di Stefano Zecchinelli
Il “cessate il fuoco” patteggiato da Israele con gli Hezbollah configura una sconfitta strategica per l’imperialismo israeliano; l’incapacità di Tel Aviv di vincere una guerra territoriale, non poggiando sul sostegno delle popolazioni locali. Il regime sionista, sconfitto militarmente a Gaza ed in Libano (la guerriglia vince quando non perde), aprirà un nuovo fronte di guerra contro la Siria baathista? Damasco è un avamposto dell’antimperialismo e dell’antisionismo, la quale s’è guadagnata il rispetto di diversi Partiti comunisti.
L’Operazione Scudo del Nord, lanciata dall’imperialismo israeliano contro gli Hezbollah libanesi (un prolungamento della guerra dei sionisti-revisionisti contro i Guardiani della Rivoluzione iraniani), ha portato ad un “cessate il fuoco” che rivela l’incapacità israeliana di vincere una “guerra convenzionale” di “terza generazione”. Tel Aviv massacra donne e bambini innocenti, ma l’Idf non è in grado di fronteggiare militarmente un popolo interno in armi; una realtà storica compresa dal Gen. Charles De Gaulle dinanzi la sconfitta dell’imperialismo francese in Algeria.
L’assassinio dei leader degli Hezbollah, a partire da Hassan Nasrallah il “Che” Guevara arabo, non ha ridotto le capacità della Resistenza nazionale libanese di controllare il territorio articolando una complessa guerriglia asimmetrica che va ben oltre la capacità di prevedere, attraverso analisi in prospettiva, dell’Idf. Le tattiche asimmetriche delle guerriglie antimperialiste, dal Libano alla Palestina ed allo Yemen, annullano la “guerra ibrida” sistematizzata dalle centrali di comando della Nato. Israele, in quanto laboratorio dell’imperialismo Usa, è specializzata nella “guerra irregolare” (quella che trascende la valorizzazione delle Capacità Umane) portandosi dietro le debolezze d’una entità illegittima: l’incapacità di trovare un appoggio logistico da parte delle popolazioni locali. Uccidere un leader politico (es. Nasrallah) non è strategia militare, ma crimine; arruolare mercenari (es. Daesh oppure l’Els) non significa avere il supporto della popolazione locale, ma è semplicemente terrorismo di Stato. Dopo una prima disamina, partendo dalla letteratura giornalistica militare, dobbiamo ritenere il regime sionista strategicamente sconfitto.
Israele: la “guerra cognitiva” sconfitta dalla Resistenza nazionale libanese
“Il nemico israeliano non si sarebbe sottomesso e non avrebbe accettato il cessate il fuoco se non si fosse scontrato con una solida resistenza che non si è spezzata di fronte agli insidiosi crimini di omicidio” Mohammed Abdul-Salam, portavoce di Ansarullah
Lo storico Orazio Di Mauro, analista del Movimento per la Rinascita Comunista (MpRC), ha messo a fuoco alcune questioni geostrategiche, partendo dalla disamina delle caratteristiche della rete tunnel degli Hezbollah, ovvero l’architettura della guerriglia asimmetrica:
“I tunnel sono progettati per scopi multipli: consentono il movimento nascosto di combattenti e comandanti, il trasporto di armi e rifornimenti, e servono come rifugi sicuri in caso di attacco aereo israeliano. Alcuni tunnel sono abbastanza grandi da poter essere utilizzati per il lancio di razzi e missili, permettendo di effettuare attacchi rapidi e poi ritirarsi senza essere rilevati.”
“Questi tunnel sono utilizzati per facilitare operazioni di guerriglia e imboscate. Possono emergere vicino a posizioni israeliane, consentendo a Hezbollah di sferrare attacchi a sorpresa e ritirarsi rapidamente. La rete è anche progettata per frammentare e confondere eventuali tentativi di infiltrazione da parte delle forze israeliane.”1
La rete tunnel non rappresenta soltanto una validissima infrastruttura difensiva, ma è anche offensiva: questi tunnel erano stati progettati per consentire infiltrazioni nel territorio israeliano, la distruzione di postazioni logistiche, il rapimento di soldati (gli Hezbollah, a differenza dell’Idf, non hanno mai preso di mira i civili, dimostrando grande eticità) e le incursioni – spiega molto bene Di Mauro – presso le linee nemiche. La multifunzionalità dei tunnel è oggetto di disamina nelle accademie militari (in modo asettico ed al di là degli orientamenti politici), ciononostante il giornalismo lubrificato non ha dismesso una pratica deontologicamente scorretta: demonizzare ciò che non s’è in grado di comprendere.
