro la fabbrica di armi Leonardo, un’aberrazione se pensiamo che non ci sono stati feriti o danni ma si tratta solo di un’azione simbolica atta a denunciare le complicità dell’apparato industriale e militare italiano con il genocidio palestinese.

Se l’emendamento sarà approvato, una manifestazione contro un’opera pubblica potrà essere considerata una sorta di minaccia alla sicurezza dello Stato e i colpevoli rischieranno fino a 25 anni di carcere. Pensiamo poi al reato di terrorismo della parola, un volantino nel quale si scriva “assediamo i cantieri” potrebbe costare anni di carcere anche se invita a iniziative simboliche e senza violenza.

Nella documentazione prodotta a supporto dell’emendamento, si legge sull’Osservatorio Repressione, capiamo che questa “norma è volta a intercettare comportamenti violenti posti in essere nell’ambito delle manifestazioni di protesta per l’esecuzione di opere pubbliche o di infrastrutture di interesse strategico”. I provvedimenti adottati a Napoli pochi giorni or sono, con l’obbligo di risiedere per i destinatari fuori dalla Campania, sono solo l’antipasto di una grande repressione che il governo Meloni si accinge a costruire.

Siamo davanti a un’autentica svolta reazionaria che pone fino a quel poco che resta dello stato di diritto e della democrazia. Chi oggi invoca il rispetto della Carta costituzionale dovrebbe partire proprio dal contrastare questo emendamento, che una volta approvato trasformerà ogni iniziativa dell’opposizione sociale in atto di terrorismo. Fa parte di questa svolta autoritaria del governo Meloni anche la questione del premierato, contro cui devono lottare i comunisti e chi ha a cuore la democrazia. E chiudiamo ricordando Brecht: la campana suona per tutti/e senza alcuna esclusione e una volta introdotte certe norme alla occorrenza potranno essere utilizzate contro ogni movimento.

Per i comunisti la sicurezza è garantita da una società equa che garantisca a tutti una vita dignitosa, e dunque il problema lo si affronta a monte con la trasformazione sociale, non con norme repressive che strumentalizzano il problema stesso della sicurezza per aggredire e criminalizzare dissenso politico e ogni forma di opposizione conflittuale. «Futura Società» cercherà di essere parte attiva delle iniziative che ci saranno in autunno contro questa ennesima svolta repressiva.

Immagine tratta dalla copertina del libro di Lotta Continua Liberare tutti i dannati della terra

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