di Fosco Giannini
Pubblichiamo la relazione introduttiva del compagno Fosco Giannini, coordinatore nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista, alla riunione del Coordinamento nazionale del Mprc tenutasi, in modalità remota, domenica 16 marzo 2025. La relazione, che ha presentato all’organismo dirigente del Mprc la proposta, avanzata da Prospettiva Unitaria, volta a costituire il partito comunista entro il gennaio 2026 attraverso un’Assemblea nazionale composta da delegati dei territori, è stata approvata all’unanimità.
Care compagne e cari compagni del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista,
vorrei innanzitutto ringraziarvi per essere qui, in molte e molti, questa mattina di domenica 16 marzo 2025, in questa ennesima vostra prova di militanza politica e sacrificio. Oggi discuteremo assieme, e assieme sceglieremo, la strada che porterà sia il Mprc che tutta Prospettiva Unitaria, alla costruzione del partito comunista nel nostro Paese.
Dalla Segreteria nazionale del Mprc mi è stato dato il compito di introdurre e concludere quest’importante assise e, ringraziando il compagno Michelangelo Tripodi, presidente nazionale del Mprc, per aver aperto gli odierni lavori e avermi lasciato la parola, inizio la mia relazione rievocando lo stile di lavoro che caratterizzava il Pci storico: in ogni sezione del Pci, fosse pure la più piccola sezione del più piccolo paese di montagna e se pure all’ordine del giorno vi fosse stata la chiusura del mattatoio del paese, la relazione del segretario o della segretaria iniziava dalla delineazione del quadro internazionale; e ciò non per liturgia, ma per un approccio materialista alle questioni politiche generali e territoriali, per la messa in campo di una lettura dialettica degli eventi, per una concezione di fondo marxiana ed engelsiana della totalità delle cose.
Qual è il contesto internazionale nel quale, dunque, i comunisti italiani si muovono e per il quale il Mprc e Prospettiva Unitaria nel suo insieme pongono il problema della costruzione del partito comunista?
Innanzitutto: la storia degli ultimi decenni, al pari della scienza, sembra non svolgersi più attraverso processi lineari ma, al contrario, esponenziali, attraverso, cioè, accelerazioni improvvise e scarti di lato che celebrano già in sé la morte del positivismo e, meglio ancora, ratificano quanto ogni approccio positivista sarebbe, in questo contesto, più che mai desueto e inopportuno.
La natura esponenziale dei processi storici attuali mette in luce, in verità, i moti tellurici che ci attraversano e passano sotto i nostri piedi, non come scosse di assestamento ma come crolli di strutture sistemiche e aperture di voragini che lasciano enormi spazi per i processi rivoluzionari e per l’entrata nella storia, da protagonisti, dei popoli, degli sfruttati e dei diseredati del mondo.
Se noi assumiamo come punto di riferimento temporale paradigmatico il 26 dicembre 1991 (giorno durante il quale viene sciaguratamente ammainata dalle cupole del Cremlino la gloriosa bandiera sovietica), da questo punto temporale ad oggi passano solo 34 anni, meno della metà di una vita media umana di questa fase.
In questi ultimi 34 anni la lettura positivista del fluire storico, una lettura tendente a rimuovere le rotture sistemiche e rivoluzionarie, un’interpretazione del divenire sempre ipotizzata e “regolata” dalla cultura delle classi dominanti e dalla sinistra pavida e moderata, è stata letteralmente cancellata, spazzata via, dalla realtà delle cose e la realtà si è imposta per ciò che è: un presente segnato da processi violenti di trasformazioni sociali e politici su scala planetaria.
Dopo il 1991, dopo il golpe reazionario e filoamericano di Eltsin, dopo lo scioglimento dell’Urss, il complesso industriale, finanziario, ideologico e politico imperialista, attraverso una sorta di transfert alla Carl Gustav Jung, decise che la storia era finita.
Ma Fukuyama non fa in tempo a ratificarla, la fine della storia, che immensi processi antimperialisti e rivoluzionari, dal Nicaragua al Venezuela, dalla Bolivia al Brasile, con Cuba socialista che rimane al centro del progetto insurrezionale, attraversano l’intera America Latina, offrendo il loro decisivo contributo al rapido cambiamento del mondo.
Gli stessi moti si sviluppano in Africa: non solo il Sudafrica (dove il grande Partito Comunista Sudafricano è parte decisiva per la vittoria contro l’apartheid) segna di sé, della propria rivoluzione, l’intera Africa australe, ma assieme alla Libia di Gheddafi mette a fuoco l’idea continentale di un’Africa libera dal giogo americano, attraverso il progetto di una Banca centrale africana e una moneta africana in alternativa e in sostituzione del Fondo Monetario Internazionale e del dollaro. E sarà per questo asse strategico Mandela-Gheddafi, sostenuto da altri Paesi africani, che gli Usa, la Nato e l’Ue bombarderanno, distruggeranno la Libia e trucideranno Gheddafi come un animale, in diretta e di fronte alle televisioni del mondo.
