di Luigi Basile
Le vergognose complicità del governo di destra e della politica italiana con Israele, per occultare o giustificare i gravissimi crimini del sionismo e gli interessi in ballo.
Il genocidio dei palestinesi messo in atto da Netanyahu e dal regime sionista prosegue in maniera spietata, la guerra di aggressione israeliano-statunitense dilaga nel Medio Oriente, la Corte penale internazionale dell’Aia ha accusato di crimini di guerra e contro l’umanità l’aguzzino premier di Israele e l’oltranzista ministro della Difesa Yoav Gallant, emettendo un mandato d’arresto nei loro confronti, l’Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione per chiedere la fine dell’occupazione (dopo il pronunciamento della Corte internazionale di giustizia che ha dichiarato illegale la presenza israeliana nei territori palestinesi), ma in Italia, come pure in altri Paesi d’Europa e d’oltre Oceano, è vietato manifestare contro questo orrore, condannare i responsabili, esprimere solidarietà alle vittime, ricostruire in maniera corretta vicende e genesi della tragedia, denunciare le complicità, esigere un intervento per fermare la barbarie, ripristinando pace e giustizia.
Censura e repressione, insomma, la fanno da padrone. Il ministro degli Interni, Piantedosi, e il governo vietano, ancora una volta, una manifestazione nazionale e quelle locali, tramite le questure.
Le motivazioni formali addotte dalle istituzioni per giustificare la grave e inaccettabile violazione di fondamentali principi democratici e costituzionali sono assolutamente risibili e insensate, una vergognosa mistificazione della realtà, una sfacciata copertura per nascondere un’evidente forzatura, in linea con le politiche della destra (che però cancella il reato di abuso d’ufficio e attacca la magistratura quando finisce sotto inchiesta, con un governo Meloni ad alto tasso di inquisiti), di controllo sociale e di attacco al dissenso, dalle quali non è immune nemmeno il centrosinistra.
Non diverso è il clima che si respira in alcune università, nonostante le lotte degli studenti, ma anche di docenti e ricercatori, abbiano smosso le torbide acque della connivenza con Israele e gli interessi legati alla guerra.
Nell’ateneo di Siena, ad esempio, il rettore non ha dato il via libera a un convegno, sulla Palestina, con autorevoli relatori.
Per non parlare dell’assurda vicenda giudiziaria occorsa ad alcuni militanti palestinesi, sfuggiti alle torture del regime sionista, che si sono consumate nelle aule di tribunale dell’Abruzzo e non solo.
Questo è il fosco quadro nel quale si cerca a tutti i costi di rimuovere la questione palestinese, su cui “le autorità” non vanno oltre ipocrite parole di circostanza, probabilmente sotto la spinta di un’opinione pubblica e di movimenti di lotta attenti, diffusi e determinati. Ma soprattutto si cerca di giustificare ad ogni costo l’ingiustificabile.
I fatti, il contesto e un’analisi critica mettono però a nudo non solo le reali dinamiche stragistiche, guerrafondaie, terroristiche, razzistiche, fondamentalistiche, insomma imperialistiche e criminali, del sionismo e del regime israeliano, e dei suoi complici occidentali, a cui si accodano servilmente classe politica, rappresentanze istituzionali, aziende e mass media acquiescenti, ma rivelano molto di più. Ciò a cui stiamo assistendo sulla scena nazionale, ma anche internazionale, non sono soltanto rigurgiti autoritari e liberticidi, ma una vera e propria strategia per la difesa di un sistema di dominio e di oppressione, con enormi interessi e affari sporchi, quale è il sionismo, con la rete dei “soci” occidentali, in primis gli Stati Uniti. E, quindi, in definitiva la difesa di un sistema economico, sociale e politico speculativo, iniquo e distruttivo. Più che mai perciò è necessario e giusto opporsi.
La manifestazione indetta per oggi, sabato 5 ottobre, a Roma, da Udap – Unione democratica araba palestinese e da Gdi – Giovani palestinesi d’Italia (un’altra manifestazione invece è stata organizzata per il 12 ottobre da Comunità palestinese d’Italia, Api – Associazione palestinese italiana e Studenti palestinesi), con l’adesione di moltissime realtà politiche, sindacali e associative, si terrà nonostante il divieto, rispetto al quale è stato presentato ricorso al Tar del Lazio, che però si è risolto con un “pilatesco” nulla di fatto.
