La Chiesa cattolica al bivio (fatale)

di Fulvio Bellini

Una riflessione sullo scenario del conclave e sulle possibili prospettive.

Premessa: morto un papa se ne fa un altro 

Alla fine, anche il 266esimo papa della Chiesa cattolica è morto, lunedì 21 aprile 2025, e a breve avremo il 267esimo. Dalla morte del pontefice abbiamo assistito alla “liturgia della parola” per la quale l’ultimo papa è stato un autentico santo, un innovatore, un rivoluzionario, che ha posto al centro del proprio pontificato il tema della pace, della povertà, della difesa degli ultimi, del dovere dell’accoglimento dei migranti e pure la difesa dell’ambiente. Detto sommessamente tra di noi, sarebbe abbastanza difficile immaginare un papa che sostenesse delle posizioni contrarie, anche se nel passato vi sono indubbiamente stati pontefici bellicosi: da Urbano II, promotore della prima Crociata, a Giulio II, raffigurato in armatura mentre conduceva personalmente l’assedio della Mirandola. La morte di papa Bergoglio offre l’occasione, invece, per una riflessione sullo stato della Chiesa cattolica oggi, sotto uno dei suoi due aspetti principali: quello politico che, ovviamente, si associa indissolubilmente a quello religioso, e che ne è contemporaneamente presupposto e risultato. 

Ovviamente questa riflessione viene compiuta, a un livello più elevato, anche dalle alte gerarchie della Chiesa cattolica che hanno una responsabilità sconosciuta a tutti coloro che, sempre in questi giorni, hanno disquisito del pontificato di Bergoglio, e della necessità di rinnovare e anche ammodernare la Chiesa dando le loro ricette: da quella fascistoide del vecchio e stantio motto Dio Patria e Famiglia, stendardo sempre più sbiadito nell’Occidente collettivo, a quelle dei sinistrorsi alla moda che auspicano che la Chiesa si apra al sacerdozio femminile, al matrimonio dei preti e al mondo Lgbt+, magari augurandosi sommessamente che, così facendo, questa istituzione si disgreghi una volta per tutte. Dal punto di vista dei cardinali elettori, invece, il concistoro ha proprio il dovere di preservare la continuità della più antica istituzione umana ancora esistente (insieme all’istituto imperiale giapponese) e difendere il Patrimonium Sancti Petri nelle sue variegate forme immobiliari e mobiliari. Il periodo di interregno tra un pontificato e un altro è occasione per la Curia romana di fare approfondite riflessioni sugli esiti del pontificato appena finito per cercare di porre gli opportuni correttivi attraverso quello successivo, attività che inizia quando ci si accorge che stanno giungendo gli ultimi giorni del vecchio pontefice e, avendone visti 266, in circa duemila anni, morire in quasi tutti i modi possibili, è logico ritenere che già da qualche settimana i cardinali curiali, come lo stesso Bergoglio che ha voluto accomiatarsi nel giorno di Pasqua, fossero consapevoli che si stavano compiendo gli ultimi giorni di Francesco. Il giudizio sull’operato di papa Bergoglio da parte dei cardinali elettori non verrà emesso utilizzando i parametri suggeriti da opinionisti, intellettuali e giornalisti che si stanno affastellando sui mass media in queste ore, ma saranno compiuti con i parametri che la storia e l’esperienza millenaria della Chiesa ha insegnato ai prelati concistoriali al netto dello “stato di salute” di quella élite soggetta alle inevitabili contingenze storiche. Questo dettaglio è tutt’altro che banale come dimostra il rapido confronto dell’atteggiamento contro le critiche alla mondanità della Curia romana tenuto dai papi Innocenzo III (1198-1216) e Leone X (1513-1521). Che i vertici della Chiesa cattolica fossero sovente dediti alla simonia, alla sodomia, all’accumulo di ricchezze accompagnato dallo sfarzo della corte papale e di quelle vescovili era tema dibattuto fin dall’alto Medioevo, critiche che sono successivamente sfociate nelle eresie, tra le altre, dei catari, dei patarini, dei valdesi e dei dolciniani. Innocenzo III diede, però, prova di una geniale capacità politica intuendo che un potenziale eretico come Francesco d’Assisi, che per motivi insiti alla propria cultura e mentalità, accettava l’autorità del papa, poteva essere assunto a nuovo stendardo della Chiesa povera e militante, permettendo alla Curia di continuare a fare quello che aveva sempre fatto. La Chiesa romana, invece di bruciare Francesco sul rogo, come faceva normalmente con gli altri eretici, lo trasformò nel santo reincarnazione della Chiesa primitiva, povera e vicina all’esempio del Cristo. Tuttavia, il sospetto che San Francesco fosse uno strumento d’immagine politica creato dalla Curia romana, a mio avviso, fece capolino nella geniale mente di Dante che, nella sua Commedia, elogia certamente il Santo di Assisi, assunto tra i maggiori beati, ma non è lui che ha il privilegio di accompagnarlo a vedere Dio alla fine della sua ascesa in Paradiso, bensì San Bernardo di Chiaravalle, l’inventore dei Cavalieri Templari, da un certo punto di vista un Trotsky ante litteram. Al contrario, Leone X non si rende affatto conto dello stato di turbolenza nella Germania cattolica, e da bravo rampollo di una famiglia di avidi banchieri, essendo figlio di Lorenzo de’ Medici, si guarda bene da interrompere lo scandalo della vendita delle indulgenze, causando la rivolta di Martin Lutero e l’inizio dell’epopea protestante.

