DeepSeek e la guerra degli Stati Uniti contro la Cina e l’umanità

di Luigi Basile

Il lancio della rivoluzionaria applicazione di Intelligenza Artificiale prodotta in Asia rende ancora più chiare le ragioni della guerra commerciale, politica e ideologica scatenata in questi anni da Washington e da altri Paesi occidentali contro la Cina, ma anche il prezzo e i rischi che questo attacco comporta per i cittadini di tutto il mondo.

Una notizia che nei giorni scorsi ha conquistato notevole spazio e attenzione sui mass media nazionali e di tutto il mondo è il lancio da parte dell’azienda cinese DeepSeek, guidata da Lian Wenfeng, di un’applicazione basata su un innovativo sistema di intelligenza artificiale, performante, realizzato con investimenti limitati (al contrario dei programmi e dei sistemi approntati e commercializzati dai big statunitensi del settore), con un ridotto utilizzo di memoria dei dispositivi, con un modello informatico aperto, completamente gratuita e con una licenza che ne consente un ampio utilizzo da parte di terzi.

Una vera e propria “rivoluzione”, insomma, per il settore informatico e in particolare per il segmento dell’Intelligenza Artificiale, considerato oggi – a torto o a ragione – la “punta di diamante” dello sviluppo digitale.

La notizia, peraltro rilanciata proprio da Sam Altman – amministratore delegato di Open AI, azienda statunitense leader dell’intelligenza artificiale, che ha sviluppato il modello Chat Gpt – che ha confermato le potenzialità e l’efficienza del nuovo prodotto realizzato nella Repubblica popolare cinese, ha anche messo in allarme il mondo politico di Washington. Soltanto qualche giorno dopo infatti è stato convocato un incontro a porte chiuse con un ristretto numero di esponenti del Congresso e della Casa Bianca.

L’immediata conseguenza dell’annuncio di DeepSeek comunque è stato il crollo delle quotazioni di borsa delle principali aziende informatiche e di componenti tecnologici Usa, a Wall Street e nelle piazze di contrattazione dei titoli finanziari di tutto il mondo, e in particolare di Nvidia, i cui chip (le versioni più datate e meno potenti sfuggite al blocco delle esportazioni verso la Cina) sono stati utilizzati da DeepSeek.

Ma perchè tanto clamore e attenzione per questo avvenimento?

Innanzitutto le tecnologie avanzate sono ormai da anni il settore economico e produttivo più redditizio e in continua espansione, nel quale gli Stati Uniti riescono ad imporre un’egemonia, se non un vero e proprio monopolio, all’intero Occidente e su tutto il pianeta, anche se da tempo la Cina è diventata il principale competitore, contro il quale sono stati emanati da Washington diversi provvedimenti per tentare di isolarla e metterla in difficoltà commercialmente e produttivamente, con modalità molto scorrette, ma come è evidente senza alcun risultato.

I campi di applicazione delle tecnologie digitali, inoltre, riguardano tutti i settori: dagli aspetti della vita quotidiana di tante persone, alla gestione dei servizi, all’automazione industriale, ai settori strategici, militari, della sicurezza, della gestione e del controllo delle informazioni e della comunicazione, della sorveglianza e dello spionaggio di massa, da decenni questi ultimi ampiamente utilizzati dalle agenzie federali statunitensi, come dimostrato dalla scoperta della rete satellitare Echelon, attiva sin dagli anni ’70 (ma l’Accordo Ukusa per il controllo dei segnali elettromagnetici è stato sottoscritto già nel 1941 ed esteso successivamente agli altri Paesi alleati anglofoni), ai programmi Prism e Tempora, resi pubblici nel 2013 dall’informatico e attivista, ex consulente Cia, Edward Snowden .

