Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Ucraina: il velo di Maya si squarcia 

di Gianmarco Pisa 

“Istanze di colloqui di pace aumentano e una finestra di opportunità per la pace si va aprendo – dichiara il Ministro degli Esteri della Repubblica popolare cinese; sebbene le parti abbiano posizioni diverse e sia difficile trovare soluzioni semplici a questioni complesse, il dialogo è sempre meglio dello scontro e i colloqui di pace sono sempre meglio della contrapposizione. […] La Cina sostiene tutti gli sforzi tesi alla pace, incluso il recente consenso raggiunto tra Stati Uniti e Russia”.

E così si squarcia il velo di Maya: l’incontro di Riad tra il segretario di Stato Usa Marco Rubio e il ministro degli Esteri della Federazione russa Sergej Lavrov (18 febbraio), i cui esiti sono stati successivamente valutati in termini positivi dallo stesso presidente russo, Vladimir Putin; i successivi incontri di Trump con Emmanuel Macron (24 febbraio) e con Keir Starmer (27 febbraio), nei quali erano emerse, rispettivamente, l’insofferenza verso i costi a carico degli Stati Uniti per sostenere l’Ucraina e l’indisponibilità degli Stati Uniti a impegnare propri contingenti direttamente in territorio ucraino (al di là della presenza militare statunitense già operativa sul campo, con funzioni tecniche, di supporto e addestramento); infine, il clamoroso incontro-scontro consumato tra Trump e Zelensky il 28 febbraio, hanno l’effetto di delineare due immagini simmetriche. 

La prima, la contraddizione che si viene aprendo nel campo atlantico, segnata dal cambio di strategia degli Stati Uniti e dalla clamorosa inadeguatezza delle classi dirigenti europee nel sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda della nuova fase. La seconda, l’apertura di una finestra di opportunità per la diplomazia, con uno spazio, difficilmente immaginabile fino a tre mesi fa, per un nuovo dialogo tra Stati Uniti e Federazione russa e una nuova opportunità di definire condizioni per un possibile cessate-il-fuoco e, in prospettiva, per la pace. 

Il fatto che questo spazio sia abitato da due soli protagonisti, appunto, gli Stati Uniti e la Federazione russa, e la rocambolesca conclusione del vertice Trump-Zelensky, cioè dell’incontro ufficiale tra i vertici di Stati Uniti e Ucraina, con quel monito che la stampa ha attribuito a Trump (una cosa del tipo: “Torni quando sarà pronto per la pace”), con tanto di controcanto da Kiev (“Ora gli Usa giocano apertamente con la Russia”), disegnano chiaramente lo scenario e squadernano con evidenza la contraddizione. In termini generali (culturali, persino), tre anni di retorica sulla democrazia da salvare contro l’autocrazia da sconfiggere e sulla necessità di difendere i valori del c.d. Occidente crollano come un castello di sabbia nel giro di poche ore, come mera propaganda. 

Inoltre, lo scenario disegnato da questo riposizionamento degli attori in campo evidenzia con ancora più clamore l’affermazione della logica di potenza e il primato dei rapporti di forza sul piano internazionale, dinamiche, peraltro, certamente enfatizzate da modi e toni della “diplomazia” di questa amministrazione statunitense. 

Infine, il dato più significativo, vale a dire che negoziano direttamente Usa e Russia perché si è trattato e si tratta, nel caso della guerra in Ucraina, di un conflitto tra Usa/Nato e Russia, come tante volte gli analisti più avvertiti hanno messo in luce. Usa e Russia principali protagonisti dello scontro sul suolo ucraino e destinati dunque a essere principali protagonisti di una composizione di quello stesso scontro nel momento in cui la parola passerà dalle armi alla diplomazia. La chiarezza delle parole del presidente statunitense è al tempo stesso una presa d’atto della realtà: gli Usa intendono uscire dal conflitto e negoziare una soluzione sulla base, in buona sostanza, di una sconfitta sul campo; inutile girarci intorno, basta leggere le dichiarazioni e osservare le mappe, per registrare che la guerra è stata persa dagli Usa e, soprattutto, è stata persa dall’Unione europea. 

Torna, quindi, la grande assente, la parola “pace”, nelle dichiarazioni della diplomazia: una pace senza aggettivi e, senza dubbio, una pace dall’alto, visto il contesto negoziale nel quale sembra (potrebbe) prendere forma. Una pace declinata nel senso del realismo politico: una pace negoziata tra le grandi potenze, una pace dall’alto e non certo dal basso, e, comunque, una pace, che dovrebbe promuovere la possibilità di un progressivo superamento della guerra e di una potenziale ridefinizione di alcuni fattori importanti del quadro internazionale. 