Questo esempio dimostra che, nonostante i secoli di storia e di esperienza della Curia romana, la selezione dei pontefici risente comunque del livello di decadenza della classe sociale di riferimento. Questa regola non è cambiata nemmeno ai giorni nostri, tutt’altro. Quindi, la Curia romana si trova a dover scegliere tra un Innocenzo III oppure un Leone X, tra un papa che sa di politica e un ottuso esponente di un’élite, se non addirittura di un agente di interessi contrari a quelli della Santa Sede, come successo alla fine dello scorso secolo.

Giovanni Paolo II: il peggiore papa della storia recente della Chiesa

A mio avviso, il problema principale nell’analizzare correttamente la politica della Chiesa è l’estrema attenzione dedicata al papa regnante, scordandosi la politica dei predecessori. Come Donald Trump non si può spiegare senza tenere in considerazione la catastrofica amministrazione di Joe Biden, così papa Francesco non si può comprendere se non si parte dal peggiore papa della recente storia della Chiesa: Giovanni Paolo II. Il feroce anticomunismo e antisovietismo di papa Wojtyła ha ribaltato la politica di equidistanza, con frequenti strizzate d’occhio nei confronti del blocco sovietico, tenuta dalla Santa Sede soprattutto sotto la guida diplomatica del cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato dal 1979 al 1990 (1). Liquidato il potente e fastidioso Casaroli nel 1990, ventilando anche un suo coinvolgimento nel caso di Emanuela Orlandi (2), Giovanni Paolo II poté finalmente schierare la Chiesa cattolica al fianco della potenza “vincitrice” americana nell’opera di rovesciamento delle democrazie popolari dell’Europa orientale e dello smantellamento delle loro istituzioni politiche, economiche e sociali a favore del capitalismo, rivelatosi immediatamente per quello che era: un predone seduto a un ricco banchetto. 