Infine, le tecnologie avanzate sono agli occhi dell’opinione pubblica il vero simbolo della società contemporanea e del futuro. Il Sud e l’Est del mondo vengono rappresentati dall’Occidente e dai suoi centri di potere politico, economico e culturale, attraverso media acritici o compiacenti e propagandistici, da parte dell’Occidente e dei suoi centri di potere politico, come realtà arretrate, instabili e non democratiche, allo scopo di delegittimare sistemi sociali e stili di vita differenti, in modo particolare quando si tratta di Paesi non allineati ai diktat degli Stati Uniti, della sua ancella Unione europea e della Nato. Un clichè difficilmente applicabile alla Cina, da decenni il Paese più dinamico del pianeta sotto il profilo sociale ed economico, e che sempre più, anche attraverso le tecnologie avanzate, oltre che con grandi piani di sviluppo internazionale e politiche di dialogo e di pace, si presenta come un gigante affidabile, prospero, cooperativo, moderno e allo stesso tempo con una storia e una cultura antichissime. Tutto ciò nonostante la guerra commerciale, ideologica e cognitiva (cioè di sistematica disinformazione, svalorizzazione e aggressione) messa in atto dalle amministrazioni statunitensi e talvolta, soprattutto di recente, dai suoi Stati satellite, compresa l’Italia governata da Meloni e dalla destra, ridotti ormai al rango di colonie.

Il caso dell’Intelligenza Artificiale cinese, dunque, ha un grandissimo impatto in termini “psicologici” e di “immagine”, ma anche molto concreti.

Va poi evidenziato che il rilascio della nuova applicazione di DeepSeek è avvenuta all’indomani delle dichiarazioni di Trump sul progetto Stargate, con la prospettiva di 500 miliardi di dollari di investimenti sull’Intelligenza Artificiale, del quale Sam Altman è partner. Programma che ha suscitato lo scetticismo di Elon Musk, patron del social X e della rete satellitare Starlink e cofondatore di Open AI (poi uscito dal Consiglio di amministrazione), ora anche Consigliere del Dipartimento della Spesa pubblica, e che ha creato tensioni tra i due multimiliardari delle tecnologie. Il progetto quindi ha dovuto immediatamente fare i conti con le spiazzanti novità provenienti dall’Asia.

Intanto in Italia sono subito cominciate le difficoltà per DeepSeek. Su Play Store della Google in questi giorni non è più possibile scaricare l’applicazione gratuita (disponibile però su internet, ma rallentata da imponenti attacchi informatici), a causa dell’intervento del Garante della privacy che ha avviato un accertamento sul sistema di raccolta e utilizzo dei dati degli utenti, chiedendo informazioni in merito alle società che lo hanno sviluppato. Altrettanto però è successo nel 2023 con OpenAI per Chat Gpt. Ma già appare chiaro che c’è chi è pronto ad avviare azioni di boicottaggio e delegittimazione, a cominciare dai soliti presunti esperti in cybersicurezza, penalizzando cosi gli utenti. E tutto ciò avviene, in nome della privacy, in un Paese dove la Fiat fin dagli anni ’50 ha segretamente e illegalmente schedato centinaia di migliaia di operai, attuando azioni ritorsive contro sindacalisti e attivisti politici di sinistra, dove le compagnie telefoniche private sono state protagoniste di numerosi casi di intercettazioni di massa abusive, a fini ricattatori, e dove i servizi segreti, che spesso si muovevano contro gli interessi dei cittadini e delle istituzioni della Repubblica, effettuavano ed ancora effettuano (come la cronaca testimonia) dossieraggi illeciti. E dove persino la stampa mainstream compila liste di proscrizione per uso politico e diffamatorio.

Ma proprio in questi giorni, sempre Sam Altman ha rilanciato un progetto avviato nel 2019, trasformandolo parzialmente: procedere alla “schedatura” dell’iride di tutti gli abitanti della Terra. Il programma denominato World (precedentemente Worldcoin), che attraverso un dispositivo sferico chiamato Orb procede allo scansionamento degli occhi e in particolare delle iridi, archiviando i dati biometrici acquisiti, serve a costruire una sorta di anagrafe globale. Gli utenti che si presteranno ricevono una criptovaluta promossa dalla stessa azienda, un’identità digitale unica e potranno interagire con una serie di applicazioni commerciali sul proprio telefono. Lo scopo dichiarato dell’operazione avviata dalla compagnia Tools of Humanity, che ha sede in California ed è già approdata anche in Europa, a Monaco di Baviera, in Germania, è creare un metodo per distinguere, nella cosiddetta era dell’intelligenza artificiale, gli esseri umani dai bot, i programmi che accedono ai siti internet per raccogliere dati o svolgere automaticamente attività. Per fare ciò si è pensato di installare gli Orb nei bar, nei distributori automatici e ovunque sia possibile. L’Autorità Nazionale per la Protezione dei Dati del Brasile ha bloccato preventivamente l’applicazione, intimando alla società di interrompere l’offerta di compensi, in cambio di scansioni dell’iride, perchè gli incentivi finanziari possono compromettere il libero arbitrio delle persone riguardo la raccolta dei propri dati biometrici, soprattutto facendo leva sul bisogno, in aree con diffusa povertà.

