a cura della redazione
Occorre mobilitarsi contro il disegno antidemocratico della destra e del governo Meloni.
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Con l’approvazione del cosiddetto decreto Sicurezza da parte del governo Meloni, la stretta repressiva della destra italiana diventa sistematica.
Un percorso avviato con un primo provvedimento promosso dal ministro degli Interni Piantedosi contro i rave party, che già appariva in realtà come una sorta di prova generale per criminalizzare e cancellare ogni dissenso o qualunque fenomeno sociale anticonformista, proseguito poi con i divieti di manifestazione contro gli orrori perpetrati da Israele e dal regime sionista e persino di eposizione della bandiera palestinese, con le precettazioni dei lavoratori in sciopero decise arbitrariamente da Salvini ed ancora con le deportazioni dei migranti nei vergognosi, inutili e costosi centri di detenzione in Albania, fino al testo dell’ex disegno di legge 1660, con il quale si imponeva un vero e proprio Stato di polizia e di limitazione delle libertà costituzionali dei cittadini, colpendo comitati civici, associazioni e movimenti di lotta sociale, trasformando i bisogni e le legittime e democratiche rivendicazioni in un problema da eliminare con la forza.
Ma avendo registrato opposizione nei confronti del progetto autoritario, il governo ha scelto di aggirare l’ostacolo del dibattito istituzionale con la presentazione di un decreto, approvato il 4 aprile.
Azioni e provvedimenti repressivi, in realtà, non sono mancati nemmeno negli anni precedenti, pure con governi di centrosinistra, sempre più congreghe autoreferenziali di mera gestione del potere e di difesa degli interessi delle èlite capitalistiche o negli esecutivi guidati dai Cinque Stelle e nei sedicenti governi tecnici.
Nel mirino sono finiti soprattutto lavoratori e studenti, bersaglio delle cariche e dei manganelli delle forze di polizia. Senza dimenticare la censura attuata controlegge nei confronti dei mezzi di informazione e controinformazione russi, per poter meglio gestire la propaganda di guerra Nato, senza notizie dissonanti, propaganda che già aveva abbondantemente invaso e occupato, con campagne violente di indottrinamento, mistificazione e di aggressione nei confronti di ogni pensiero critico e di ogni voce fuori dal coro, i mass media sempre proni e pronti a non svolgere il proprio mestiere.
Ma adesso, con destre e fascistoidi a Palazzo Chigi e alla presidenza di Camera e Senato, con la collaborazione dei soliti cespugli centristi e democristianeggianti a rimorchio, si è registrato un netto e pericoloso salto nel vuoto.
Con grande arroganza e con la consueta cialtroneria è stato messo in atto un vero e proprio programma di limitazione delle libertà e dei diritti, nel mentre questo stesso ceto politico al governo, pieno zeppo di personaggi imbarazzanti, lavora per garantirsi l’impunità da ogni malefatta.
Così si introducono 14 nuovi reati, pene abnormi e si lascia mano libera alla polizia, sdoganando anche la collaborazione tra apparati dei servizi segreti e istituzioni come la scuola e l’università (già trasformate a colpi di “riforme” in aziende al servizio delle società private, riunciando al proprio ruolo culturale e civile), un tempo considerate spazi di confronto, in virtù delle proprie particolari funzioni.
Il decreto nega principi democratici universali e costituzionali, svilisce e attacca la solidarietà, ostacola proteste e rivendicazioni, colpevolizza disagi e povertà, impedendo il dissenso e i processi di emancipazione, reprimendo nei fatti le mobiltazioni per il territorio, per l’ambiente, contro la guerra o per il lavoro. Senza casa, disoccupati, precari, studenti rischiano di essere considerati un problema di ordine pubblico.
Un modo per imporre dall’alto il proprio disegno, senza alcuna possibilità di critica e di dissenso, in uno scenario in cui l’idea di giustizia sociale è assente e viene addirittura considerata una minaccia da contrastare, mascherando l’uso della forza legalizzato per decreto, in ragione di sicurezza.
La pulsione repressiva trasformata in norma, insieme al progetto presidenzialista, allo smantellamento degli organi della magistratura e al federalismo differenziato e iniquo, mutano l’assetto dello Stato, della repubblica antifascista e l’impianto stesso della democrazia rappresentativa (già minata dalle attuali leggi elettorali), originariamente almeno sulla carta con una marcata connotazione sociale, per dare forma ad uno Stato autoritario e per consolidare le politiche antipopolari.
A questo progetto, a questa deriva è necessario opporsi con determinazione, senza lasciarsi intimidire. Ancora una volta ribellarsi è giusto. Occorre quindi mobilitarsi e organizzarsi, a partire dalle iniziative che la Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il ddl 1660 sta programmando e convocando in questi giorni, insieme anche a tutte le forze che sinceramente si oppongono alla stretta repressiva, alcune – a cominciare dal Pd e dai suoi rappresentanti istituzionali, ma anche da quella sinistra moderata spesso accondiscendente ed opportunistica – non senza responsabilità, contraddizioni, ipocrisie ed errori, mentre si preannunciano passi isituzionali da parte di alcune Regioni.
Da parte nostra, non dimentichiamo che le lotte sociali sono sacrosante e importanti sempre e sono l’unica strada per l’affermazione della dignità delle persone, dei cittadini, dei lavoratori e per la costruzione di un autentico progresso sociale.
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