La Chiesa cattolica degli anni Novanta fu, quindi, associata al potere unipolare degli Stati Uniti con evidenti contraddizioni con gli apostolati di pace e giustizia sociale che dovrebbero essere le stimmate del messaggio apostolico romano. Gli americani iniziarono subito a far capire al mondo quale sarebbe stato lo stile del nuovo corso: sotto il Presidente George H. W. Bush invasione di Panama (1989-1990) e la prima Guerra del Golfo (1990-1991); sotto il successore Bill Clinton la guerra in Somalia del 1993 e l’aggressione alla Serbia del 1999 nonché la partecipazione della Nato alla guerra Jugoslava; sotto George W. Bush la guerra in Afghanistan del 2001 e la seconda Guerra del Golfo del 2003. In barba alla dottrina sociale della Chiesa, i cittadini dell’Europa orientale si accorsero subito cosa significasse l’avvento del sistema democratico liberale nelle loro vite. Per esempio, i cittadini della Repubblica democratica tedesca credevano di poter mantenere l’onnipresente sistema di welfare della Ddr, e magari avere la prospettiva di poter viaggiare su di una Mercedes oppure una Bmw invece della poco affascinante, ma tecnologicamente interessante, Trabant. I tedeschi occidentali fecero subito capire ai nuovi connazionali che non solo si potevano scordare pure le popolari Volkswagen, ma anche i posti di lavoro sicuri, la casa, l’istruzione e la sanità di qualità agevolate, se non gratuite. La disoccupazione salì esponenzialmente e spesso si scorda che i primissimi migranti economici degli anni Novanta furono proprio i tedeschi dell’Est, spesso diretti in Svizzera e Austria in cerca di lavoro (3). Si è citata la Germania Est perché era la punta di diamante del funzionamento di un Paese del cosiddetto “socialismo reale”, si può quindi immaginare cosa sia accaduto a tutti gli altri Paesi dell’Europa orientale, dell’America Latina, dell’Africa, del Medio Oriente, dell’Asia (tranne la Cina di Jiang Zemin) investiti dal vento del mondo unipolare americano. 