Anche nell’Eurasia un fronte antimperialista prende corpo attraverso la sconfitta di Eltsin e la vittoria di Putin in Russia, i due fatti di consistenza storica che spengono i desideri nordamericani di facile conquista della Russia postsovietica e della sua trasformazione in un nuovo e vasto mercato occidentale, una sconfitta, per gli Usa, che ingenera nelle classi dominanti nordamericane un odio particolare verso Putin e una spinta alla guerra contro la Russia; un fronte antimperialista euroasiatico che accumula forze attraverso lo sviluppo economico del Vietnam socialista, le vittorie socialiste nel Nepal e nel Laos, il ruolo positivo dell’India e del ruolo antimperialista che al suo interno svolgono i due grandi partiti comunisti indiani di massa, l’azione del forte Partito Comunista Giapponese e, in Russia, del Partito Comunista della Federazione Russa e soprattutto, la titanica crescita economica, sociale, tecnologica, politica e militare della Repubblica Popolare Cinese che, attraverso questa poderosa base materiale, si offre sia come nuovo cardine del fronte antimperialista mondiale che come concretissimo esempio della possibilità/necessità di costruire il socialismo nell’era della crisi globale del capitalismo e dell’egemonia Usa.
Contro i deliri di quelle “sinistre” (le sinistre imperialiste, come le definiva uno di più grandi filosofi marxisti del ‘900, Domenico Losurdo, nostro ispiratore), contro i deliri di queste “sinistre” che definiscono la Cina imperialista, occorre ribadire la natura socialista della Cina, il suo “socialismo dai caratteri cinesi”, segnato dall’applicazione, in grandissime dimensioni e con caratteri politico-teorici autonomi, della Nep leninista.
È sulla base di questo decisivo cambiamento di rapporti di forza tra fronte imperialista e fronte antimperialista a livello mondiale che si giunge, con una rapidità storica straordinaria, solo 18 anni dopo la fine dell’Urss e la ratifica della “fine della storia”, alla costituzione, nel 2010, dei Brics. Nel 2014 si costituisce poi, come significativo segno di cambiamento nel mondo a favore dei popoli in via di liberazione, la Nuova Banca di Sviluppo, la banca dei Brics come alternativa antimperialista al Fondo Monetario Internazionale.
Se consideriamo come prima fase, dopo la fine dell’Urss, quella dell’euforia imperialista e come seconda quella dell’imponente insurrezione antimperialista planetaria, la terza fase, che viviamo, è questa della rabbiosa e violenta reazione delle forze imperialiste e della Nato proprio all’inaspettato determinarsi, nel quadro mondiale, della sempre più vasta unità degli Stati e dei popoli che sfuggono al dominio americano e, attorno all’epicentro del socialismo cinese, costruiscono i Brics come primo nocciolo di un’alleanza volta ad allargarsi smisuratamente sul piano mondiale e strategicamente tendente all’egemonia internazionale.
Nella generale reazione di guerra dell’imperialismo all’improvvisa crescita del fronte antimperialista, spiccano due “momenti” di particolare pregnanza internazionale e persino storica: il colpo di stato che nel 2014 organizzano – mettendo in campo il Battaglione Azov e i movimenti nazifascisti “banderisti” ucraini – gli Usa, la Nato e l’Unione Europea a Kiev, per spodestare il legittimo presidente Viktor Janukovyč, ragionevolmente contrario all’entrata dell’Ucraina nell’Ue e nella Nato e il summit del G7 del giugno 2021 in Cornovaglia, che permette a Biden di far genuflettere a sé, agli Usa e alla Nato tutta l’Unione Europea, la Gran Bretagna, il Canada e il Giappone, licenziando, peraltro, un sanguinoso “Documento finale di Carbis Bay” (da tutti i Paesi presenti sottoscritto) che, chiedendo chiaramente la costruzione di un vasto fronte mondiale militare contro la Russia e la Cina, si presenta al mondo come un documento che, se davvero si verificasse l’orrore della terza guerra mondiale, di questa guerra sarebbe il presupposto progettuale.
Mentre la “sinistra” moderata o radical italiana, comprese alcune aree “comuniste” “amletiche” (“né con Putin né con Biden”, doppia negazione a cui sfugge il ruolo odierno dell’imperialismo) condannano l’intervento di Putin in Ucraina come “risposta imperialista”, il MpRC ha affermato, e ancor più oggi afferma, che la risposta russa è stata e rimane di legittima difesa, difesa della Russia, dei popoli del Donbass e della Crimea e del grande mondo multipolare che va prendendo corpo nel pianeta e si oppone al progetto Usa-Nato-Ue di ripristino del vecchio dominio colonialista unipolare.
