Militarizzazione dei territori: intervista agli attivisti del No Camp Darby

a cura della redazione

Nei giorni scorsi si è tenuto a Pisa un consiglio comunale nel corso del quale il consigliere di una città ha presentato, in Comune, un question time che riportiamo integralmente:

Tenuto conto delle comunicazioni ufficiali ricevute dal Comune di Pisa per il trasporto di armi e mezzi verso Camp Darby attraverso il territorio comunale. Tenuto conto che l’ultima di queste comunicazioni è del primo ottobre riguardo ad un trasporto di automezzi per Camp Darby che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni. Tenuto conto della rilevanza di questa operazione dato lo scenario internazionale. Tenuto conto che questo trasporto avrà un impatto sulle arterie stradali comunali anche in termini di sicurezza. Si chiede al sindaco e alla giunta comunale quale è il ruolo svolto dalla Polizia municipale nella prossima movimentazione di mezzi e armi sul territorio comunale di Pisa come da comunicazione ricevuta il primo ottobre.

Abbiamo intervistato in proposito gli attivisti del No Camp Darby di Pisa.

D. Come commentate questa richiesta?

R. Non eravamo a conoscenza di quanto riportato nel question time, abbiamo seguito la diretta del consiglio comunale e ascoltato la secca risposta del sindaco nell’invocare l’art. 262 del codice penale italiano che punisce la diffusione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione con la reclusione fino a tre anni che diventano 10 se il reato, poi, compromette l’efficienza bellica dello Stato od operazioni militari. Ed è bene conoscere che lo stesso trattamento potrebbe essere riservato a chiunque venga a conoscenza di queste notizie.

Non è dato sapere se la posizione assunta dal sindaco sia imposta a livello governativo e statale ma, di fatto, si sta creando un’aura di segretezza e di paura attorno al ruolo attivo svolto dalla base Usa nelle guerre in corso, dall’Ucraina alla Palestina; del resto, è risaputo che Camp Darby è una struttura di primaria grandezza per il rifornimento di logistica militare.

Ci chiediamo per quale ragione la cittadinanza non debba, invece, essere messa al corrente dei pericoli che corre, se esiste un piano di sicurezza. Crediamo che queste richieste legittime dovrebbero stare a cuore anche a Consigli e Giunte comunali. In sostanza, i cittadini ci pare siano destinati a restare in silenzio senza conoscere se a pochi metri dalle loro case transiteranno ingenti quantitativi di armi sulla natura delle quali non deve essere fatta parola alcuna. Molti anni fa, dei parlamentari chiesero di conoscere quali armi fossero stoccate a Camp Darby ma non ebbero risposta. Allora, esigere trasparenza è il minimo che possiamo fare.

D. Ma perché questo obbligo di riservatezza?

R. Non lo sappiamo, possiamo solo pensare che nel territorio italiano attorno alle basi Usa e Nato il trasporto di armi sia divenuto particolarmente intenso con la guerra in Ucraina e a Gaza. Camp Darby è una base Usa considerata nevralgica per il rifornimento della logistica militare, sono ormai completati i lavori di ampliamento della base collegata al porto di Livorno via acqua tramite il Fosso dei Navicelli e via ferrovia attraverso la rinascita della stazione di Tombolo. Questi lavori sono avvenuti nel corso degli ultimi anni alla luce del sole come un evento ineluttabile e oggi veniamo a conoscenza che probabilmente sui territori avviene un continuo trasporto di armi, per altro segnalato sui social anche da cittadini. Pensiamo che una comunità dovrebbe discuterne senza imbattersi in muri di gomma e in codici penali, è in gioco non solo la democrazia ma anche la nostra sicurezza che non può essere seppellita sotto le ragioni di Stato.

D. E in sintesi?

Ci venga detto se il nostro Paese è in guerra e quali siano le ragioni per le quali si invoca il codice penale davanti alla mera richiesta di informazioni sui transiti di armi lungo i nostri territori. E non dimentichiamo che a Pisa sorgerà anche una nuova base militare in un territorio già da tempo militarizzato. Siamo, quindi, non solo preoccupati ma convinti che il nostro Paese da tempo sia una zona di guerra e le tante, troppe, basi militari presenti sui territori ne sono la lampante dimostrazione. Ad oggi, la guerra non è in casa nostra ma il contributo che l’Italia offre alle guerre nel mondo è indubbio e quanto avvenuto in consiglio comunale a Pisa non dovrebbe farci dormire sonni tranquilli.

Immagine: Foto di Patrick Hendry su Unsplash

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