“Abbiamo ritenuto doveroso – ha affermato Khaled El Qaisi a nome dell’Udap – rifiutare questo diktat palesemente politico. A confermarne la natura vi sono le affermazioni del ministro degli Interni Piantedosi che sostiene chiaramente che la motivazione sia il ‘rischio di una celebrazione’ del 7 ottobre. La motivazione offerta dalla questura è che la manifestazione non rispecchia la propria narrazione su ciò che accade in Palestina, il riferimento che si fa a motivi di ordine pubblico è generico e fumoso e non vi è traccia di comprovate ragioni di sicurezza o di incolumità pubbliche, unico motivo contemplato dalla Costituzione per vietare una manifestazione”.
Molto simile la situazione che si sta consumando nell’Università di Siena, dove il rettore Roberto Di Pietra ha negato l’autorizzazione a svolgere un convegno organizzato dall’associazione studentesca Cravos, con la presenza dello storico israeliano Ilan Pappè e della relatrice speciale dell’Onu Francesca Albanese, prevista per il 7 ottobre. Dopo l’altolà all’iniziativa, i due hanno deciso di inviare una missiva al senato accademico: “Crediamo profondamente che le università debbano rimanere luoghi aperti al dialogo rispettoso e alle discussioni complesse. Quando non adempiono a questo ruolo, l’integrità della libertà accademica è minacciata”.
Il rettore è però rimasto sulle proprie posizioni, sostenendo che la conferenza non è stata cancellata, ma che si sarebbe dovuta svolgere in altra data e ha rivendicato l’impegno dell’ateneo sui temi della pace e contro il massacro della popolazione civile palestinese.
Ma, come denunciano gli studenti, al di là di alcune prese di posizione di facciata, l’università non ha interrotto la partecipazione a progetti con Tel Aviv, come sottolinea anche Francesca dell’associazione Link: “Non è la prima volta che quando si parla della Palestina si registrano problemi. C’è stata grande resistenza rispetto alle richieste degli studenti di chiudere ogni collaborazione con Israele. Per non parlare della presenza di agenti della polizia durante le iniziative e l’occupazione. La nostra intenzione però è di andare avanti”.
Paradossale e ancora più preoccupante è la vicenda di Anan Yaeesh, Ali Saji Rabhi Irar e Mansour Doghmosh, esponenti della resistenza popolare palestinese in Cisgiordania durante la seconda Intifada, arrestati in Italia con l’accusa di terrorismo internazionale, per i quali Israele ha chiesto l’estradizione. Il primo a finire nelle maglie della persecuzione sionista e della repressione italiana è stato Yaeesh, ormai da 11 anni in Europa, detenuto a fini estradizionali, senza la formalizzazione di accuse precise (consuetudine ampiamente consolidata in Israele) dopo l’accoglimento della richiesta da parte del governo italiano. Un provvedimento revocato successivamente al ricorso del suo legale. Ma immediatamente è scattato un nuovo arresto, che ha coinvolto anche gli altri due connazionali. E’ seguito quindi un articolato iter giudiziario, che ha portato all’ennesimo rigetto dell’estradizione per tutti e tre, per la concreta eventualità di essere sottoposti a tortura nelle prigioni israeliane, oltre che alla scarcerazione di Saji Rabhi Irar e Doghmosh, in seguito scagionati dalle accuse, anche se quest’ultimo ha rischiato di essere ristretto in un centro di immigrazione e rispedito in Palestina, con il genocidio in corso. Per Yaeesh invece la Cassazione ha confermato la misura cautelare, in attesa del processo. Il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, ha sottolineato la natura politica del caso, sostenendo che dai giudici “non è stato considerato il diritto internazionale umanitario” e il contesto nel quale il militante ha svolto le azioni di resistenza contro l’oppressione israeliana, in terra palestinese. Insomma, la battaglia legale e di solidarietà continua. Ma non può sfuggire l’impressionante accanimento nei confronti dei tre palestinesi e in particolare di Anan Yaesh.
Immagine: Alisdare Hickson from Woolwich, United Kingdom, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
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