Molto significativa, sotto questo profilo, la dichiarazione rilasciata dal ministro degli Esteri della Repubblica popolare cinese, Wang Yi, in occasione del recente (20 febbraio) incontro dei Ministri degli Esteri del G20 a Johannesburg. In primo luogo, “agire come guardiani della pace. I Paesi dovrebbero rispettare la sovranità e l’integrità territoriale, e rispettare i percorsi di sviluppo e i sistemi sociali scelti indipendentemente; perseverare inoltre nel dialogo e nella negoziazione, e cercare una soluzione pacifica alle divergenze e una soluzione politica alle questioni aperte. Il confronto tra blocchi e l’interferenza negli affari interni di altri Paesi devono essere respinti. I Cinque principi della coesistenza pacifica, avviati dalla Cina e da alcuni altri Paesi del Sud del mondo settanta anni fa, rimangono più rilevanti che mai nelle circostanze attuali”. 

E poi, a proposito della crisi ucraina, “istanze di colloqui di pace aumentano e una finestra di opportunità per la pace si va aprendo. Sebbene le parti abbiano posizioni diverse e sia difficile trovare soluzioni semplici a questioni complesse, il dialogo è meglio dello scontro e i colloqui di pace sono meglio della contrapposizione […]. La Cina sostiene tutti gli sforzi tesi alla pace, incluso il recente consenso raggiunto tra Stati Uniti e Russia. Ci auguriamo che le parti interessate possano trovare una soluzione sostenibile e duratura che tenga conto delle reciproche preoccupazioni […]. Tenendo a mente le preoccupazioni della comunità internazionale, specie quelle del Sud del mondo, la Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione politica della crisi”. 

La Repubblica popolare cinese, anche in un contesto geograficamente (ma non strategicamente) distante, non è per nulla assente, in questo rinnovato (e per vari aspetti inedito) scenario. Basta tornare con la memoria alla prima metà di febbraio. È dello scorso 10 febbraio la dichiarazione di Trump con la quale affermava di aver ottenuto il consenso a che l’Ucraina ripaghi gli aiuti statunitensi, peraltro quantificati, nelle diverse dichiarazioni di Trump, di volta in volta, in 175, 200 e infine 300-350 miliardi contro i ca. 100 miliardi di aiuti europei (laddove per la precisione si tratterebbe di 88 miliardi di euro, più un impegno militare in termini di supporto e addestramento, più i ben 16 pacchetti di sanzioni, tanto illegali quanto controproducenti, l’ultimo dei quali adottato appena lo scorso 24 febbraio, dunque ben sei giorni dopo l’incontro di Riad, a ulteriore dimostrazione di quanto la strategia europea sia fuori tempo, fuori centro e fuori fase rispetto alla dinamica messa in moto dall’apertura della recente iniziativa diplomatica bilaterale: un vero e proprio “epic fail” Ue).

È significativo, quindi, osservare che, appena una settimana prima, il 3 febbraio, proprio la Repubblica popolare cinese aveva annunciato l’introduzione di una serie di limitazioni alle esportazioni di tungsteno, tellurio, bismuto, indio e molibdeno, indispensabili in diversi settori industriali, come risposta ai dazi aggiuntivi (10%) annunciati da Trump su diversi prodotti cinesi; non è, cioè, un caso che lo stesso giorno dell’annuncio cinese Trump abbia manifestato l’intenzione di voler negoziare un “accordo” con l’Ucraina affinché quest’ultima possa offrire una “garanzia”, in cambio degli aiuti statunitensi, proprio sulle sue risorse minerarie. 

È il percorso che ha portato alla discussione (poi bruscamente interrotta dopo il clamoroso scontro Trump-Zelensky alla Casa Bianca, in attesa ovviamente di ulteriori sviluppi) su un possibile accordo bilaterale sulle risorse minerarie ucraine. Tale accordo, secondo quanto illustrato da diversi organi di stampa, prevede la costituzione di un fondo, di proprietà congiunta Usa-Ucraina, in base ai contributi effettivi dei due Paesi e gestito congiuntamente da Ucraina e Stati Uniti. Il governo ucraino contribuirebbe al fondo con il 50% di tutte le entrate derivanti dalla futura monetizzazione di tutte le risorse naturali di sua proprietà, minerali, idrocarburi, petrolio, gas naturale, carbone, lignite e tutti i materiali estraibili, nonché di tutte le infrastrutture rilevanti per le risorse naturali (come i terminali di gas naturale liquefatto e le infrastrutture portuali e aeroportuali). 