Israele, in quanto entità e non Stato nazionale, non è in grado di intaccare le capacità militari degli Hezbollah, una delle guerriglie antimperialiste più motivate del pianeta. Nasrallah in Libano ed il gen. Qasem Soleimani in Siria hanno teorizzato e messo in pratica, guadagnandosi la stima delle accademie militari di tutto il mondo, l’architettura dell’Asse sciita della Resistenza. Al generale-martire Qasem Soleimani dobbiamo la distruzione dell’Isis, “un esercito segreto della Cia”(per dirla con lo storico Webster Tarpley).
Israele: una entità infanticida e razzista, destinata alla sconfitta
Il regime israeliano è atipico. Il sociologo marxista James Petras ne ha individuato alcune caratteristiche:
“Israele è sicuramente una potenza colonialista, in possesso del quarto o quinto arsenale nucleare più fornito, ed è il secondo più rilevante esportatore di armi nel mondo. Comunque, il suo tipo di popolazione, la sua espansione territoriale e la sua economia sono sparute rispetto alle potenze imperiali e alle potenze imperiali di recente emergenti. Malgrado questi limiti oggettivi, Israele esercita un potere enorme nell’influenzare la direzione della politica estera (e di guerra) degli Stati Uniti in Medio Oriente attraverso un potente apparato politico ideologicamente sionista, che permea lo Stato, i mezzi di informazione di massa, i settori delle élites economiche e la società civile. Attraverso l’influenza politica diretta di Israele nella produzione della politica estera degli Usa, come pure attraverso la sua collaborazione militare esterna con i regimi dittatoriali vassalli dell’impero, Israele può essere considerata parte della configurazione delle potenze imperiali, malgrado i suoi limiti demografici, la quasi universalistica condizione di paria della sua diplomazia, e la sua economia sostenuta dall’esterno.”2
Il vero potere di Tel Aviv sta nella lobby sionista, come ha spiegato Petras con metodo marxista “uno Stato nello Stato”, capace di penetrare i gangli vitali del deep state: Cia, Pentagono e l’industria bellica. Il sionismo è l’ideologia di Stato della borghesia imperialista Usa e, come scriveva il giornalista Alan Hart, “il bubbone tumorale della politica internazionale”. Tutto questo trascende i limiti territoriali d’un deposito d’armi degli anglosassoni, utilizzato da Washington per la sperimentazione d’armi di nuova generazione oppure per testare l’opinione pubblica mondiale dinanzi uno sterminio islamofobo di massa: il Paese della “Grande Bugia”. Israele come, citando il giornalista di Haaretz Gideon Levy, “Stato del male”.
Israele, in quanto “nazionalismo territoriale”, è militarmente un regime imperialista, ma non super-imperialista ovvero non è in grado d’aprire – a differenza dell’imperialismo Usa – più fronti d’aggressione neocoloniale. Netanyahu e gli ultimi rantoli del fascismo sionista, condannati dalla Cpi (la quale, purtroppo, seguita a ripiegare sulla logica del “né, né”, equiparando i barbari sionisti-revisionisti ai Resistenti di Hamas), vogliono accelerare il genocidio dei palestinesi di Gaza, una volta eletto il presidente della lobby ebraica Usa: Donald Trump. Citando il presidente venezuelano, il socialista bolivariano, Hugo Chavez: “Israele è un braccio assassino dell’impero Usa”.
Note:
1 https://movimentorinascitacomunista.com/2024/09/02/perche-israele-teme-il-conflitto-con-hezbollah/
2 James Petras, Analisi sull’impero: Gerarchie; Architetture; Clientele
Immagine: Wilhelm Joys Andersen, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
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