Natale: lettera aperta al cittadino cristiano

di Alessandro Negrini

Le riflessioni – scritte la vigilia di Natale – del regista e poeta sulle ipocrisie e le contraddizioni di chi abbraccia un credo religioso senza conoscerne o condividerne realmente il messaggio, soprattutto nel giorno che dovrebbe celebrare, tra mito e storia, la nascita del suo fondatore, ormai trasformato in vuoto rituale e in occasione di consumo ostentato, per chi può permetterselo.

Caro cristiano, scrivo a te, da ateo, in questa vigilia di Natale. Per me la nascita di Gesù è un po’ come il cinema. È tutto finto, ma potentemente vero, attuale, rivoluzionario. Gesù non nacque la notte del 24 dicembre, perché il 25 dicembre ha origini pagane e non cristiane e fu l’imperatore Costantino a scegliere questa data, con la Chiesa cattolica furba e felice nel fare coincidere la nascita di Gesù con la festa pagana più celebrata nell’Impero e facilitare così la conversione dei pagani. Gesù non aveva gli occhi azzurri, Maria era una minorenne, Giuseppe aveva forse sessant’anni e lo Spirito Santo non si presentò al battesimo. Ma quel bambino senza occhi azzurri, di pelle scura, già migrante prima che potesse esistere la parola “migrante”, una volta cresciuto lasciò per sempre un monito indelebile. Lasciò la più bella preghiera che ha un’eco profonda anche dentro un ateo come me, che non crede e non vuole il paradiso dopo la morte, ma la dignità in questa vita, per tutti, sempre. Un uomo senza occhi azzurri che lasciò a tutti noi quel monito: l’inferno è l’uomo che calpesta un altro uomo. Eppure, caro amico, amica, conoscente e sconosciuto cristiano, a cui mi rivolgo, questi giorni sono per me motivo di profonda inquietudine: perché sempre, da sempre e per sempre mi domando: com’è cristianamente compatibile dichiararsi credenti, che tu sia devoto praticante o distratto credente e voltarsi, ogni giorno, dall’altra parte? 

Sì, dall’altra parte: credenti che non profferiscono mai una sola parola, un solo gesto e anche grazie al loro silenzio lasciano uccidere decine di migliaia di bambini nel luogo più dimenticato del mondo, il popolo sottoposto al più atroce atto di sterminio dalla Seconda Guerra mondiale in avanti. So che, in fondo in fondo, tu lo sai, ma ti volti dall’altra parte. Perché fa fatica, perché all’abominio ci si abitua e, come efficacemente aveva descritto Hanna Arendt, vivendo come consuetudine accettabile “la banalità del male”, affinché quel grido non giunga a disturbare il tuo salotto, le tue preghiere, il tuo distacco dal mondo che esiste fuori dal tuo protetto pianerottolo. Perché anche la religione è mero strumento consolatorio volto a riparare solo i rami spezzati del proprio albero senza più linfa, vivo solo perché ancora in piedi.

Perché si è veramente vivi, se si è ancora persone. E allora, con profondo rispetto ma altrettanto fermo desiderio di guardarti negli occhi, ti domando, perché credi? Perché preghi?

Che senso ha rivolgere le proprie preghiere, pensieri, credenze a colui che morì scegliendo gli ultimi, gli invisibili, se si è incapaci di cercare se stessi negli altri e ancora di più negli altri annientati dall’ingiustizia? Anche questa sera festeggi la nascita di colui che stava con gli ultimi ma, serenamente, prosegui nel tacere su chi governa punendoli gli ultimi, ovunque, che siano quelli ai quali è stato tolto l’unico salvagente sociale, il reddito di cittadinanza, che consentiva di non finire nella disperazione o nel ricatto della semischiavitù di paghe da fame e nel ricatto delle mafie, o che siano le persone disperate che arrivano sui barconi, visti come pericolo e non come “fratelli”. Perché in questo mondo capitalista c’è un solo Dio: l’affermazione di sé e della propria famiglia. 

L’individuo. Io.

Eppure, quel dio, quel figlio in carne sceso per sacrificarsi, rese politica, nel senso più alto, e pericolosa, nel senso più rivoluzionario, la parola “amore”.

E allora, ti chiedo: come fai a non sentire (non sentire più?) che Gesù nasce proprio da quell’altra parte? Che Gesù nasce negli occhi di quei pochi bambini ancora vivi che vagano orfani a Gaza sotto ennesime altre bombe da noi inviate? Nei volti delle famiglie licenziate via email, in quelle private di un sostegno in nome di un “merito” che spiana sempre la strada ai privilegiati, che nasce nei figli dei 2000 operai morti quest’anno, perché costa meno rischiare di farli morire, che proteggerli mentre lavorano. Negli anziani soli, della cui serenità non ci frega nulla, perché sono anziani e non sono una banca da salvare. 

Gesù nasce nelle palpebre di chi rialza e rialza lo sguardo e dice: No! gli uomini non sono merci. Gli uomini non sono merci.

Gesù senza occhi azzurri, nasce in quell’interminabile carezza che si chiama “Noi”.

E dunque, caro amico, amica, conoscente, sconosciuto cristiano: so che hai altre cose importanti a cui pensare: i regali da comprare, una cucina da arredare, un mutuo da pagare, la recita a scuola, le bollette, l’olio di palma da evitare, i parenti da sopportare. Ma magari, di notte, ti capita ancora di fare fatica ad addormentarti, perché qualcosa è ancora vivo in te e palpita e quel qualcosa sente che sei disunito e sussurra alla tua disperata, normale solitudine; e allora magari ti potrà capitare che, proprio durante la notte, non riesci a dormire e cominci a vagare cercando qualcosa e senti freddo. Perché se rimaniamo solo individui chini sul nostro ombelico, siamo soli, nonostante le maschere, con quel freddo bastardo che non tace, dentro.

E allora brindiamo a questo Natale.

Alzando finalmente lo sguardo dicendoci: siamo dei maledetti ipocriti e Gesù nasce anche per sbugiardare la nostra oscena, colpevole, cinica e triste ipocrisia.

Che sia una rinascita dello sguardo e allora sì, sorriso verso un’umanità nuova.

Benvenuto, ovunque sarai, ovunque guarderai, Gesù senza gli occhi azzurri.

Immagine: foto di pubblico dominio tratta dalla rete internet

Lascia un commento

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