Dunque, il grande cambiamento dei rapporti di forza internazionali rende ancor più razionale e verosimile la lotta antimperialista e per la trasformazione sociale nei paesi capitalistici occidentali, compresa l’Italia. Questo cambiamento dei rapporti di forza, che evoca un mondo nuovo e libero dal giogo statunitense, di nuovo riconsegna piena legittimità storica ad un pensiero e ad una prassi della trasformazione sociale e della rivoluzione in occidente.
Tuttavia, non potranno essere i Brics a fare la rivoluzione per noi, in Italia.
E si pone il problema, a partire da ciò, di una nuova inclinazione ideologica comunista in grado di recuperare, innanzitutto sul piano della coscienza ideologica e filosofica, la categoria filosofica e politica dell’azione soggettiva, già messa in campo da Lenin e da Gramsci, mentre sul piano politico si pone il problema di costruire e far crescere nella prassi, nella lotta, la soggettività comunista e rivoluzionaria sul terreno positivamente fertilizzato dal cambiamento dei rapporti di forza internazionali .
Nel nostro Paese, per ragioni sia storiche che contingenti, il residuo movimento comunista organizzato versa in una crisi profonda, drammatica, per molti versi terminale e irreversibile. Nel senso che le organizzazioni partitiche comuniste odierne non danno affatto l’idea di potersi espandersi e rinvigorirsi, ma piuttosto quella di rinsecchirsi ulteriormente e finire. Ed è per questo che sia come Mprc che come Prospettiva Unitaria ci poniamo oggi la questione del partito comunista, della costruzione del partito comunista.
E dobbiamo farlo a partire, appunto come avrebbe fatto anche il segretario di una sperduta sezione del Pci storico avendo all’ordine del giorno la chiusura dell’asilo nido del paesino, a partire dalle contraddizioni internazionali.
Oggi dobbiamo chiederci: la politica di Trump va considerata come un cambiamento di linea rispetto alla controffensiva di guerra imperialista di Biden, oppure essa altro non è che un prolungamento di tale linea con altre forme?
Non ci sono dubbi: la linea di Trump è il proseguimento della linea strategica di guerra mondiale di Biden sotto altre forme.
In una recente e straordinaria intervista al Corriere della Sera, Dmitri Suslov (presidente del Centro Studi Economici della Federazione Russa e Consigliere di Putin) ha messo a fuoco i tre seguenti punti:
– la scelta di Trump di avviare una trattativa con Putin è il prodotto della vittoria militare russa in Ucraina ed è un arretramento strategico volto a raccogliere le forze nordamericane per la guerra strategica contro la Cina;
– per la Russia l’imperialismo Usa rimane il nemico fondamentale;
– se pure la Russia giungerà con Trump ad un accordo sull’Ucraina, essa non romperà l’asse privilegiato con la Cina e con i Brics.
Dunque, per riflettere su Trump, la nuova fase e la nuova forma imperialista nordamericana post-Biden, occorre partire dal dato di fatto che gli Usa e la Nato, con Trump, riconoscono la sconfitta militare in Ucraina e si ritirino dal conflitto. Aprendo nuove strade per il ritorno alla guerra.
Tre fatti di grande portata si sono presentati sul palcoscenico del reale solo negli ultimi mesi, tra gennaio e febbraio 2025, a conferma di una storia che sta viaggiando a ritmi esponenziali e non lineari:
Primo: lo scorso 20 gennaio 2025, giorno dell’insediamento ufficiale di Trump alla presidenza degli Usa, l’intera Silicon Valley, l’intero capitalismo big tech nordamericano, la nuova e oscura potenza neocapitalista, e per alcuni versi postindustriale Usa, si è raccolta sul palco assieme a Trump, genuflessa al neopresidente. A rendergli omaggio, non vi era solo Elon Musk (SpaceX, Tesla, Hiperloop, The Boring Company, X social network, già Twitter, per un fatturato totale annuo di 500 miliardi di dollari), l’ideologo del tecno-autoritarismo e sostenitore dichiarato dei neonazisti tedeschi della Allianz für Deutschland; vi erano anche Tarek Waked, il capo dell’inquietante, per grandezza, potenza economica e politica e capacità di organizzazione e manipolazione del senso comune di massa, Type One Ventures (tecnologia spaziale, robotica, intelligenza artificiale, nanotecnologie, automazione, longevità umana); David Sacks, il nuovo re dell’intelligenza artificiale, capo dell’immensa Craft Venture; vi era Jeff Bezos, proprietario di Amazon (nuovo costruttore planetario della coscienza mercificata); i capi di Apple, Microsoft, OpenAl; vi era Sundar Pichai (amministratore delegato di Google e Alphabet); Marc Andreessen, leader della Venture Capital di Silicon Valley; Peter Thiel, nuovo grande tycoon internazionale dell’economia digitale, megafono dell’estrema destra globale, “cuore di tenebra” della Silicon Valley, che assieme a Max Levchin ha fondato l’ormai planetario servizio di pagamento online PayPal e, ultimo arrivato, col passo trafelato del nuovo servo, del nuovo suddito nel regno trumpiano, Mark Zuckerberg (Meta-Facebook).
