di Marco Marinelli *
Un film che ci racconta il consumismo di ultima generazione che ribadisce i rapporti di classe subalterni determinati dal potere del denaro e dal genere, quando non c’è coscienza di classe.
Il film Anora ha vinto il palmarès 2024 a Cannes, regia e sceneggiatura sono di Sean Baker e racconta la storia di due ragazzi, come non se ne vedono: al centro c’è Anora, una spogliarellista che non disdegna di arrotondare offrendo sesso a pagamento, specie quando nel locale dove lavora arriva Vanya, ragazzo russo pieno di soldi; una storia tra giovanissimi, lei ha 23 anni, lui 21, interpretati da Mikey Madison, una delle ragazze di Manson in C’era una volta … a Hollywood e Mark Eydelshteyn di origini russe, protagonisti entrambi e vero motore che alimenta gli eventi nella prima parte del film. Lui è figlio di un oligarca con soldi da spendere in America senza limiti, i genitori non lo controllano e sembra scemo e arrapato quanto basta per farsi raggirare, mentre lei ha un intelletto fine, è combattiva, volitiva, apparentemente sicura di sé, capace di autodeterminarsi, così quando va a casa di lui per l’appuntamento di “lavoro”, capisce che potrebbe aver agganciato qualcosa di grosso. In una vacanza a Las Vegas, in cui lei è pagata per stare con lui quasi come una fidanzata e fare sesso, però scatta qualcosa e i due, d’impulso, si sposano come in un videogame. Il matrimonio viene scoperto e scatena una serie di gorilla, che non sono dei veri gorilla, comandati da un prete ortodosso locale, che tutto sembra tranne un religioso, e incaricati di tenere d’occhio il ragazzino per conto della sua famiglia, che naturalmente vuole annullare le nozze. Siccome Vanya è scomparso, viaggiano insieme ad Anora che diventa ingestibile e violenta per proteggere il suo investimento, cercandolo per tutta New York, giorno e notte. Anora farà i conti con il desiderio assolutistico e consumistico di Vanja, ma anche con la barriera che lei ha con le persone e il mondo esterno. La causa di ciò sta nel lavoro alienante che svolge, dove il rapporto con i clienti è sempre mediato dal sesso a pagamento, unico linguaggio in comune che ha con loro, anche più forte della legge del desiderio, perché ha introiettato, a livello inconscio, la legge di mercato come dio supremo al quale appellarsi, al quale far ricorso nella relazione che intrattiene con il mondo. Vanya, invece, ha fatto del godimento, non solo sessuale, ma anche delle droghe e dei videogame, l’orizzonte imprescindibile del proprio io, allontanando e frantumando il principio di realtà, proprio come capita spesso oggi a tanti giovani… immersi dentro una bolla.
Sono due solitudini che si incontrano e ciò è probabilmente quello che contribuisce ad avvicinarli, a far scattare la classica scintilla, ma non hanno fatto i conti con la realtà che sta dietro le false concezioni di liberazione sessuale e liberazione del desiderio, che il regista Sean Baker sembra far sue per buona parte del film, mentre la realtà è quella della subalternità dei rapporti di classe e di genere. Infatti, Vanya è figlio di un oligarca e questo pesa come un macigno in tutta la seconda parte di Anora. Va bene divertirsi, va bene trasgredire, dicono i genitori di Vanya, ma il principio di realtà, la legge del privilegio di casta, non va dimenticato.
Ci sarà chi saluterà nel film l’esigenza di ascoltare anche il sentimento, le ferite del cuore a fronte di una realtà capace di esaudire tutte le esigenze materiali, ma noi, materialisticamente, preferiamo vedere il dramma di chi indossa dolorosamente, finché è possibile, per mancanza di vera coscienza, una maschera per non vedere, se non troppo tardi, quali siano i veri rapporti di forza dettati dal denaro e dal potere che esercita.
* Già collaboratore della rivista «Filmcritica», appassionato cinefilo e consapevole spettatore
Immagine: Di Maxpoto – https://www.youtube.com/watch?v=LsGvnMLqW1Q, Copyrighted, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=10276951
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