La Chiesa cattolica fu, quindi, associata, come giusto che fosse, al violento processo antipopolare che caratterizzò gli anni Novanta, fatto di celebrazione dell’individualismo egoistico e amorale, di privatizzazioni selvagge, di depauperamento delle classi subalterne che, invece, avevano goduto di crescita del livello di vita negli anni della guerra fredda. In Italia, a titolo di ringraziamento per l’attivo aiuto che il pontificato di Giovanni Paolo II aveva reso alla causa del “mondo libero”, i nuovi equilibri internazionali favorirono la resa dei conti del grande capitale nei confronti dei due partiti di massa: Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano, rei di aver creato prima, e sostenuto poi, il sistema di economia mista e di capitalismo di Stato tramite l’Iri, l’Eni, l’Enel. Papa Wojtyła, polacco e, quindi, sostanzialmente disinteressato alla gestione del potere della Curia romana in Italia, non colse affatto l’ulteriore danno che la perdita di un partito d’ispirazione cattolica poteva diminuire l’influenza politica e precarizzare il rispetto da parte dello Stato italiano dei concordati del 1929 e del 1984, questi ultimi firmati dal citato Agostino Casaroli e da Bettino Craxi, innescando un processo che ebbe, poi, un primo epilogo simbolico nella Pasqua del 2020. Alla fine dell’eccessiva lunghezza del papato di un uomo che non moriva mai, in cambio dell’immagine di “star” internazionale assunta dal papa polacco, il cui simbolo poteva essere trovato nel famoso piviale sgargiante di colori e tessuto d’oro (4) esibito come un eterno attore su di un palcoscenico, la Chiesa cattolica subì la prima vera crisi della sua storia recente sotto molteplici aspetti: calo vocazionale, calo dei fedeli presenti alle liturgie, calo dell’influenza politica, soprattutto in Italia, in quanto privata del proprio partito di riferimento, calo della sua influenza geopolitica soprattutto nei Paesi del Sud del mondo in quanto vista come mero strumento del potere unipolare americano, sempre più violento e dispotico perché privo del valido contrappeso sovietico. È alla luce di questo disastro che vanno visti i due pontificati successivi, quello di Benedetto XVI e quello di Francesco, e siccome il disastro post-Wojtyła si stava rivelando sorprendentemente grave, la Chiesa adottò una singolare forma di diarchia, dal 2013 al 2022, retta da due pontefici: uno posto dietro alle quinte a studiare la strategia e uno impegnato ad attuarla. Diarchia da un certo punto di vista necessaria per raddrizzare entrambi i fronti in estrema difficoltà: quello relativo alla dottrina, quindi alle regole interne della Chiesa, e quello politico, cioè ai rapporti esterni. Semplificando e schematizzando inevitabilmente troppo, si può attribuire al teologo e uomo di grande cultura mitteleuropea, Joseph Ratzinger, l’attenzione al lato dottrinale e religioso della Chiesa, cercando di restituire, al clero da un lato e ai credenti dall’altro, quei punti fermi insiti nella tradizione cattolica necessaria dopo gli anni di vana spettacolarizzazione mediatica di Giovanni Paolo II; Jorge Mario Bergoglio, invece, essendo gesuita, si è maggiormente occupato del lato politico, cercando di restituire alla Chiesa cattolica una maggiore distanza dal blocco occidentale, e dai suoi cosiddetti valori, man mano venuti pubblicamente allo scoperto nei loro autentici lati criminali, genocidi, guerrafondai, e ipocriti, sempre più difficili da condividere e sostenere. Per questa ragione, nei confronti di Bergoglio si sta scatenando la pelosa salva di “complimenti” che, invece, sono il loro contrario e che ci stanno raccontando di un papa “comunista”, cercando subdolamente di avallare la tesi già sostenuta dal presidente argentino, Javier Milei, durante la sua campagna elettorale (5), e ribadita con sottile malizia dall’emittente del sionismo italiano, La7, probabilmente richiamati all’ordine dalla freddezza colla quale il governo di Benjamin Netanyahu ha commentato la scomparsa del pontefice. Si tratta, ovviamente, di sciocchezze propagandistiche che, facendo finti complimenti, cercano invece d’infangare la figura del papa argentino con tesi come: “è piaciuto di più ai laici che a molti cattolici” (6), oppure “è stato un papa divisivo” (7), alla faccia del bravo pontefice. Francesco non era affatto un comunista, bensì un gesuita, era amico d’irriducibili nemici del popolo del calibro di Emma Bonino, ha incontrato il primate della Chiesa ortodossa voluta dal regime di Zelenksy in scissione da quella di Mosca, Epifanio I e, per chi fosse interessato ad approfondire la sua figura, suggerisco due articoli di Lucio Caracciolo pubblicati su «Limes» i quali, con il garbo cinico di un “romano di duemila anni” che sa benissimo che non esistono papi buoni, mette la pulce nell’orecchio attraverso l’articolo Il papa che si sentiva Matteo (8) rimandando la lettura a uno precedente, Papa Francesco e la dittatura argentina (9).

Due problemi strategici del prossimo conclave: la riconquista dell’Italia

A mio avviso, vi sono un paio di problemi che deve affrontare il prossimo conclave della Chiesa cattolica, che sono entrambi vitali per il futuro della più antica istituzione d’Europa. Deve essere in grado di armonizzare due circostanze potenzialmente contraddittorie: possedere la propria testa in Occidente e avere il proprio corpo nel Sud del mondo. Detenere la testa a Roma comporta delle precise conseguenze politiche che, a causa dell’assenza di un papa italiano dal 1978, cioè da 47 anni, ha inevitabilmente comportato l’errore di trascurare la propria influenza politica sul Bel Paese. I successori di Giovanni Paolo II, papa Ratzinger e papa Bergoglio, anche se consapevoli dell’importanza dell’influenza politica sulle istituzioni e sui partiti italiani, non ne hanno dato comunque il necessario peso proprio perché stranieri, assistendo passivamente alla progressiva decadenza morale, politica, sociale ed economica del Paese che, in ogni caso, è il principale piedistallo immobiliare e mobiliare sul quale poggia la Santa Sede. Questo errore, come detto, è iniziato col pontificato di Giovanni Paolo II, e le sue conseguenze si sono palesate alle gerarchie cattoliche agli inizi del 2020 quando lo Stato italiano, impegnato come molti altri Paesi Ue nella gigantesca operazione di controllo poliziesco della società, non tanto per l’obbligo vaccinale, quanto per il famigerato “Green Pass” e per le altre innumerevoli restrizioni imposte ai cittadini, ha trattato la Chiesa come un qualsiasi altro corpo sociale vietando la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose, costringendo il papa a celebrare la Pasqua di quell’anno da solo in Piazza San Pietro. Le alte gerarchie non possono non aver recepito il chiaro messaggio politico: che la pandemia è stato un pretesto e che ingerenze simili potranno essere ripetute in futuro con altre giustificazioni, per esempio a causa della tanto agognata guerra contro la Russia, violando serenamente i concordati vigenti del 1929 e del 1984. 