Sul palco del 20 gennaio 2025, a Capitol Hill, mentre Trump veniva ufficialmente riconfermato presidente, si riaggregava fisicamente la cosiddetta “PayPal Mafia” (Musk, Thiel, Saks, Andreessen), tenuta assieme da quel sistema di pagamento digitale che ha cambiato la merce-denaro accumulando quell’immenso, incalcolabile profitto universale che, in così tanta quantità, forse mai aveva visto il capitalismo industriale e produttivo.
Cosa è accaduto, nell’essenza? Ciò che è accaduto, così ben plasticamente raffigurato dalla grande, vasta, unita squadra di tecno-miliardari americani a fianco e al servizio di Trump, è che il potere del “quinto capitalismo” (quello dell’intelligenza artificiale al totale servizio del nuovo profitto capitalista storico, della tech- economy, della cripto-moneta universalizzata, di un potere mediatico ristretto in pochissime e mafiose mani) è divenuto totalmente consustanziale al potere politico, come se le acciaierie Krupp, negli anni ’30 in Germania, avessero preso direttamente il potere, a fianco di Hitler, persino spodestando Hitler; come se Gustav Krupp non si fosse limitato a finanziare l’ascesa al potere del nazismo ma ne avesse preso direttamente la guida e con esso la guida dello Stato.
È accaduto che “il capitalismo della sorveglianza”, oltreché dello sfruttamento planetario e della terza guerra mondiale sia salito, negli Usa, direttamente al potere, occupando e dirigendo tutti gli spazi vitali e le articolazioni dello Stato, dal Pentagono alle politiche sull’immigrazione, dalla sanità alla scuola, dall’economia alla politica internazionale. Le gravi minacce insite in uno spaventoso ed esponenziale, non lineare, sviluppo tecnologico in mano a quei ristretti gruppi dell’attuale iperliberismo-fascismo si sono drammaticamente materializzate negli Usa di Trump, di Musk e Thiel; un’architettura tecnologica volta all’organizzazione del consenso delle masse planetarie che ora ha le mani libere nel verosimile obiettivo di piegare interi popoli e continenti al Moloch di un profitto e di una manipolazione delle coscienze i cui livelli mai la storia del capitalismo aveva precedentemente toccato.
Secondo: Trump e la sua linea economica del protezionismo. Per motivi che andrebbero a fondo indagati si è costituito una sorta di automatismo politico-intellettuale per cui quando si parla di isolazionismo e protezionismo si pensa immediatamente e solamente a quello statunitense degli anni ’20, ed ora al protezionismo “trumpista” come una sorta di “stranezza” del tycoon al potere. In verità la linea del protezionismo, significativamente teorizzata anche attraverso le opere Lo Stato commerciale chiuso (1800) di Johan Gottlieb Fichte e Il sistema nazionale di economia politica (1803) di Friedrich List, ha attraversato e segato di sè l’intera storia del capitalismo, e il capitalismo l’ha utilizzato ogni volta che ne abbia avuto bisogno per avviare una nuova accumulazione capitalistica e il ritorno, in forze, (economiche e militari) ad un progetto di guerra e dominio. Esattamente ciò che ora sta facendo Trump.
Terzo: la lotta doganale lanciata da Trump contro l’Ue. Il neo presidente lancia tale offensiva sapendo che gli Usa subiranno dure contromisure da parte dell’Ue. Perché non si cura di tali contromisure? La risposta, come sempre, sta nella materialità delle cose e, in questo caso, specificatamente nella bilancia commerciale Usa-Ue.
Secondo l’American Chamber of Commerce to the European Union, la guerra dei dazi euroamericana mette a rischio una bilancia commerciale del valore di 9.500 miliardi di dollari in scambi e investimenti bilaterali l’anno. Nel 2024 il commercio bilaterale di beni tra Stati Uniti e Paesi europei, incluso il Regno Unito, ha raggiunto il livello record di circa 1,3 trilioni di dollari, mentre lo scambio totale di servizi tra le due economie è stato stimato in oltre 750 miliardi di dollari. Ma le vendite delle aziende europee che hanno investito oltreoceano sono state molto più elevate, si legge ancora nel rapporto di AmCham Eu. L’anno scorso le vendite delle affiliate Ue negli Stati Uniti sono state probabilmente superiori a 3,5 trilioni di dollari e le vendite delle affiliate statunitensi in Europa sono state superiori a 4 trilioni.
