Il divieto della questura di Roma alla manifestazione del 5 ottobre a Roma: tra 1660 e Stato di polizia

Il divieto di pochi giorni fa notificato alle associazioni promotrici del corteo era nell’aria, suggerito da una massiccia campagna mediatica orchestrata dalla stampa e dai partiti di centro-destra. Ecco alcune delle motivazioni addotte: “le espressioni utilizzate per pubblicizzare le iniziative per sostenere la causa palestinese il 5 ottobre hanno una motivazione non compatibile con il diritto di manifestare pacificamente, garantito dall’ordinamento giuridico vigente”.

Si tratta delle prime conseguenze del ddl 1660 – 2236 dopo il passaggio dalla Camera – in discussione al Senato: si invocano rischi per l’ordine pubblico, negando la libertà di manifestare e di esprimere opinioni contrastanti con il governo e la vulgata ufficiale; in un colpo solo si cancellano le prerogative costituzionali e si imbavagliano il dissenso e l’opposizione sociale.

L’ordine pubblico per la questura sarebbe semplicemente minacciato da alcune parole d’ordine utilizzate nel testo di convocazione del corteo del 5, per esempio il riferimento alla resistenza palestinese contro l’occupante militare Israeliano.

Eppure in passato termini analoghi, se non perfino più netti e radicali, sono stati utilizzati a sostegno della resistenza di altri popoli in lotta contro dittature e regimi sostenuti dalla Nato e dagli Usa, ma i governi di allora non si sono mai sognati di imporre divieti di sorta. Sono cambiati i rapporti di forza e la sconfitta del movimento operaio permette oggi una svolta autoritaria riposizionando lo Stato in termini autoritari e nell’ottica di una vasta repressione preventiva.

Avevamo ragione a sostenere che il ddl 1660 avrebbe fornito un’arma straordinaria per ledere il diritto al dissenso e al conflitto sociale. Quanto avviene da un anno in Palestina, con gli oltre 50mila morti tra Libano e Gaza, deve essere avvolto nel silenzio. Il governo italiano e l’Unione europea sono complici di questo genocidio.

Il corteo indetto dai Giovani Palestinesi e da altre realtà solidali vuole richiamare l’attenzione sulle immani stragi in corso, sull’escalation militare ininterrotta che da Gaza si estende ora al territorio Libanese.

La sudditanza dell’Unione europea ai dettami Usa e Nato, con il sostegno incondizionato a Israele e la piena attuazione degli Accordi di Abramo – che prevedono l’allargamento dei confini nazionali di Israele ben oltre quelli attuali –, conferma la sconfitta etica e morale del vecchio continente che vorrebbe essere baluardo di democrazia e civiltà.

Vietare un corteo perché nelle parole d’ordine di indizione sono presenti concetti e parole non condivise fa prefigurare l’avvento di uno Stato di polizia che riporta indietro le lancette della storia.

Quanto accade oggi con i movimenti solidali con il popolo palestinese non rappresenta una eccezione, bensì la regola nel modo di operare che sarà riservato ad altre tipologie di manifestazioni: da quelle operaie alle mobilitazioni contro la guerra, da quelle ambientaliste fino a quelle dei movimenti dell’abitare

«Futura società» e il MpRC sono a fianco del popolo palestinese e dei movimenti che lottano per il diritto al conflitto sociale, senza cui le condizioni di vita delle classi popolari saranno sempre più precarie.

Immagine: Saggittarius A, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0&gt;, via Wikimedia Commons

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