di Orazio Di Mauro
Un esame chiaro e senza retorica di come, in caso di guerra nucleare strategica o tattica, la quasi totalità della popolazione civile sarebbe abbandonata a se stessa dalle élite italiane che, volenti o nolenti, non si interesserebbero del destino dei loro governati.
L’Italia un Paese senza difesa nucleare, biologica e chimica. Protezione e vie di fuga
L’Italia, per la sua posizione geopolitica e la presenza di basi Nato, terrestri e aereonavali, disseminate lungo il suo territorio, con la presenza di alcune di bombe atomiche strategiche e tattiche, sarebbe tra i primi bersagli di un attacco nucleare in un conflitto globale. Nondimeno, a differenza di altri Paesi, non dispone di alcuna infrastruttura adeguata per proteggere la popolazione civile dalle conseguenze di attacchi nucleari, anche solo tattici. Milioni di italiani sarebbero lasciati completamente esposti alla devastazione e soprattutto al fallout radioattivo, cioè la ricaduta di particelle radioattive disperse nell’ambiente dopo l’esplosione di una bomba atomica. Trasportate dai venti, queste particelle contaminano suolo, aria e acqua, causando gravi danni alla salute e agli ecosistemi. La portata del fallout varia in base all’altitudine dell’esplosione, alla potenza dell’arma e alle condizioni meteorologiche.
In Italia, le basi militari di Aviano, Ghedi, Vicenza e Sigonella, insieme ai principali snodi industriali e logistici (Milano, Roma, Napoli), rappresentano obiettivi prioritari per un attacco nucleare. Gli effetti di un’esplosione nucleare sarebbero catastrofici:
– Zona di distruzione totale (entro 10 km dall’epicentro): temperatura superiore a 4.000°C, edifici rasi al suolo, nessun sopravvissuto.
– Zona di danni gravissimi (entro 20 km): onde d’urto letali, incendi su larga scala, mortalità superiore al 90%.
– Zona di fallout radioattivo (entro 50 km e oltre): esposizione letale a radiazioni, contaminazione del suolo, dell’acqua e dell’aria per decenni.
La conseguenza immediata sarebbe la morte di milioni di persone nelle prime ore, seguita da una crisi umanitaria senza precedenti.
Vivere nel Paese meno protetto d’Europa
Mentre Paesi come Svizzera, Russia, Svezia e Finlandia hanno costruito migliaia di rifugi antiatomici pubblici, ma anche Paesi come Francia e Germania una minima protezione la possiedono, l’Italia, invece, ha completamente ignorato questa necessità. Attualmente non esistono bunker pubblici per la popolazione, né esistono piani di evacuazione strutturati.
Solo l’élite politica e militare ed ecclesiastica (limitata a poche migliaia di persone), avrà accesso a bunker governativi (di cui non si conosce l’ubicazione) e a una protezione garantita. Questo significa che, su 60 milioni di italiani, il 95% non avrebbe alcuna possibilità di protezione. Vediamo il seguente schema:
Modalità di protezioneNumero stimato di sopravvissuti% della popolazioneProbabile durata della sopravvivenza durata Bunker governativi (politici, militari ed ecclesiastici)1.000–10.0000,002–0,017%Medio alta se adeguatamente progettati anche da dieci anni.Rifugi privati ben attrezzati riservati ai più abbienti milionari e/o gruppi violenti.300000-5000007%-10%Potrà variare da pochi mesi a qualche annoRifugi privati poco attrezzati o di fortuna o addirittura inesistenti63.000 000Dal 95%Da poche ore a qualche mese |
La fuga al di là delle speranze della popolazione sarebbe una possibilità per pochi
Senza protezione, l’unica alternativa sarebbe la fuga. Ma dove? Le frontiere terrestri (Francia, Austria, Slovenia) sarebbero chiuse immediatamente per evitare l’afflusso di rifugiati italiani e stranieri. Il trasporto aereo e ferroviario collasserebbe e il caos regnerebbe sovrano, dato che i decisori politici e tecnici si eclisserebbero. L’unica opzione rimarrebbe la fuga via mare verso il Nord Africa. Probabilmente, tra 100.000 e 500.000 italiani, potrebbero tentare di attraversare il Mediterraneo, ma sarebbe un’operazione caotica e pericolosa. Anche lì i porti diverrebbero impraticabili. Chi non riuscirà a fuggire rimarrà intrappolato in un’Italia devastata, senza aiuti e senza speranza.
Conclusioni
Gli Italiani scoprirebbero improvvisamente di essere stati abbandonati dai politici e dai leader civili e religiosi. Se scoppiasse una guerra nucleare, la realtà sarebbe brutale: il governo e l’élite, chiusi nei bunker segreti per anni, non darebbero segno della loro esistenza. Chi ha un rifugio privato potrebbe sopravvivere solo temporaneamente, ma in un Paese disarticolato e in mano alla criminalità più o meno organizzata. Solo una minima parte riuscirebbe a fuggire. Per tutti gli altri, il destino sarebbe segnato: morte immediata o lenta agonia.
Ipotesi: dove possono essere i rifugi antiatomici riservati alle élite italiane.
– Roma: Un bunker sotterraneo sotto edifici istituzionali come il Palazzo del Quirinale o il Ministero della Difesa, dove la posizione strategica e la presenza di infrastrutture di sicurezza renderebbero più agevole l’accesso e il coordinamento in caso di crisi.
– Milano: Un complesso nascosto sotto aree finanziarie o centri di comando, sfruttando la rete metropolitana e infrastrutture sotterranee per garantire rapidità e discrezione.
– Alpi e Appennini: Strutture scavate nelle montagne, che offrono una protezione naturale e isolamento, potrebbero essere state concepite per ospitare gruppi ristretti in situazioni di emergenza.
– Vaticano: Alcuni racconti ipotetici suggeriscono anche la presenza di passaggi segreti e spazi sotterranei nei pressi della Basilica di San Pietro, destinati ad accogliere alti membri ecclesiastici.
Riferimenti:
Hellman, M. E. (2006). The Dynamics of Nuclear Strategy. Stanford University Press.
Cirincione, J. (2007). Bomb Scare: the History and Future of Nuclear Weapons. Columbia University Press.
Marrs, R. E., & Schwirian, K. P. (2010). Survival Under Atomic Attack. U. S. Government Printing Office.
Eidenmüller, H. (2015). Nuclear War Survival Skills: Updated and Expanded Edition. Cresson H. Kearny.
Robinson, J. (2020). The Homeowner’s Guide to Radiation Protection. McGraw Hill.
Pistone, S. (2017). L’Italia e la bomba: la proliferazione nucleare e la sicurezza internazionale. Carocci Editore.
Immagine: Charles Levy, Public domain, via Wikimedia Commons
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