Per ciò che riguarda i servizi: nel 2024 gli Stati Uniti hanno avuto un avanzo commerciale per la parte dei servizi di 293 miliardi di dollari, un 5% in più rispetto al 2023. Per il 2023 l’Ue ha importato servizi dagli Usa per 427,3 miliardi di euro, contro i 318,7 miliardi di servizi esportati in Usa. Sommando il deficit commerciale di beni e merci con il surplus commerciale della parte relativa ai servizi, si deduce che nel 2024 la bilancia commerciale complessiva degli Stati Uniti chiude con un disavanzo commerciale di 926 miliardi di dollari. Nel 2023 il deficit commerciale USA era stato di 773.4 miliardi di dollari.
Dunque, siamo di fronte ad una bilancia commerciale Usa-Ue nella quale non emerge un netto vincitore, ma vi è un soggetto, gli Usa, che guadagna di più su di un fronte commerciale e ve n’è un altro, l’Ue, che trae profitto da altri fronti.
Di nuovo, dunque, la domanda: perché sono allora gli Usa a lanciare la guerra sui dazi?
Per capire pienamente il senso di questa guerra lanciata da Washington contro Bruxelles occorre aggiungere ai dati che emergono dalla bilancia commerciale Usa-Ue altri dati e una considerazione politica generale.
Cominciamo dalla considerazione politica generale: Trump punta ad un isolazionismo (l’altra medaglia del protezionismo) che gli permetta di tentare un grande rilancio dell’industria manifatturiera interna e, con ciò, il rilancio dell’occupazione e di una nuova accumulazione, specie del complesso militare industriale, volta all’agguato strategico contro la Cina. Per questo obiettivo è disposto a rischiare qualcosa sul fronte del confronto/scontro commerciale.
Ma sono i dati mancanti nella bilancia commerciale Usa-Ue fornitici dall’American Chamber of Commerce to the European Union, quelli che fanno la differenza e nei quali si addensa molta “verità strategica”: la bilancia delle partite correnti della Banca Centrale europea e anche della Banca d’Italia – gli scambi di beni, servizi, transazione finanziarie e redditi – inizia ad essere favorevole agli Usa dal 2022 in poi. Gli Usa iniziano a fatturare nella zona euro, dal 2022 ad oggi, ben più di quanto fatturassero in precedenza e la base materiale di questa inversione di tendenza risiede tutta nella rivoluzione digitale che, nell’Occidente capitalista, e non solo, è condotta ed egemonizzata dalle multinazionali nordamericane (dal quinto capitalismo nordamericano che si è stretto tutto attorno a Trump lo scorso 20 gennaio2025, durante l’insediamento di Trump alla presidenza Usa).
Il pagamento, da parte dell’Ue nel suo complesso, alle Big Tech californiane per “i diritti d’uso di proprietà intellettuali” (attenzione a queste novità lessicali nelle quali è in agguato la nuova fase storica ed il nuovo ciclo di lotta di classe sul piano planetario) passa da 25 miliardi di euro nel 2018 a 155 miliardi nel 2023. Quei flussi di denaro vanno dai Paesi Ue, attraversando l’Atlantico, verso ovest ogni volta che un cittadino di Berlino, Roma, Milano, Parigi sottoscrive un abbonamento Netflix, a ChatGpt 4.0 per un atto di lavoro, a Microsoft per organizzare videoconferenze, per muoversi su Facebook, per investire nelle criptovalute. È l’economia immateriale che sta segnando di sé la nuova fase storica, sono le merci immateriali (per quanto anche certo dogmatismo “marxista-leninista” non riesca a comprendere, rifiutandola a priori, in modo anti marxista, questa novità) che stanno invadendo i mercati, in un’anticipazione, in forma ancora primordiale, dei mercati di merci immateriali del prossimo futuro. Ciò che è particolarmente significativo rimarcare è che l’area commerciale euro ha registrato, in virtù dell’arrivo delle merci immateriali Usa, un “rosso”, nelle partite correnti con gli Usa, di 7,5 miliardi di euro nel 2022 e di 22, 1 miliardi nel 2023, e ciò malgrado il grande surplus Ue con gli Usa derivante dagli scambi in merci materiali: cioè, il mondo cambia, cambiano i connotati stessi dello sviluppo capitalista, senza che ciò diminuisca tutti i pericoli insiti nell’ “esigenza” padronale del profitto, anzi aumentandoli, aumentando di conseguenza la necessità storica del socialismo.
Anche l’Italia è succube di questo nuovo trend: i pagamenti italiani agli Usa per “i diritti di proprietà intellettuale” deflagrano da 605 milioni di euro nel 2018 a 1,9 miliardi nel 2023.