Tale rischio è elevato e attuale se si considera che il regime del Partito Unico ha totalmente privato l’Italia della sua residua sovranità, e si è dotata di una classe politica alla totale mercé delle potenze anglosassoni e sioniste. Inoltre, pensare che le due prospettive che attendono gli italiani – diventare l’Argentina di Javier Milei come vorrebbe Giorgia Meloni, oppure l’Ucraina di Volodymyr Zelensky come vagheggia Ely Schlein, e si badi bene che le due opzioni non si escludono affatto – lascino indenni da conseguenze il patrimonio di San Pietro potrebbe essere un ulteriore sbaglio. In Italia, tutti gli indicatori che manifestano l’influenza della Chiesa cattolica sulla società sono negativi: il numero dei matrimoni, l’indice di natalità, il numero delle vocazioni, l’affluenza alle funzioni religiose, dimostrano, da un lato, la progressiva secolarizzazione della società italiana sulla falsariga di quanto sta accadendo in tutto l’Occidente collettivo ma, dall’altro, avvertono la Curia che gli italiani non vedono più la Chiesa quale argine di fronte alla debordante politica del Partito Unico, volta a promuovere l’ingiustizia sociale ed economica. Il Partito Democratico è diventato lo strumento del sionismo in Italia, quindi è il potenziale principale nemico della Chiesa, dotato di una segretaria apertamente schierata con il programma guerrafondaio e filo-Tel Aviv di Ursula von der Leyen, una leader che muove tiepide critiche di facciata a Israele mentre manda segnali rassicuranti al governo Netanyahu tramite il suo gruppo parlamentare a Strasburgo, specialmente attraverso la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picerno (10). Tuttavia, se al Vaticano pensano di poter contare sui neofascisti di Fratelli d’Italia, cioè sul classico partito opportunista ieri amico di un Joe Biden, oggi del suo contrario Donald Trump, dotata di una leader assai sensibile alla mutevole guida del padrone americano, all’errore si aggiungerebbe la dabbenaggine. Nel 1992, i poteri forti internazionali decretarono lo smantellamento e la svendita del patrimonio dell’Iri e l’Istituto non poté contare sulla storica protezione di Dc e Pci, cadendo nelle “iconoclaste” mani dei suoi liquidatori: Mario Draghi e Romano Prodi. A partire da quegli anni, quasi tutta la ricchezza italiana, industriale, culturale, sociale, è stata svenduta nel modo più vergognoso. Oggi, la più grande sostanza presente in Italia appartiene, seppur occultata attraverso le sue numerose e complesse articolazioni, alla Chiesa cattolica. 

