Le attività dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università

a cura del nodo pisano dell’Osservatorio

L’Osservatorio nasce due anni e mezzo fa ed è presente in numerose città italiane. Al suo interno annovera docenti, ricercatori, studenti, attivisti sindacali e anche autorevoli esponenti dei movimenti contro la guerra, che da anni pubblicano materiali su innumerevoli riviste. Tra le attività svolte dall’Osservatorio ci sono anche le “diffide” inviate agli istituti comprensivi ogni qual volta si registra la presenza di militari in veste di docenti. Sul sito dell’organismo è scaricabile anche un vademecum rivolto al personale della scuola.

Da oltre due anni monitoriamo i rapporti, sempre più stretti, tra istituti scolastici e Forze Armate, Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria e la Polizia Locale.

Da anni, almeno 15, registriamo questa presenza costante funzionale a costruire una egemonia culturale che tende a mettere in secondo piano le caratteristiche pacifiste dei progetti didattici e pedagogici. Ci preoccupano le richieste pervenute ai Dirigenti Scolastici, ai Dirigenti degli Ambiti Territoriali, da parte delle Forze armate che chiedono di organizzare eventi nelle scuole di ogni ordine e grado, ad esempio conferenze per “presentare l’opportunità di inserimento nelle forze armate”. Siamo preoccupati davanti a militari che esaltano l’eroismo in battaglie come El Alamein che l’esercito italiano combattè insieme ai nazisti, la esaltazione dell’eroismo dei militari italiani avviene decontestualizzando queste narrazioni dalla storia e dalla geografia, la esaltazione della patria presente nelle Linee guida ministeriali sull’educazione civica ne sono un esempio eloquente, siamo preoccupati per la diffusione di un pensiero parziale e acritico sulla guerra in generale, sulle cause che le scatenano.

Vogliamo essere chiari: la nostra non è una invettiva ideologica contro i membri delle Forze armate ma viviamo in un contesto internazionale già tragicamente segnato dal conflitto russo-ucraino, dal genocidio in atto a Gaza ad opera dell’esercito di Israele che gode del sostegno militare degli Usa e di altri paesi Nato, dall’aumento della produzione di armi (nel 2025 l’Italia spenderà una cifra record da quando è nata la Repubblica) a tutto vantaggio della filiera industriale bellica, dalla tendenza delle industrie europee a indirizzare la produzione e la ricerca verso tecnologie duali che poi sono prevalentemente utilizzate a fini di guerra. E queste tecnologie vengono pensate come motore dello sviluppo economico, basterebbe leggersi il documento sulla produttività di Mario Draghi o molti documenti Ue reperibili anche nella rete.

Riteniamo incompatibile per le scuole aderire alle attività di orientamento proposte da forze armate che mirano al reclutamento di nuove leve offrendo loro uno sbocco lavorativo garantito, specialmente in quei territori dove il tasso di abbandono scolastico e la disoccupazione giovanile sono elevati, pensiamo che la tendenza diffusa sia quella di presentare la guerra sotto una immagine storicamente falsa, diciamo edulcorata. Non certo da ora le scuole sono divenute terreno di conquista per una ideologia bellicista e di controllo securitario, prova ne sia la tendenza di tanti governi ad un approccio repressivo nei confronti dei giovani e dei movimenti come il ddl 1660 dimostra eloquentemente.

L’Osservatorio ha un’altra idea dell’istruzione: le scuole ricoprano quel ruolo sociale, per altro riconosciuto dalla Costituzione che non casualmente le considera luoghi di formazione e crescita per le persone, laboratori di accoglienza e di relazione di cui l’educazione alla pace diventa presupposto pedagogico indispensabile. Queste finalità a nostro giudizio non sono invece compatibili con le pratiche, gli strumenti e i linguaggi militari che veicolano i disvalori della guerra, della violenza e della cieca obbedienza. Abbiamo scelto fin dalla nostra nascita di opporci alla guerra e alle sue pratiche, da qui l’invio di alcune diffide ai dirigenti scolastici, la scuola, per sua stessa vocazione, sia luogo di incontro e dialogo fra culture, di promozione del pluralismo delle idee, della conoscenza e dello sviluppo del pensiero critico, strumenti indispensabili e necessari per la formazione di cittadini e cittadine consapevoli. Per noi la scuola o l’università dovrebbero essere luoghi di confronto e dai quali bandire le culture nazionaliste ma anche i modelli di forza, di violenza e l’irrazionale paura di un “nemico”, interno o esterno ai confini nazionali, promuovere una ricerca a fini civili e non duali, evitare finanziamenti di imprese di guerra e delle loro fondazioni agli atenei facendo leva sulle esigue risorse economiche destinate all’università

Cosa vuol dire “smilitarizzare” la scuola

La risposta è fin troppo banale, ma si scontra con l’orientamento politico dominante e ormai trasversale a destra e sinistra, costruire le fondamenta per una società di pace e di diritti per tutte/i, ossia rilanciare la istruzione pubblica aprendo magari le palestre e i laboratori ad attività pomeridiane in maniera gratuita e a fini sociali, rilanciare una funzione dell’istruzione che non sia quella di assecondare le ideologie dominanti, Ma per questi obiettivi servono fondi che oggi invece vengono lesinati alla sanità e all’istruzione pubblica

L’Osservatorio è presente nelle piazze, nelle università e nelle scuole con tutte quelle realtà che rifiutano la guerra, l’aumento delle spese militari, che non si arrendono a piegare la ricerca universitaria a tecnologie duali di guerra. Alcune iniziative sono promosse direttamente dall’Osservatorio, altre sono in compartecipazione con realtà, associazioni e movimenti che operano sui territori contro i processi di militarizzazione. Da quest’anno il 4 Novembre è non solo la “celebrazione“ della fine della 1 Guerra mondiale ma anche la giornata delle Forze armate con una legge approvata nell’inverno scorso. Negli ultimi 20 anni, o forse ancora prima con la nascita dell’esercito professionale al posto di quello di leva è iniziata una strisciante opera di propaganda militarista che ha investito tutta la scuola, da quella dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado, fino ormai all’università. Sono stati firmati innumerevoli protocolli solo nell’ultimo decennio, poi trasformatisi in accordi quadro tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa coinvolgendo in molti casi anche il ministero del Lavoro con percorsi di alternanza scuola-lavoro, oggi Pcto, che prevedono la presenza degli studenti in basi e infrastrutture militari, o perfino dentro le maggiori aziende del comparto militare-industriale.

L’obiettivo strategico, assunto come priorità dall’attuale Governo, è proprio quello di affermare la cultura della difesa e della sicurezza, rafforzare il concetto e l’ideologia di Patria, vogliono conquistare il consenso delle nuove generazioni su un modello di forze armate che intervengono a 360 gradi, sia all’estero, nelle varie missioni internazionali, sia all’interno

L’Osservatorio ha organizzato molte campagne, ad esempio, solo per menzionarne alcune, quella contro Giochi Preziosi che voleva proporre zainetti per la scuola con i loghi degli apparati d’élite delle forze armate o la raccolta di firme e le iniziative per chiedere le dimissioni dei rettori delle università pubbliche italiane aderenti alla Fondazione Med-Or legata a Leonardo. Il nostro lavoro è solo all’inizio, abbiamo bisogno della collaborazione attiva di quanti non intendono arrendersi a un futuro di guerre e disumanità. Al contempo denunciamo non solo il genocidio del popolo palestinese ma anche le collaborazioni tra atenei italiani e israeliani e quell’intricato intreccio di affari che lega le aziende produttrici di armi europee alle guerre in corso.

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