Risiede anche in questa tendenza nuova dell’economia e dei mercati la durezza con la quale Trump lancia la guerra doganale pure contro l’Ue, consapevole che, allo stato delle cose, in relazione al diverso grado di sviluppo delle forze produttive di merci immateriali (ora favorevoli agli Usa) il mercato interno all’Ue è molto penetrabile dalle merci immateriali statunitensi e ciò diventa la nuova base materiale di accumulazione di profitto e potere statunitense, a prescindere dai livelli doganali che l’Ue vorrà innalzare contro le merci materiali Usa.
Quelli che stiamo, sinteticamente, affrontando sono i temi del presente e del futuro, i temi che segneranno le lotte di classe nazionali e internazionali prossime, temi che si addenseranno ulteriormente quando lo sviluppo delle forze produttive dell’Ue dirette alla produzione di merci immateriali daranno vita ad una nuova lotta intercapitalista e interimperialista (lotte sempre presenti che non si spengono e non si spegneranno per nessuno, inesistente, impossibile a darssuper imperialismo); temi, dunque, che dovranno segnare la ricerca delle avanguardie comuniste, che dovranno segnare la riflessione del partito comunista che nascerà da Prospettiva Unitaria. E rimarchiamo ciò anche alla luce della sostanziale assenza di questi temi nei recenti documenti congressuali di Rifondazione Comunista e del PCI.
L’Unione europea va alla guerra. Perché?
L’unione europea non esiste. Il paradosso storico è che essa non esista nel momento stesso in cui produce politiche neoimperialiste, guerrafondaie e socialmente sanguinose contro i popoli europei. L’Ue non è il prodotto di processi storici oggettivi e unificanti condotti dai popoli e dagli Stati europei. Essa è un artefatto violento voluto e guidato dal grande capitale transnazionale europeo volto all’abbattimento dei diritti, dei salari e dello stato sociale sul piano continentale, un progetto finalizzato ad una nuova accumulazione capitalistica in grado di permettere allo stesso capitale transnazionale europeo di tornare a competere con gli altri poli imperialisti mondiali, dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica, per la conquista dei mercati internazionali.
L’Ue è una struttura astorica e fatiscente, segnata da un parlamento falso e non legiferante, da una Moneta senza Stato, un falso Stato essenzialmente “germanizzato” e volutamente privo di un sistema fiscale sovranazionale, un falso Stato genuflesso alla dittatura di un proprio e solo corpo istituzionale: la Commissione europea, non a caso presieduta da un’esponente diretta del fronte più reazionario dell’Ue: Ursula von der Leyen. La stessa von der Leyen che oggi trascina l’Ue alla guerra contro la Russia attraverso quel sanguinario e imperialista progetto di Rearm Europe di 800 miliardi di euro.
Per la propria impossibilità oggettiva di procedere attraverso percorsi democratici, l’Ue procede attraverso reiterati percorsi “golpisti”, gli stessi che l’hanno vista nascere. Cos’altro è, se non “putschismo”, quel “metodo Macron” attraverso il quale il popolo francese ha dovuto subire l’emarginazione del Nuovo Fronte Popolare guidato dal Mèlenchon e dal partito comunista francese che ha vinto le ultime elezioni in Francia? Cos’è, se non un atto dittatoriale, la consegna, da parte di Macron, della guida del governo alle forze conservatrici sconfitte alle elezioni?
Cos’è, se non un atto “golpista”, l’improvviso progetto Macron-Starmer (questo vergognoso e fascistizzante premier laburista del Regno Unito) volto a rafforzare l’ombrello atomico franco-britannico in versione antirussa?
E non è forse “golpismo” puro quello di Friedrich Merz, il leader della CDU tedesca che ha vinto le recenti elezioni in Germania e che punta ad un progetto di grande riarmo tedesco (sino all’atomica) attraverso un cambiamento della Costituzione che dovrebbe passare all’interno dell’attuale Bundestag, che è ancora quello precedente alle ultime elezioni, poiché i nuovi eletti non sono ancora entrati e impedirebbero, attraverso il “blocco” oggettivo prossimo Allianz für Deutschland – Die Linke, la manomissione della Costituzione tedesca?
Lo stesso, violento quanto misconosciuto, attacco alla Giustizia, in Italia, ad opera del governo Meloni (attacco vigorosamente denunciato, tra i non molti, dal compagno della Segreteria Nazionale del MpRC, Lorenzo Fascì, e dal Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Domenico Gallo) non fa forse parte di quel vasto progetto reazionario che oggi serpeggia all’interno dell’Ue?
La sintesi concettuale è la seguente: un soggetto storico dai piedi d’argilla e segnato dalla possibilità di crollare su stesso, un soggetto privo di identità storica e incapace di produrre collante politico, economico e culturale tra gli Stati e i popoli europei – l’Ue- sta ora cercando di darsi un’identità ed una unità sovranazionale attraverso il riarmo e la guerra. Mai come ora la parola d’ordine dei comunisti dev’essere quella di uscire dall’Ue, di far esplodere in senso rivoluzionario le contraddizioni in seno ad essa, riconsegnando ai popoli e agli Stati europei la loro autonomia e la possibilità di ricollocarsi, politicamente e filosoficamente, nell’area mondiale antimperialista, socialista e progressista: l’area, ormai planetaria, dei Brics-plus.