Ai cardinali che entrano nel conclave andrebbe, quindi, posto il seguente quesito: se i signori apolidi del denaro anglosassoni e sionisti decidessero di mettere le mani sul Patrimonium Sancti Petri, chiedendo, per esempio, ai loro partiti proxy Fratelli d’Italia e Partito Democratico la revisione del concordato tra Stato e Chiesa che disconosca privilegi fiscali e guarentigie attualmente assicurate al patrimonio cattolico, quale forza politica sarebbe disposta a opporsi? La Pasqua del 2020 ha già dato la risposta. Solo la ricostruzione di un partito cattolico che faccia una vera opposizione e che spacchi definitivamente il Pd può, forse, mettere al riparo la Chiesa cattolica da questo rischio molto più serio di quello che si creda. Oggi, in un Paese dove il voto d’opinione è stato convinto dalla politica ufficiale a restare a casa facendo aumentare gli astenuti elezione dopo elezione, il voto organizzato cattolico avrebbe un peso straordinario; per un apparente paradosso, una Chiesa cattolica che non ha più l’influenza sulla società italiana del dopoguerra, avrebbe invece una forza politica potenziale addirittura maggiore. Se il nuovo papa non sarà in grado di usarla potrebbero essere guai per la Curia avendo, appunto, la sua testa in un Occidente collettivo che ha abbondantemente dimostrato di essere privo di regole: ecco perché, a mio avviso, a loro serve un pontefice italiano. 

Due problemi strategici del prossimo conclave: il rapporto coi Brics+

Oltre al fondamentale rapporto tra Curia romana e Italia, il conclave deve anche decidere quale linea politica tenere nei confronti del Sud del mondo dove sta la base del proprio consenso. Secondo «Avvenire»: “… a fine 2022, i cattolici erano 1.389.573.000 persone, cioè 13.721.000 in più rispetto al 2021, con un aumento in quattro dei cinque continenti. Soltanto in Europa sono in calo, con meno 474.000. Mentre (anche questo in linea con la tendenza degli ultimi anni) l’aumento di cattolici è più marcato in Africa (più 7.271.000) e in America (più 5.912.000), segue l’Asia (più 889.000) e l’Oceania (più 123.000)” (11). Il problema politico risiede nel fatto che non vi sono Paesi membri dei Brics in Europa, dove i cattolici sono in calo, mentre vi sono in Africa, America e Asia. Quale atteggiamento deve assumere la Chiesa cattolica nei confronti del polo aggregativo del Sud del mondo? Deve tornare all’ideologia atlantista di Giovanni Paolo II? Deve benedire la politica russofoba di riarmo intrapresa dall’Unione europea e ribadita, cosa assai sconveniente per la politica vaticana, dal recente summit dei popolari europei a Valencia, cioè dai partiti che dicono di essere ispirati dal magistero e dalla dottrina sociale della Chiesa (12)? Deve fingere che nei Brics non vi siano Russia e Cina? Oppure, deve avere il coraggio di credere nel dubbio che molte analisi geopolitiche stanno suggerendo: che lo stendardo del futuro dell’umanità abbia definitivamente abbandonato l’Occidente collettivo? Il tragico spettacolo che Israele e i suoi alleati occidentali stanno dando in Palestina rappresenta lo spartiacque morale e politico di inizio secolo. Chiunque accetti il “modello Palestina”, sia pure nascondendosi dietro ipocrisie politiche, giuridiche, e ideologiche, si sta macchiando di una colpa non più espiabile. La Chiesa cattolica deve decidere se lasciarsi coinvolgere dal finto strabismo su Gaza tipico delle altre istituzioni occidentali col rischio di alienarsi la fedeltà dei cattolici nei Paesi che, invece, hanno già deciso quale giudizio avere nei confronti d’Israele. Inoltre, la Curia romana deve stabilire se appoggiare i Paesi neocoloniali occidentali e osteggiare le decisioni dei Brics+ volti alla crescita economica e all’innalzamento del livello di benessere dei propri cittadini, oppure farsi promotrice di una propria strategia indipendente che auspichi, per esempio, un nuovo corso della politica europea caratterizzato dalla terzietà tra Stati Uniti e Cina, di neutralità nei confronti della Russia. Confrontarsi con le altre religioni è sempre opportuno, ma farlo con tutte non è più scusabile. Come amano dire i politici di casa nostra, riferendosi però alla sola Ucraina, in Palestina ci sono gli aggressori e gli aggrediti.