Una vera e propria liquidazione delle risorse strategiche del Paese, fatta salva la variabile, segnalata da alcuni analisti, che il 30-40% di queste risorse è nelle aree dell’Est, sotto controllo russo e dichiarate territorio russo di nuova acquisizione. Il valore stimato di queste risorse è pari a 3.800 miliardi di dollari a Luhansk e 3.200 miliardi di dollari a Donetsk. Sebbene si parli, frequentemente, di “terre rare”, ciò di cui si sta parlando sono in realtà minerali strategici. L’Ucraina non è, come si dice, un “campione minerario” (come ad esempio il Congo per il cobalto con il 60% delle riserve mondiali), tuttavia ha risorse particolarmente importanti in termini di minerali strategici e risorse critiche, e la variabile-risorse è un fattore importante di questa guerra. 

L’Ucraina è tra i primi dieci fornitori mondiali di risorse minerarie; detiene le maggiori riserve di titanio in Europa e una delle maggiori riserve di litio del continente, posizionandosi come fornitore-chiave per l’industria aerospaziale, tecnologica e militare; detiene giacimenti di minerali strategici come il gallio, il berillio, l’uranio (utilizzati nel settore nucleare e aerospaziale); ospita, inoltre, riserve fondamentali per vari settori industriali.

Follow the money”, è un vecchio adagio, sempre attuale: non spiega tutto, ma aiuta a capire. Una recente dichiarazione di Trump pare rivelatrice: “I contribuenti americani saranno ora rimborsati per i soldi, centinaia di miliardi di dollari, investiti per aiutare l’Ucraina a difendersi. L’accordo sui minerali fornirà la base per una relazione futura più sostenibile tra Stati Uniti e Ucraina, e quindi stimolerà la prosperità a lungo termine che aiuterà gli ucraini a ricostruire il loro Paese – che è stato demolito”. Una perdita netta, non solo in termini di aiuti militari e finanziari, ma anche in termini di perdite subite dalle aziende Usa che hanno lasciato il mercato russo e che ammonterebbero, secondo altre stime, a 324 miliardi di dollari. Come si diceva: per gli Usa, sul campo la guerra è persa, occorre salvare il salvabile, capitalizzando su ciò che resta dell’Ucraina – e della Ue. 

Riferimenti:

Speciale – La guerra in Ucraina, Rainews: https://www.rainews.it/maratona/2025/02/zelensky-laiuto-degli-usa-ci-serve-ma-vogliamo-garanzie-trump-insiste-non-vuole-la-pace-78521a03-00b4-4210-bd36-4757ee854ff5.html

Marco La Rocca, Ucraina: la Cina al G20 loda il “consensus” Russia-Usa, raggiunto senza l’Europa, Eunews, 21.02.2025: https://www.eunews.it/2025/02/21/ucraina-cina-g20-pace-russia-usa-europa

Remarks by H.E. Wang Yi at the G20 Foreign Ministers’ Meeting, Johannesburg, 20.02.2025: https://www.mfa.gov.cn/eng/wjbzhd/202502/t20250221_11560001.html

L’UE adotta il 16° pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia, Rappresentanza in Italia, EC, 24.02.2025: https://italy.representation.ec.europa.eu/notizie-ed-eventi/notizie/lue-adotta-il-16deg-pacchetto-di-sanzioni-nei-confronti-della-russia-2025-02-24_it

Gianandrea Gaiani, Guai ai vinti! Ucraina e Ue costrette a pagare le “riparazioni di guerra”. Agli Stati Uniti, Sinistrainrete, 24.02.25: https://www.sinistrainrete.info/geopolitica/29926-gianandrea-gaiani-guai-ai-vinti-ucraina-e-ue-costrette-a-pagare-le-riparazioni-di-guerra-agli-stati-uniti.html

Gianandrea Gaiani, Trump e Putin vanno all’incasso in Ucraina, Sinistrainrete, 17.02.2025: https://www.sinistrainrete.info/geopolitica/29883-gianandrea-gaiani-trump-e-putin-vanno-all-incasso-in-ucraina.html 

Riccardo Piccolo, Terre rare in Ucraina, cosa sappiamo finora sull’accordo con gli Stati Uniti, Wired, 26.02.2025: https://www.wired.it/article/terre-rare-ucraina-usa-accordo 

Europa sotto scacco: Zelensky è un problema per l’Occidente?, Tracce di Classe, 01.03.2025: https://www.youtube.com/watch?v=aM2vzG_gbzQ 

Immagine: Pokrovsk (2025.01.08), Donetsk Regional Military Civil Administration, Wikimedia Commons: CC BY 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by/4.0

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