Eppure solo qualche anno fa proprio dagli Stati Uniti, ma anche dall’Europa, si lanciava l’allarme che la Cina avrebbe diffuso un sistema di riconoscimento e schedatura oculare dei cittadini, mentre l’Occidente in realtà già lo faceva, con l’utilizzo e la raccolta di impronte digitali (sullo smartphone, nei punti di accesso delle banche e in alcuni casi anche per il rilascio di documenti digitali). Ma così non è stato. Soltanto un falso allarme, l’ennesimo, di un regime di potere menzognero.

Oggi però il sistema di schedatura oculare viene proposto proprio dagli Stati Uniti, più precisamente da un’azienda privata statunitense, il cui cofondatore condivide progetti con il governo e i suoi apparati militari, presentandola come una nuova grande tappa del progresso umano e tecnologico, anche con un’anteprima dai toni quasi mistici, tenuta nella Silicon Valley.

Nel frattempo – per iniziativa di Trump durante il suo primo mandato, poi di Biden, e anche adesso il clima non sembra mutato – gli Stati Uniti hanno ingaggiato una guerra commerciale contro la Cina, non senza provocazioni militari e minacce territoriali (con la questione di Taiwan e la presenza di navi da guerra Usa nel Mar Cinese Meridionale) e in maniera specifica azioni di boicottaggio delle industrie tecnologiche cinesi.

Dall’“arresto shock” (così lo ha definito Il Sole 24 Ore del 6 dicembre 2018), in Canada su richiesta degli Usa, di Meng Wanzhou, direttore finanziario e figlia del fondatore della Huawei, al blocco di forniture di chip ad aziende cinesi, all’embargo sulle materie prime per la realizzazione di componenti per computer, a cui la Cina dopo alcuni anni ha risposto a sua volta con lo stop alle vendite di materiali per semiconduttori e soprattutto con lo sviluppo da parte delle aziende cinesi di propri chip. Per non parlare della vicenda di Tik Tok in Usa (dove la piattaforma cinese ha 170 milioni di utenti), osteggiata dal governo, che ha imposto la vendita del ramo americano.

La guerra economica si è estesa anche all’Unione europea, con dazi sulle auto elettriche prodotte nel Paese orientale, nonostante la contrarietà di alcuni Stati membro, ma anche su altri prodotti a basso costo, che gravano poi sui consumatori europei.

Un trattamento che anche Trump sta per riservare alla Cina, ma pure al Canada, al Messico e ai suoi alleati europei dell’Unione, che da Biden invece erano stati obbligati a rinunciare al gas a prezzi ridotti della Russia e ad imporre sanzioni a Mosca, che hanno affossato l’economia continentale e in particolare quella italiana.

Ora però a fare ricorso presso le istituzioni Ue, contro i dazi anticinesi, sono proprio le industrie europee dell’auto, come la Bmw, e americane, come la Tesla di Musk, che ha sede anche in Italia, perchè il mercato già in crisi rischia di collassare, se viene danneggiato il Paese più competitivo del settore, che fa da traino producendo auto a più basso costo, oltre che componentistica, e che paradossalmente viene invocato come partner dagli Stati, in primis l’Italia, per risolvere vertenze di aziende private decotte, che hanno prosciugato le risorse pubbliche.

Va infine evidenziato che i dazi e le politiche protezionistiche vengono messe in atto da Paesi occidentali che hanno elevato il liberalesimo a ideologia assoluta e che sono i riferimenti del “libero mercato”.

Da tutti questi elementi risulta chiaro perchè gli avvenimenti di questi giorni sono così importanti e qual è la posta in gioco per l’Occidente, che alimenta i conflitti con la Cina e con il resto del mondo, danneggiando gli stessi cittadini europei e americani, per difendere il profitto di pochi e pepetrare il dominio di oligarchie, in nome del sistema liberalcapitalista, con sempre maggiori rischi per i diritti sociali, ormai considerati accessori e completamente calpestati, e le libertà individuali e dei popoli.

Immagini: Alenoach, Public domain, via Wikimedia Commons; schermate sito deepseek.com

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