Conclusioni

Nella liturgia della Curia romana la scelta del nuovo papa rappresenta la designazione fisica di una linea politica. Prevedere quale sarà il nuovo pontefice è, ovviamente, una chiacchiera da bar, delineare i problemi che la Chiesa cattolica deve affrontare nei prossimi anni, invece, è una cosa seria. Abbiamo visto che non dobbiamo proiettare la nostra opinione sulle loro scelte, possiamo solo auspicare che un’organizzazione millenaria abbia il coraggio di fare finalmente vera opposizione al Partito Unico in Italia e in Europa. La Chiesa cattolica ha numerosi e potenti nemici che sono ai vertici del potere occidentale, molti dei quali erano presenti ai funerali di papa Francesco. Abbiamo anche individuato due modelli di pontefice: il prossimo papa potrebbe essere un Leone X, che arrecherebbe l’ennesimo danno irreparabile, sperando invano nella clemenza di anglosassoni e sionisti, oppure un Innocenzo III che, in nome della salvaguardia dell’Istituzione cattolica, è disposto a venire a patti coi nuovi “eretici” che stanno nei Brics+. A noi comunisti, a mio avviso, interessa avere un importante oppositore che avrebbe due interessanti caratteristiche: essere interno all’Occidente collettivo; essere in grado di coordinare tale opposizione tra parte della società europea e statunitense con quella del resto del mondo. Sarebbe auspicabile il ritorno di un connazionale sul soglio pontificio, il quale dovrebbe avere la sensibilità politica necessaria per capire che la grande astensione che caratterizza, ormai, l’espressione elettorale italiana concede una forza superiore, rispetto al recente passato, al voto organizzato cattolico, il quale potrebbe essere indirizzato in due modi: quello cattivo, svendendolo alle varie correnti del Partito Unico nell’illusione di ricevere in cambio qualcosa; quello buono, ricostituendo un vero partito cattolico di centro, che guardi pure a destra, stile Andrea Ricciardi, purché permetta la ricomparsa di una vera opposizione in questo Paese sulla scia della quale altre distinte e distanti opposizioni potrebbero mettersi. 

Riferimenti:

1 – Alberto Melloni, Il filo sottile. L’Ostpolitik vaticana di Agostino Casaroli, Il Mulino, Bologna, 2006

2- https://www.la7.it/atlantide/video/il-caso-emanuela-orlandi-e-la-telefonata-misteriosa-del-sig158-19-04-2018-239590

3 – https://mondediplo.com/2019/11/06germany

4 – https://www.facebook.com/xregio/posts/il-mantello-tutti-hanno-notato-subito-il-mantello-i-suoi-colori-i-riflessi-non-s/986733380145312/

5 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/09/06/imbecille-rappresentante-del-male-papa-francesco-insultato-da-javier-milei-candidato-antisistema-alle-presidenziali-in-argentinaentina/7283307/

6 – https://www.corriere.it/cronache/25_aprile_21/bergoglio-spirito-tempo-papa-storia-nulla-prima-chiesa-tutti-cazzullo-7dd2bac2-94b5-4bc4-978d-818151648xlk.shtml

7 – https://www.la7.it/tagada/video/francesco-preziosi-un-papa-divisivo-24-04-2025-593144

8 – https://www.limesonline.com/articoli/morte-papa-francesco-vaticano-lucio-caracciolo-19005057/

9 – https://www.limesonline.com/articoli/morte-papa-francesco-vaticano-lucio-caracciolo-19005057/

10 – https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-marco_travaglio__le_favole_di_pinocchia/39602_59929/

11 – https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/piu-cattolici-e-meno-sacerdoti-nel-mondo-il-rapporto-fides#:~:text=La%20percentuale%20dei%20cattolici%20nella,5.353%20(5.340%20nel%202021).

12 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/29/von-der-leyen-riarmo-cittadini-favore-estrema-destra-sinistra-putin-utlime-notizie/7969938/

Immagine: disegno di pubblico dominio via Wikimedia Commons

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