L’Italia: la classe lavoratrice italiana, l’intero popolo italiano, soggiacciono sotto il quadruplice peso dell’egemonia di guerra Usa-Nato, delle politiche iperliberiste, antioperaie e antidemocratiche dell’Ue, del grande capitale italiano e dell’asse antipopolare unico dato dal governo Meloni e dall’ “opposizione” filo imperialista e filo capitalista guidata dal Partito Democratico.
L’asse unico antipopolare Meloni-Schlein consegna al popolo italiano un Paese egemonizzato da un esercito straniero d’occupazione, la Nato, composto da circa 130 basi Usa-Nato dispiegate sull’intero territorio nazionale, un esercito straniero che guida l’Italia al riarmo e alla guerra; genuflette il popolo italiano alle politiche sociali sanguinose di Bruxelles e della Banca centrale europea; permette quella profonda penetrazione industriale, bancaria, finanziaria dell’imperialismo nordamericano, e non solo, nel nostro Paese che ha prodotto, tra l’altro e non solamente:
– l’occupazione dell’intera Sardegna da parte dei sistemi eolici e fotovoltaici della J. Morgan statunitense;
– l’acquisto, da parte della Whirpool Usa, della Merloni e poi la destrutturazione e la delocalizzazione verso Paesi con forza lavoro dai bassi salari, della stessa ex Merloni;
– l’acquisto, da parte di fondi nordamericani, delle storiche e prestigiose nel mondo, Cartiere Miliani, per poi avviare, da parte degli stessi fondi nordamericani, la destrutturazione dell’azienda e, come accade oggi, centinaia di licenziamenti;
– la conquista, da parte dell’Alcoa nordamericana, della produzione e del mercato dell’alluminio in gran parte del nord d’Italia, l’acquisto, sempre da parte dell’Alcoa, dell’industria sarda (nel sassarese) dell’alluminio e poi la svendita della ex industria sarda di Portovesme (una delle poche in Sardegna) alla multinazionale svizzera Sider Allois;
– la penetrazione massiccia dei fondi americani nel sistema bancario italiano (dal 2013 il valore dei fondi Usa è cresciuto di 30 miliardi di dollari e il valore delle partecipazioni Usa è oggi del 23%).
Tutto ciò accompagnato da un processo imponente di de-industrializzazione italiana (avvenuto anche sulla scorta della privatizzazione della Telecom del 1997, guidata dal governo Prodi e benedetta da D’Alema, che è stato uno dei più vigliacchi e antipopolari atti politico-economici dell’intera storia della Repubblica), unito a nuove spinte neo imperialiste italiane come quella della Stellantis, che ha goduto di enormi aiuti a fondo perduto da parte dello Stato per poi portare produzione e lavoro all’estero, attaccando duramente la classe operaia italiana, in un progetto, appunto, neoimperialista che richiederebbe solamente la stessa nazionalizzazione della Stellantis ex Fiat.
Siamo di fronte all’autodistruzione dell’intera cantieristica navale italiana, alla svendita progressiva della siderurgia (con il fondo nordamericano Bedrok che ha messo gli occhi sull’Ilva di Taranto), tutto ciò mentre prosegue selvaggiamente la distruzione della Sanità pubblica, che avviene nell’indifferenza generale, sotto i dettami del Trattato di Maastricht, sotto le politiche filo padronali e consustanziali (come sempre, per i fascisti) agli interessi del grande capitale del governo Meloni (volto a favorire quei potentati economici privati che chiedono la privatizzazione della Sanità per impadronirsene) e dopo i processi violenti di smantellamento della stessa Sanità pubblica avviati dai governi di centro-sinistra.
E tutto ciò mentre sta prendendo corpo un nuovo e decisivo fenomeno per il futuro dell’avanguardia industriale italiana: la conquista (che già arriva a circa il 70%) da parte delle multinazionali hi-tech statunitensi della stessa hi-tech italiana, ancora in debole crescita e già divorata dal capitale Usa.
La stessa, totale, inclinazione alla totalità del profitto, da parte del capitale, ha aperto anche nel nostro Paese una grande questione, politica e teorica, legata alla difesa dell’ambiente. I comunisti e le comuniste devono battersi per uno sviluppo che si accompagni anche ad un progresso sociale complessivo e ad una emancipazione dei gruppi sociali subalterni. Per uno sviluppo che non può certo prescindere dal confrontarsi con la questione ambientale e con una lettura dialettica del rapporto uomo, donna-natura. Il tema delle fonti rinnovabili, dell’impatto antropico, del ricambio uomo, donna-natura, devono entrare a far parte della declinazione dell’economico, alla pari con tematiche come l’emancipazione del lavoro, la salvaguardia della salute collettiva e la giustizia sociale. Benessere collettivo e giustizia sociale non devono essere pensati in opposizione allo sviluppo delle forze produttive, né in antitesi alla sostenibilità ecologica, nella consapevolezza che la prassi produttiva della società umana concretizza il ricambio tra umanità e natura. Ma, al contrario di tutto ciò, l’attacco del capitalismo italiano e del capitalismo straniero in Italia, nell’assenza del pensiero forte comunista, ha già messo a forte repentaglio il rapporto uomo, donna- natura.
