In Sardegna si levano voci di contestazione di fronte allo scempio del territorio

di Angela Fais

La Sardegna già da mesi è travagliata da numerose contestazioni. È sorta una miriade di comitati per dar voce alla protesta dei cittadini di fronte allo scempio che si sta abbattendo sull’isola e si sta consumando nel silenzio assoluto dei canali di informazione dominanti. Scempio senza precedenti che prevede la realizzazione di parchi eolici e fotovoltaici che troverebbero la loro giustificazione nella transizione energetica richiesta dalla Ue, con un impatto ambientale senza precedenti che stravolgerebbe la Sardegna annientandone l’identità sotto molteplici versanti: ambientale, causando una devastazione dell’aspetto del territorio e una drammatica alterazione degli ecosistemi della fauna e la perdita della biodiversità, nonché il tracollo della sua economia e la distruzione della sua identità culturale.

Sottolineiamo che quella della Sardegna è anche una storia di sfruttamento già da quando i Savoia disboscarono gran parte del territorio in occasione della guerra di Crimea nel 1853; e che è già colonia militare subendo una occupazione Nato con quarantamila (40.000) ettari occupati da poligoni militari che fanno sì che su di essa esistano il 60% delle servitù militari d’Italia, pur rappresentando essa solo il 2% della popolazione. E adesso, con quella che si profila come la più grande sperimentazione mai vista dal punto di vista energetico, la Sardegna diventa anche colonia energetica e rischia di vedere depredati cinquantamila ettari di territorio qualora si continuasse ad approvare le centinaia e centinaia di richieste di allaccio.

L’Europa infatti assegna 80 GW prodotti da fonti rinnovabili all’Italia. E il governo italiano con il decreto “Aree Idonee” ne assegna 6,2 alla Sardegna.

Si tenga presente che la Sardegna, stando ai numeri succitati, si dovrebbe far carico della produzione energetica di tutta la nazione; e che da un punto di vista energetico è già autosufficiente dal momento che in essa si consumano 8.900 MW circa e se ne producono 12.400 circa. L’eccesso (3.500 MW) viene trasportato in continente tramite due cavidotti che hanno 1.400 MW di potenza; altri 1.000 MW saranno garantiti dal Tyrrhenian Link, ancora in costruzione. In piena produzione le infrastrutture attuali e future non saranno sufficienti per il trasporto dell’energia al resto della nazione nemmeno se la produzione dovesse mantenersi come quella attuale. Oltre al fatto che con le tecnologie odierne non è possibile neppure conservare una grande quantità di energia.

Come ci spiega la dott.ssa Maria Grazia Demontis del Coordinamento Gallura contro la Speculazione energetica, la richiesta di allaccio eccede di moltissimo la reale necessità di produzione. Sono infatti 829 le richieste, per 54 GW di potenza da installare al 30 giugno 2024, con un totale di 3.000 torri eoliche dell’altezza di oltre 200 mt, per la produzione di una quantità di energia che non potrebbe neppure essere consumata. Emerge chiaramente a questo punto la natura speculativa dei progetti e della sperimentazione energetica, che va a esclusivo vantaggio delle multinazionali con un danno incalcolabile per i cittadini sardi e la loro economia. “Non si riesce al momento a quantificare infatti quanti ettari di boschi siano stati sacrificati, addirittura alberi secolari ma persino millenari, insieme a uliveti e frutteti ma anche aziende agricole produttive espropriate – continua la dott.ssa Demontis – contro il volere dei legittimi proprietari, a causa del decreto legislativo 387/2003 e i successivi a targa Draghi che consentono l’espropriazione anche coattiva del bene.”

Durante l’esecutivo di Draghi, afferma il dott. Gigi Pisci, responsabile del Comitato Sarcidano, grazie al decreto semplificazioni nel 2021, e un altro nel 2022 che rafforza il precedente e stravolge tutta la normativa europea che prevedeva come sine qua non l’attenzione per microimpianti e tutela dell’ambiente, diventano prioritari gli interessi delle multinazionali.

Il governo Draghi tra l’altro ha previsto che sia una Commissione tecnica, la Pniec-Pnrr, a valutare l’impatto ambientale, sottraendolo di fatto alle Regioni e imponendo tutto d’autorità. Per la produzione e la realizzazione di energia si ricevono i finanziamenti del Pnrr, che saranno erogati anche in condizioni sfavorevoli. Quindi anche in assenza di vento o se la rete, che in Sardegna è antiquata e non dimensionata alla quantità di energia che si produrrebbe, è sovraccarica. In questi casi la multinazionale sarà pagata ugualmente.

Il dott. Pisci ci racconta dell’impegno profuso già dal gennaio 2023 quando si accorsero di questa “corsa all’oro, in un anarchismo speculativo senza precedenti, una predazione assoluta dai danni incalcolabili”. E a nome di tutti i comitati sardi ribadisce, affinché la loro posizione non sia equivocata, che non sono contrari tout court alla transizione energetica, ma chiedono che avvenga nel rispetto della dignità del popolo sardo e che non si consenta alla speculazione di prendere piede.

E a nulla serve purtroppo la moratoria emessa dalla governatrice Todde che anzi si rivela non solo inefficace ma anche pericolosa giacché non impedisce che si possano richiedere e ottenere autorizzazioni; blocca i cantieri per 18 mesi ma non i procedimenti autorizzativi con la scusa che il decreto 199/2021 vieterebbe le moratorie; dimenticandosi forse che può avvalersi dell’articolo 51 dello Statuto Speciale che permette alla Regione di impugnare leggi nazionali che siano lesive degli interessi economici dell’isola.

È già partita una raccolta firme per un referendum consultivo. Si potrà firmare presso gli uffici elettorali dei maggiori comuni sardi. Ma in questi giorni è iniziata anche la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che consenta ai cittadini sardi di esprimersi contro tale procedimento imposto alla Sardegna che scavalca le amministrazioni e le comunità locali.

Immagine: Gianni Careddu, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0&gt;, via Wikimedia Commons

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