Europarlamento guerrafondaio

di Federico Giusti

Il Parlamento Ue si piega ancora una volta ai dettami Usa e Nato e vota per inviare sistemi d’arma tecnologici offensivi per alimentare la guerra in Ucraina.

La risoluzione, votata a grande maggioranza dal Parlamento europeo, con 377 voti a favore, 191 contrari e 51 astenuti, è un passo ulteriore verso la intensificazione della Guerra in Ucraina.

Solo poche settimane or sono, esponenti governativi e parlamentari europei avevano scatenato polemiche nei loro paesi sui ritardi delle forniture di armi all’Ucraina, invitando le maestranze delle imprese militari a intensificare i ritmi produttivi e rinunciando anche alle ferie per assicurare sistemi di arma tecnologicamente avanzati in grado di portare direttamente la guerra contro infrastrutture e popolazione russa.

Solo poche settimane or sono, proprio sulla guerra in Ucraina, si è spaccata la sinistra europea; il Vasemmistoliitto finlandese, il Bloco de Esquerda portoghese, Enhedslisten danese e La France Insoumise hanno abbandonato la coalizione e si sono uniti al Vänsterpartiet svedese, al Razem polacco e allo spagnolo Podemos dando vita alla “Alleanza della Sinistra europea per il Pianeta e i Popoli”, sette partiti e diciotto eurodeputati in attesa di costituire un nuovo gruppo al Parlamento europeo, a cui dovrebbe partecipare anche Linke (alcuni deputati tedeschi hanno votato a favore della risoluzione approvata in questa settimana), tutti partiti assai sensibili alla costruzione di una difesa europea di cui il Rapporto sulla produttività di Draghi presenta uno spaccato importante (investimenti nella produzione di nuove armi e tecnologie militari, presenza di truppe europee ovunque siano “minacciati” gli interessi economici comunitari).

Per comprendere il significato di questa risoluzione è sufficiente ricordare un passaggio letto e ascoltato ripetutamente: l’Ucraina deve difendersi pienamente e per questo ricevere non solo tradizionali sistemi di difesa missilistica, ma anche aerei e sistemi tecnologici avanzati, missili a media e alta gittata per colpire infrastrutture russe. Si stigmatizza ogni eventuale diminuzione degli aiuti militari dei paesi Ue invitandoli a destinare quote crescenti del loro Pil non solo alla produzione di armi ma anche a investimenti tecnologici per costruire sistemi di ultima generazione.

Viene poi invocato l’inasprimento delle sanzioni contro la Russia e reiterata la accusa diretta di crimini di guerra al fine di perseguire i vertici di quel paese a livello internazionale. Non una parola viene invece spesa per i crimini di guerra ucraini ai danni della popolazione del Donbass o sui crimini dell’esercito israeliano in Palestina (l’Italia si è astenuta all’Onu, dove una risoluzione chiedeva il rispetto di tutti i suoi obblighi legali ai sensi del diritto internazionale, compresi quelli stabiliti dalla Corte internazionale di giustizia, per esempio ritirare tutte le sue forze militari dal territorio palestinese occupato, compresi il suo spazio aereo e marittimo, e porre fine alle politiche e pratiche illegali come il colonialismo di insediamento con il quale i palestinesi vengono cacciati dalle loro case e terre).

La risoluzione votata dal Parlamento a sostegno dell’Ucraina “invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni sull’uso delle armi occidentali consegnate all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo”; l’obiettivo dichiarato è quello di garantire forniture di armi di ultima generazione per estendere e rafforzare il conflitto attaccando direttamente infrastrutture e popolazione civile in territorio russo.

L’Ue va ben oltre l’impegno già assunto nel marzo 2023 che prevedeva la consegna di munizioni e sistemi di difesa aerea: con questa risoluzione dà invece il via libera alla esportazione di armi tipicamente offensive e tecnologicamente avanzate per portare la guerra sul territorio russo e bielorusso, e stabilisce accordi per produrre queste armi in Ucraina.

Nella risoluzione approvata, anche con il voto di parlamentari della sinistra, le sanzioni richieste riguardano non solo contro la Russia ma anche altri paesi ritenuti suoi alleati.

La Cina entra a pieno titolo nel mirino dell’Ue, e degli Usa: è proprio questo paese a essere accusato di fornire aiuti militari e tecnologici alla Russia. Analogo discorso vale per l’Iran, si vuole indebolire per rafforzare la potenza regionale di Israele. L’arma delle sanzioni è stata da sempre un diffuso strumento economico e militare per piegare i popoli ai dettami Nato e Usa.

C’è poi un altro capitolo degno di grande attenzione: la confisca dei beni statali russi congelati dall’Ue che si tradurrà in un fondo destinato a rifornimenti militari e aiuti economici al governo ucraino.

Il voto a questa risoluzione ha spaccato i partiti italiani presenti nel Parlamento europeo. Da notare tuttavia l’assenso accordato da esponenti del centro-sinistra che in politica estera sono ormai più guerrafondai dell’atlantismo imperante nel centrodestra.

Il governo italiano, la sua maggioranza di centro-destra, è spaccato con parlamentari europei che hanno votato a favore e altri contro questa risoluzione. A sovradeterminare il voto dei parlamentari sono interessi economici, politici e finanziari molto forti e l’idea che per uscire dalla crisi l’Ue abbia bisogno di indossare l’elmetto e di assumere come faro guida delle sue politiche economiche il neokeynesismo di guerra.

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