Il governo si prepara alla repressione dura

Il governo sta approvando in fretta e furia norme repressive che inaspriscono il Pacchetto Sicurezza e limitano drasticamente gli spazi democratici di dissenso, per avere dopo l’estate uno strumento legale pronto da utilizzare per neutralizzare le lotte e il dissenso. Mobilitiamoci!

Nel novembre scorso il governo aveva approvato il “Pacchetto Sicurezza”, all’indomani è iniziata una campagna ideologica e politica persistente per rafforzare le pene a carico dei manifestanti, prova ne sia la pena del carcere da sei mesi a due anni per i blocchi stradali e ferroviari che poi riguardano manifestazioni sindacali, sociali e ambientaliste.

È sufficiente “il reato commesso da più persone riunite” per prevedere pene severissime che andranno a colpire proteste sociali. La spirale repressiva è stata giustificata come “norma anti-Ultima Generazione” ma è evidente si rivolga ai movimenti dell’abitare, alle realtà in lotta contro la costruzione di nuove basi militari o il Ponte sullo stretto. E sarà sufficiente presentare grandi opere e basi militari come indispensabili per la sicurezza nazionale per attirare cospicui finanziamenti e procedere con la loro costruzione attraverso procedure non ordinarie.

Questi emendamenti saranno votati a settembre alle Camere e se approvati colpiranno i partecipanti ai blocchi stradali, una pratica di lotta e di protesta storicamente diffusa e utilizzata dai movimenti operai, studenteschi e sociali. Siamo dinanzi a norme indirizzate a criminalizzare e colpire i movimenti sociali alla vigilia dell’apertura di innumerevoli grandi opere.

È evidente la trasformazione di una sanzione pecuniaria in un grave reato penale con tanto di pena detentiva anche per manifestazioni simboliche e pacifiche, di mera protesta e testimonianza sociale.

La norma antiblocco stradale è stata approvata in fretta e furia dentro la apposita Commissione, escludendo da subito un’ampia discussione per approvare in Parlamento, dopo agosto, un testo blindato.

Ma è solo l’inizio di una spirale repressiva, che prevede l’innalzamento delle pene per chi protesterà in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturalicome il Ponte sullo Stretto o il Tav o un inceneritore o una base militare. Se ne parlerà a settembre, ma è evidente la volontà del governo di approvare queste norme repressive in fretta e furia per avere un codice penale a cui fare ricorso nei prossimi mesi.

Sono anni che attraverso i Pacchetti sicurezza si introducono nuovi e pesanti reati penali, ma questa volta è indubbio il salto di qualità perché la norma in discussione riguarda tutte le manifestazioni di opposizione sociale, non si fa distinzione alcuna tra manifestazioni violente e pacifiche: da qui al divieto a manifestare corre ben poco.

Le proposte di emendamento vanno poi a colpire un’altra forma tradizionale di lotta del movimento operaio, quella dei picchetti equiparati a grave violenza privata. E se la Magistratura ammette ancora i blocchi della produzione e degli scioperi, pensiamo che presto anche queste lotte possano essere sotto minaccia come ostacolo a quella produttività da difendere a ogni costo e con qualsivoglia mostruosità giuridica.

Non siamo quindi solo davanti a nuovi reati nel Codice penale o all’inasprimento di pena, si mira direttamente alla impunità delle forze dell’ordine.

E su questo punto è bene esprimerci con chiarezza perché numerosi addetti alle forze dell’ordine da tempo hanno anche manifestato contrarietà al loro costante e crescente utilizzo in chiave repressiva. Forse l’obiettivo del Governo è quello della militarizzazione di tutte le forze dell’ordine dentro un processo di militarizzazione generale della società annullando perfino parte delle riforme “democratiche” degli anni Settanta. Le forze dell’ordine diventeranno il braccio armato di Governi disposti a ogni forma repressiva e autoritaria per salvaguardare il loro potere.

Ultima considerazione si indirizza alle rivolte nelle carceri e nei Cpr, pensiamo che manifestazioni di protesta siano presto configurabili come vere e proprie rivolte e i reati contestati andranno a colpire anche eventuali iniziative di sostegno esterno da parte di familiari e solidali ai quali dobbiamo la denuncia avvenuta di tanti, troppi, pestaggi avvenuti negli istituti di pena.

Sono riflessioni forse scontate, volutamente semplificate per arrivare a un quesito elementare: una volta approvate queste norme potremo ancora dire di vivere in un paese democratico? E davanti alla criminalizzazione del dissenso esisteranno ancora agibilità democratiche e sociali?

Le risposte sono scontate, o nel paese si svilupperà una opposizione a questi provvedimenti in atto o un domani la repressione busserà alle porte di ciascuno di noi, senza esclusione alcuna.

Immagine: Foto di Koshu Kunii su Unsplash

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