di Alessandra Ciattini
Perché la Serbia si è astenuta all’ultima risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite? Sembrerebbe sempre in bilico tra i due schieramenti internazionali.
Lo scorso 18 settembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione in cui si chiede che “Israele ponga fine senza indugio alla sua presenza illegale nel Territorio palestinese occupato, che costituisce un atto illecito di carattere continuativo e di farlo entro e non oltre 12 mesi”. Questo organismo, il cui compito è la promozione del “rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali”, comprende tutti i paesi sovrani del mondo; pertanto, il voto di mercoledì sottolinea la vastità dell’opposizione internazionale all’occupazione israeliana della Palestina. La risoluzione ha sostenuto il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia (Icj), la massima Corte delle Nazioni Unite, secondo la quale la presenza di Israele nei territori palestinesi è illegale e deve cessare.
A luglio la Corte di giustizia ha ribadito che Israele sta abusando del suo status di potenza occupante, sottolineando che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est sono illegali.
Gli Stati membri dell’Assemblea hanno votato tale risoluzione mentre continua la spietata e asimmetrica guerra di Israele , che ha ucciso più di 41.250 palestinesi e ridotto in macerie il territorio di Gaza. La Corte internazionale di giustizia ha emesso sentenze che ordinano a Israele di adottare misure per prevenire il genocidio a Gaza e per consentire un adeguato aiuto umanitario alla popolazione palestinese ormai decimata e allo stremo. Vergognosamente gli Stati Uniti, che potrebbero far cessare questa terribile in guerra in poche ore e che sostengono di volere una soluzione del conflitto con l’istituzione dei due Stati, si sono opposti insieme a Israele alla risoluzione, così come hanno fatto la Repubblica Ceca, l’Ungheria, l’Argentina e diversi piccoli stati insulari del Pacifico.
La risoluzione era stata presentata dalla Palestina, Stato osservatore permanente presso le Nazioni Unite. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha accolto con favore tale presa di posizione e ha esortato i paesi di tutto il mondo a adottare misure per fare pressione su Israele. Questi ha affermato: “Il consenso internazionale su questa risoluzione rinnova le speranze del nostro popolo palestinese – che sta affrontando un’aggressione e un genocidio globali a Gaza e in Cisgiordania, compresa Gerusalemme – di concretare le sue aspirazioni di libertà e indipendenza e di stabilire uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale”. Oltre alla Serbia, tra gli astenuti figurano Gran Bretagna, Germania, Italia, Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Svezia, Danimarca, Croazia, Bulgaria, Romania, Polonia, Slovacchia, Lituania, Ucraina, Macedonia del Nord, Albania, Canada, India, Australia e altri. Gli Stati Uniti, Israele, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, l’Argentina e altri paesi hanno votato contro la risoluzione.
Desiderosa di mantenere legami importanti con Israele – ma anche con la Lega araba – Belgrado sta optando per una sorta di neutralità diplomatica nei confronti della conflagrazione in Medio Oriente.
La reazione ufficiale di Belgrado ufficiale dopo gli eventi del 7 ottobre è stata silenziosa e discreta. Il presidente Aleksandar Vučić e il ministro degli Esteri Ivica Dačić hanno toccato la questione un paio di volte, ma solo brevemente. Tra i pochi passi ufficiali compiuti dalla Serbia ci sono i voti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questa discrezione riflette la cultura strategica della diplomazia serba che il presidente Vučić nel settembre 2022 ha brevemente riassunto con la parola schivare. Ciò non significa, tuttavia, che la società serba non stia reagendo alle spaventose scene di Gaza.
L’obiettivo principale della politica estera della Serbia riguarda lo status finale del Kosovo e la sua permanenza nel territorio sovrano della Serbia. La richiesta di Belgrado si basa sul rispetto del diritto internazionale universale, in particolare quando si tratta di questioni di sovranità in altri luoghi. Per questa ragione la Serbia non ha riconosciuto i cambiamenti territoriali prodotti dall’operazione speciale della Russia in Ucraina e il suo intervento in Georgia. Quanto a Israele e Palestina, entrambi riconosciuti dalla Serbia, essa aderisce anche alla soluzione dei due stati, con Israele nei suoi confini pre-1967, soluzione ormai rigettata dagli stessi palestinesi. Per quanto riguarda lo status di Gerusalemme, nel 2020 la Serbia ha deciso di trasferire la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme quando ha firmato l’accordo di Washington sotto gli auspici dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma non riconosciuto la città quale parte del territorio israeliano. Da parte sua Israele ha riconosciuto nel 2021 il Kosovo, e viceversa, cosa non apprezzata da Belgrado.
La rivista «Klikaktiv» ha condannato fermamente l’astensione dei rappresentanti della Serbia al voto delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco urgente a Gaza ed ha invitato tutti i paesi a creare corridoi umanitari per sostenere la popolazione. Inoltre, ha ricordato la visita a Belgrado del Presidente Herzog, prodromo dell’apertura delle relazioni di libero scambio tra i due paesi.
Immagine: User:(WT-shared) Burmesedays, UN Map of Serbia, OpenStreetMap, Wikipedia user PANONIAN, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
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