In questo quadro “horribilis” dove sono le cosiddette forze comuniste italiane? Di fronte alle 130 basi Usa e Nato non garriscono le bandiere rosse con la falce e il martello. Di fronte alla Stellantis non si innalzano le bandiere rosse della lotta e della prospettiva comunista. Non vi è alcuna politica attiva e concreta delle fragilissime, e ormai destinate ad un irreversibile declino, da parte di queste minute “forze” che ancora si autodefiniscono comuniste. Non vogliamo esprimerci con alterigia: vogliamo solo dire che vi è una contraddizione materiale e palese tra l’autodefinirsi comunisti e il non poter praticare una pratica di lotta comunista.
Noi abbiamo il massimo rispetto dei militanti, dei compagni e delle compagne che ancora sono iscritti/e ai piccolissimi partiti comunisti presenti. Ma prendiamo atto della realtà, durissima quanto reale, delle cose: oggi le minute organizzazioni dal nome comunista non svolgono più, in nessun modo e in virtù del loro declino politico, ideologico e organizzativo, nessun ruolo comunista!
E mentre l’Ue ci trascina al riarmo e alla guerra, di fronte ad una poderosa penetrazione egemonica imperialista nel nostro Paese, di fronte al governo vigliacco e filoamericano della Meloni e di fronte all’ insipienza e al tradimento dell’“opposizione” a guida Pd, i comunisti presenti non riescono a dire una parola che la classe e il popolo possano sentire, o organizzare una lotta significativa. Né sono in grado di lanciare la necessaria idea-forza, la necessaria parola d’ordine dell’unità dei comunisti anche per la costruzione di un fronte antimperialista e anticapitalista vasto e di popolo.
È a partire da questa, tanto amara quanto reale costatazione, che oggi il Mprc, dentro Prospettiva Unitaria, pone il problema dell’unità dei comunisti e della costruzione, in Italia, del partito comunista.
Non di un altro partito comunista (poiché partiti comunisti non ce ne sono, se non esilissimi o peggio ancora virtuali, denominati tali nella più ingannevole delle cose: la Rete) ma del partito comunista!
Oggi, i partiti comunisti del mondo governano un quinto dell’intera umanità; i partiti comunisti del mondo (dall’India al Giappone sino al Kenya) guidano le lotte di più di un miliardo di lavoratori! Siamo di fronte ad una grande crescita, a partire dal partito comunista cinese, di ruolo comunista sul piano internazionale!
La storia corre, come abbiamo già affermato, e rende risibili le teorie di morte comunista, dettate contro la realtà, dall’ideologia imperialista: nello Sri Lanka, nel 2022, il partito comunista aveva solamente il 3,8% dei voti. Nel 2024 ha ottenuto circa il 46% dei consensi elettorali e 105 dei 225 seggi al parlamento, dando avvio ad una rivoluzione socialista. Nel Kenya (Paese di oltre 52 milioni di abitanti) si è alzato un processo rivoluzionario di massa guidato dal partito comunista keniota.
La crisi comunista (la crisi del comunismo partitico italiano, non del movimento comunista italiano nel suo insieme) si presenta drammaticamente nel nostro Paese, non nel mondo! Ed è qui, in Italia, guardando il movimento comunista e rivoluzionario mondiale in grande espansione, che vogliamo lavorare per risolvere la questione comunista e costruire il partito comunista!
Prospettiva Unitaria (l’unità d’azione e di lotta del Mprc, di Resistenza Popolare, di Patria Socialista e di Costituente Comunista) ha deciso che la costruzione del partito comunista avverrà entro il gennaio 2026 e che l’Assemblea nazionale per la costruzione del partito comunista sarà formata dai delegati dei territori. Ora, Prospettiva Unitaria dà avvio alle proprie assemblee in tutti i territori del Paese, alla elezione/individuazione dei propri dirigenti territoriali e alla fase, che dovrà essere la più vasta e grande possibile, dell’iniziativa politica e della lotta contro la guerra imperialista, per l’uscita dell’Italia dalla Nato e dall’Ue e in difesa dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
È questo progetto politico complessivo, care compagne e cari compagni del Coordinamento nazionale del Mprc, che sottopongo alla vostra attenzione e chiedo che sia da voi assunto e votato.
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