Diamanti

di B. L. e M. M.

Il film di Ferzan Özpetek si inserisce in una tendenza più generale e diffusa, che propone un cinema tutto “esperienza-emozione”, anti-intellettuale e che sollecita il recupero dei sensi.

Diamanti, l’ultimo film di Ferzan Özpetek appena uscito nelle sale, ha avuto un grande successo di pubblico, che ha apprezzato con partecipazione questa storia al femminile con incassi da primo in classifica

La sceneggiatura di Özpetek, scritta con Carlotta Corradi ed Elisa Casseri, il cast di attrici e presentatrici italiane come Elisa Casseri, Carlotta Corradi, con Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Milena Mancini, Elena Sofia Ricci, Geppi Cucciari, Mara Venier, Kasia Smutniak, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Paola Minaccioni, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Milena Vukotic, Giselda Volodi, accompagnate da Stefano Accorsi, Luca Barbarossa e Vinicio Marchioni, Carmine Recano, Edoardo Purgatori, Valerio Morigi, contribuiscono alla creazione di un film corale e un film nel film. 

Infatti, nella solita terrazza romana, che è ormai quasi una citazione, il regista in persona convoca le sue attrici e i suoi attori preferiti, più alcune “new entry”, per sottoporre loro il copione del suo prossimo film, Diamanti, un film che celebrerà il potere del femminile. Li osserva e si fa ispirare da loro, finché il suo immaginario, improvvisamente, fa precipitare lo spettatore nel passato, negli anni Settanta, in una grande sartoria cinematografica con a capo due donne, Alberta e Gabriella Canova (Luisa Ranieri e Jasmine Trinca), dove gli uomini ricoprono solo ruoli marginali e le donne possono litigare, ma sono unite dalla sorellanza. Qui, il cinema che prevale è quello dietro le quinte che dà lavoro ai costumisti. In questo modo realtà e finzione si mescolano e le vite delle attrici si intrecciano con quelle dei loro personaggi. Ferzan Özpetek dà l’impressione di essere interessato alla società e ai suoi problemi, soprattutto quelli che vivono le donne lavoratrici ma, invece, affiora il concreto sospetto che il film proceda come una specie di autoanalisi, uno strumento che, distorcendo il reale in chiave melò, voglia, di fatto, ravvivare il senso della realtà attraverso l’immaginazione, il liberarsi delle passioni, la follia di anime fiammeggianti e creative. In questo modo, Ferzan Özpetek dimostra di saper fare a meno di una idea di mondo, di imporre contorni, di dare al mondo una forma stabile e realistica; infatti, il film si svolge tutto negli interni, dove emergono meglio l’intimità e la profondità dei sentimenti e delle emozioni in cui percepisce la donna che, per lui, è una creatura che vede la realtà con tutta la sincerità e l’acutezza di cui è capace; infatti, il regista evita le idee preconcette e prefabbricate caratteristiche dell’uomo. Lo scopo? Mettere in luce un brandello soggettivo di realtà che sia solo sua, di Özpetek, creatore di frammenti che uniti tra loro attraverso una sorta di “visione aerea”, fluida, totale, dia voce a quanto c’è di originale nella sua soggettività. 

Non c’è bisogno di rimarcare quanto vacuo sia il “piacere estetico”, slegato da ogni fine morale e sociale, ma si tratta di inserirsi, con questo cinema sensuale e anti-intellettuale, in una tendenza più generale e diffusa che proponga un cinema tutto “esperienza-emozione”, che solleciti il recupero dei nostri sensi, che faccia leva sul desiderio tutto contemporaneo di vedere, di udire, di percepire senza fissarne i concetti.

La musica gestisce bene l’alternanza delle musiche originali di Giuliano Taviani con quelle scelte da Carmelo Travia con le canzoni di Mina e certi silenzi che arrivano improvvisi a zittire la scena; la canzone-tema del film è di Giorgia, il montaggio di Pietro Morana indugia sui classici primissimi piani del regista, mentre la fotografia di Gian Filippo Corticelli crea una luce d’interni fatta di contrasti tra ombre e colori sfavillanti. I costumi, affidati a Stefano Ciammitti, sono all’altezza del contesto della famosa sartoria Tirelli, in cui la scenografia di Deniz Göktürk Kobanbay accompagna ogni scena nel mondo del costume e ci fa respirare un’altra epoca.

In questo ultimo lavoro il regista sembra citare se stesso: terrazze, tavolate, costumi ricercati, interni misteriosi, in cui i personaggi non sono in cerca d’autore, bensì di se stessi e sembrano evocare Le fate ignoranti e Magnifica presenza.

Non manca neanche l’omaggio alle attrici italiane del passato.

Insomma, c’è tutto per un film di cassetta: esce a Natale, attrici italiane, musiche retrò per un melò tutto sentimenti e tanti luoghi comuni in mezzo a luci soffuse. 

Infatti, il pubblico esce mormorando: “un capolavoro”.

Difficile smontare tanta commozione e ammirazione di un pubblico così ingenuo. Per questa volta rispettiamo il piacere della visione.

Immagine: scena tratta dal film Diamanti

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