No, non è un intrigo internazionale è guerra

di Orazio Di Mauro

I due arresti di Mohammad Abedini e Cecilia Sala, al netto del doppio standard con cui l’Occidente affronta il tema della libertà di stampa, sono da collocare nel complesso equilibrio di guerra dell’attuale scenario internazionale.

Il 16 dicembre 2024, all’aeroporto di Malpensa, viene arrestato Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere meccanico, ritenuto un esperto di droni e conoscitore dei sistemi d’arma collegati a essi. Proveniva dalla Svizzera ed era in possesso della doppia cittadinanza, svizzera e iraniana.

I motivi per cui la polizia italiana ha arrestato Mohammad Abedini sono legati a una richiesta informale avanzata dagli organi di intelligence americani, nello specifico dalla Cia. A carico di Abedini non risultano mandati di cattura nazionali o internazionali, né egli è accusato di alcun reato commesso in Italia. Va ricordato che, secondo la legge, il fermo e l’arresto possono avere una durata massima di 96 ore, dopo le quali è necessaria la convalida da parte di un giudice.

Tuttavia, tra il giorno dell’arresto e il 28 dicembre 2024, Mohammad Abedini è rimasto in carcere senza che venissero mosse accuse formali o che fosse emesso un mandato di cattura internazionale. La richiesta formale di estradizione da parte degli Stati Uniti è stata presentata solo il 28 dicembre 2024. Ciò significa che Abedini è rimasto in stato di fermo per ben 12 giorni oltre il limite previsto dalla legge italiana, senza alcun provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria italiana.

Passiamo ora al caso della giornalista italiana Cecilia Sala, anche lei imprigionata, ma in Iran, a partire dal 19 dicembre 2024, dopo essere arrivata nel Paese con un regolare visto giornalistico il 13 dicembre. Le autorità iraniane hanno formalizzato le accuse il 30 dicembre 2024, sostenendo che Sala avrebbe agito in violazione della normativa vigente della Repubblica islamica.

È interessante notare come, anche nel caso di Sala, le accuse siano state formalizzate esattamente 12 giorni dopo l’arresto, proprio come nel caso dell’ingegnere iraniano. La notizia dell’arresto di Cecilia Sala è stata resa pubblica il 27 dicembre 2024 dal ministero degli Affari esteri italiano.

Mario Calabresi, direttore di Chora Media, presso cui Sala lavorava producendo il podcast Stories, ha dichiarato in varie interviste che la notizia era stata inizialmente tenuta riservata per favorire un tentativo di liberazione attraverso canali diplomatici, rivelatisi però fallimentari. Di conseguenza, si è deciso di rendere pubblica la vicenda.
Entrambi i casi, quello di Abedini e quello di Sala, evidenziano situazioni di arresto senza accuse formali, con una formalizzazione delle accuse avvenuta 12 giorni dopo il fermo. Questo pone interrogativi sulla narrativa che descrive il comportamento iraniano come antidemocratico e quello italiano come pienamente rispettoso della legalità. È evidente che, in entrambi i casi, vi sono state violazioni delle garanzie giuridiche fondamentali.

Inoltre, l’Italia è percepita da molti Stati non allineati con la Nato o gli Stati Uniti come una nazione cobelligerante, con tutte le responsabilità e i rischi che ciò comporta. Gli italiani, spesso, credono erroneamente di essere “neutrali” nelle dinamiche geopolitiche, ma ciò non rispecchia la realtà. Questa percezione errata può esporre cittadini italiani, come Cecilia Sala, a diventare bersagli o strumenti di pressione in contesti di crisi internazionali.

Con il crescente rischio di conflitti che potrebbero coinvolgere il suolo europeo, è fondamentale che i cittadini italiani siano consapevoli delle implicazioni geopolitiche che li riguardano.

Immagine: Información – dipinto del 2005 della serie Dystopia di Sebastián Picker, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

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