Il MpRC condanna il Rapporto Draghi a Bruxelles e lotta per l’uscita dall’Ue e dall’Euro

a cura del Dipartimento Economia MpRC

Pubblichiamo il comunicato del Movimento per la Rinascita Comunista a condanna del Rapporto Draghi. Il progetto di Draghi per l’Europa significa più austerity, più dipendenza dai grandi gruppi finanziari, meno vincoli al capitale e più guerra.

L’ultimo rapporto di Draghi a Bruxelles, commissionato dalla Von Der Leyen, costituisce un’analisi impietosa e allarmata sullo stato dell’economia del continente. Tuttavia, manca di autocritica sulle responsabilità principali dell’Unione europea – di cui l’ex governatore della Banca Centrale Europea è stato uno dei massimi esponenti – che, proseguendo nelle politiche iperliberiste e nell’accettazione del ruolo di vassallo degli Stati Uniti, ha determinato proprio questa situazione.

Gli Usa hanno utilizzato il dollaro e il debito in dollari per emarginare l’euro, hanno costruito monopoli in grado di cancellare le aziende e persino la ricerca pubblica degli Stati europei, hanno gestito i prezzi dell’energia per rendere difficile l’approvvigionamento produttivo, trovando solo nella Russia un ostacolo significativo.

La guerra in Ucraina pertanto non è solo contro il nemico dichiarato, la Russia, ma anche contro l’Unione europea, come dimostrano il sabotaggio dei gasdotti e le sanzioni alla Russia che hanno fatto esplodere i costi energetici delle imprese europee.

Le tre maggiori concentrazioni finanziarie Usa hanno colto l’occasione della svendita di buona parte del comparto industriale europeo, anche pubblico, per acquisirlo.

Nonostante ciò, Draghi prosegue di fatto nella tutela degli interessi economici e geopolitici degli Stati Uniti, indicando la necessità di fare a meno della Russia e delle sue forniture energetiche, nella prospettiva di una guerra fra Unione europea e Russia, considerata come un vero e proprio nemico.

Nel rapporto manca completamente la riflessione sulla crescita delle diseguaglianze sociali, sul peggioramento dell’occupazione, del welfare, dei dritti dei lavoratori, e sulle cause della crisi che attraversa l’intera Unione.

Draghi propone come terapia la finanziarizzazione dei risparmi che propone di dirottare verso la finanza europea e non verso le banche.

Ciò comporterebbe l’addossare sui risparmiatori maggiori rischi e verrebbe meno la possibilità di impieghi nelle imprese domestiche e soprattutto nella spesa pubblica per il welfare.

Infatti, coerentemente con la logica liberista, si prevede una forte contrazione del debito pubblico degli Stati e un taglio drastico al loro ruolo, per promuovere invece il debito europeo, attraverso gli eurobond, da finalizzare al finanziamento delle imprese private più innovative e soprattutto del comparto militare, per potenziare il sistema di difesa europeo nel senso di una proiezione strategica della Ue che resti, come indicato anche nella documentazione comunitaria, “complementare alla Nato e interoperabile con essa”, subordinata al comando atlantico ma capace di sviluppare il proprio complesso militare-industriale, operando in particolare in ambiti specifici, come quello nucleare.

Si propone di mettere le spese militari fuori del patto di stabilità, un accorgimento contabile che non riduce il debito ma lo fa aumentare, togliendo risorse alla spesa sociale.

Per Draghi gli armamenti dovrebbero essere anche funzionali all’accaparramento delle materie prime necessarie ad alimentare il complesso industriale. Cioè, implicitamente, si rilanciano lo spirito coloniale e imperialista e le pressioni di tipo militare sui paesi fornitori, che sono prevalentemente quelli in via di sviluppo.

A partire da ciò, il Rapporto Draghi va anche considerato un vero e proprio piano strategico per un rinnovato, per alcuni aspetti inedito, warfare europeo, il quale, tra l’altro, fa della guerra in Ucraina una vera e propria lesson learned, unanuova, pregnante e pericolosa “lezione” nel senso della guerraper la ridefinizione strategica della Ue.

Non manca neppure la proposta di un taglio alla democrazia consistente nell’espropriazione di competenze agli organi elettivi a per trasferirli alla tecnocrazia antidemocratica dell’Unione Europea.

La proposta di riforma della governance prevede uno snellimento delle procedure europee e una riduzione dei controlli alle imprese che usufruiranno degli ingenti finanziamenti. Si supererà anche l’obbligo dell’unanimità in alcune decisioni, penalizzando così gli Stati più piccoli.

La proposta di eliminare le regole a tutela della concorrenza applicate fino a oggi, anziché proteggerci dalle acquisizioni del nostro malridotto patrimonio industriale da parte dei grandi colossi finanziari statunitensi, agevoleranno queste operazioni.

Draghi stima che occorrano circa 800 miliardi di euro l’anno ed è consapevole che le imprese non siano in grado di sostenere questo investimento. Punta quindi su due soluzioni.

Da una parte i finanziamenti pubblici senza però l’ingerenza del pubblico nelle scelte strategiche e tanto meno nella gestione delle imprese. Dall’altra parte risponde con la finanziarizzazione, cioè la creazione di un mercato unico dei capitali in Europa dove far confluire il risparmio dei cittadini, attraverso la sottoscrizione del debito comune europeo e l’acquisto di azioni e obbligazioni delle imprese europee. In questa direzione andrebbe anche la devoluzione del trattamento di fine rapporto ai fondi comuni.

Questa ulteriore ipertrofia del comparto finanziario accentuerebbe lo strapotere dei grandi gruppi finanziari e il loro ruolo di regolatore dell’economia, in grado di azionare come un burattinaio le imprese produttive attraverso fili saldamente in sua mano per succhiare il plusvalore da esse estratto.

Il MpRC considera irriformabile l’Unione europea e auspica e lotta affinché l’Italia ne esca, uscendo, insieme, dalla Nato. Poiché non esistono oggi le soggettività per poter imporre questa soluzione, occorre un’accumulazione di forze. Serve un partito comunista in grado di intercettare le forti sofferenze e i disagi prodotti dalla crisi e dalle politiche europee, di intervenire in ogni momento di mobilitazione, di protesta, di lotta, denunciando le responsabilità dell’Unione europea e della Nato per far crescere la coscienza collettiva della necessità del loro superamento.

Intendiamo lottare ed essere parte di questo processo di ricostruzione.

Immagine: EU2017EE Estonian Presidency, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0&gt;, via Wikimedia Commons

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