C’è ancora domani

di Laura Baldelli

L’impegno di Paola Cortellesi in una società che ha dimenticato la nostra Storia e non ha dato futuro alla costruzione dei valori di uguaglianza e rispetto.

Su questo film avevo deciso di non scrivere, perché tanto era stato scritto, e dichiarato, ma dopo l’ennesimo femminicidio, avvenuto nel civilissimo veneto, in un ambiente cosiddetto perbene, dove una giovanissima ragazza, Giulia Cecchettin, prossima alla laurea è stata uccisa dal suo ex, anche lui giovanissimo, C’è ancora domani è un film che diventa ancora più prezioso per informare e educare questa società che da troppo tempo non educa, ma spinge le persone alla competizione e all’egoismo; né svolgono un buon lavoro i media che usano questi tragici eventi per spettacolarizzare le notizie, creare emozioni collettive che non sanno trasformarsi in sentimenti ed azioni educative.

Infatti in questi giorni non c’è talk show della RAI dell’era Meloni, condotti da donnette che imitano Mara Venier, o dall’uomo per tutte le stagioni Bruno Vespa, che non sfruttino ogni fatto di cronaca nera, specie se è la morte di una donna; mai che, i cosiddetti “esperti”, facciano riferimento alle responsabilità di questa società neoliberista competitiva, patriarcale, consumistica, spingendoci verso false libertà e disvalori, nell’intento di muovere le masse verso conflitti e schieramenti da bassa tifoseria, pur di impedire che si prenda coscienza di sé in un contesto collettivo sociale e di classe; si creano così da tempo disagi sociali, esistenziali, che si trasformano in patologie mentali, perché le persone sono incapaci di gestire le frustrazioni. Questo è il grande attacco alla classe lavoratrice distratta dagli ipocriti falsi piaceri, falsi ideali e così tutto ciò che tocca il capitale si trasforma in merce da vendere e acquistare, anche emozioni e sentimenti. D’altra parte ciò che più insegnava a capire e comprendere la vita e i sentimenti, la letteratura, specie i classici della narrativa, non ha più valore perché non “utile” alla formazione tecnica, finanziaria e pseudoscientifica, nell’illusione che servano a tutti noi, mentre sono solo funzionali al nuovo capitalismo finanziario.

Il tentativo di Paola Cortellesi di creare una coscienza condivisa sul rispetto delle donne, declinato nel diritto di scelta e autoaffermazione, ha fatto centro e ha messo d’accordo critica e pubblico con questa sua opera prima, meditata e progettata, ma anche piena di slancio, o come ha affermato lei stessa… spericolata, perché ha seguito quello che voleva fare, pensando a sua figlia e a tutte le donne e gli uomini di questo nostro Paese, che nei fatti non mette in campo alcuna azione educativa.

La Cortellesi ha anche inaugurato un nuovo modo di lavorare, fuori dagli schemi del cinema industriale, coinvolgendo tutta la troupe, creando un collettivo, dove i tecnici sono stati chiamati a leggere il copione ed entrare dentro la storia, creando cooperazione tra tutte le professionalità. Nel mondo della frammentazione del lavoro e delle gerarchie, la regista propone, detto in una parola, “democrazia”.

Quello che sembra un film facile, ruffiano, didascalico è invece un film complesso, autoriale, dove oltre al racconto di una Storia tutta italiana, c’è anche la storia del cinema italiano, chiamato a raccontare generi e stili, dove tutte le evocazioni rivisitate “alla Cortellesi”, sono un omaggio al nostro miglior cinema.

È un film autoriale perché l’attrice Cortellesi non rinuncia mai al suo stile, che è l’ironia, e così il personaggio di Delia, la popolana romana casalinga povera, si salva con l’ironia dalla violenza quotidiana; Paola/Delia evoca Sophia Loren in Una giornata particolare, soprattutto perché le accomuna l’impresa titanica di imbruttirle, ma il sentimento che attraversa entrambe arriva al pubblico. Così come nella citazione che ci ricorda Anna Magnani che corre in Roma città aperta; anche se ingenua ci piace… sottolinea quella nostra Storia di riscatto dal Fascismo.

Infatti il film, scegliendo il bianco e nero della fotografia di Davide Leone, non solo “storicizza la storia”, ma dà più espressività, è un omaggio alla grande stagione del Neorealismo che tanto insegnò al cinema mondiale, ma che i nostri governi penalizzarono subito a favore del cinema americano: dalla dittatura fascista alla colonizzazione culturale USA.

La location è il quartiere Testaccio di Roma e gli interni sono stati girati a Cinecittà; la Cortellesi, oltre che regista e protagonista, è sceneggiatrice con Furio Andreotti e Giulia Calenda e ci raccontano la Storia dalla parte degli umili come ci ha insegnato Elsa Morante; si muovono a loro agio i bravi attori italiani Vinicio Marchionni e Giorgio Colangeli nel caratterizzare i loro personaggi, ma Valerio Mastandrea nel ruolo di Ivano, il marito manesco, è qualcosa d’incredibile, che consacra un grande interprete. L’attore parla con il suo corpo, non imita il cattivo manesco marito, non rende il personaggio una macchietta, è perfetto anche nella geniale scelta della regista di trasformare le scene dei pestaggi in coreografie da danza macabra, perché “è sempre lo stesso disco”; qualcosa che ricorda il teatro nel cinema.

Anche la musica ha un ruolo importante, con la collaborazione di Lele Marchitelli per quelle originali, mentre la Cortellesi alterna alle canzoni d’epoca di Achille Togliani e Fiorella Bini, a quelle di Lucio Dalla, Daniele Silvestri, Fabio Concato, Petra Magoni, fino al blues dei The Jon Spencer Blues Explosion. Le musiche, come il film, oscillano da un genere all’altro nello “spericolato” stile Cortellesi.

Queste musiche della contemporaneità stanno a sottolineare quanto gli argomenti siano attuali: le umiliazioni di Delia e della figlia Marcella, straordinariamente interpretata dalla giovanissima Romana Maggiora Vergano, non sono cambiate, perché ancora si subisce e si muore per affermare la propria persona, la propria dignità umana, i propri diritti di parità ed uguaglianza in una società patriarcale, che veste le sembianze del neoliberismo. E non lasciamoci raggirare dal femminismo tutto borghese, sperso in polemiche linguistiche e che al massimo lotta per la parità nella propria classe sociale, che fa emergere donne con tutti i requisiti da patriarcato neoliberista; tutte le donne ai massimi vertici della politica nel mondo non ne sono un esempio eclatante?

Non bastano i diritti scritti e sanciti sulla Costituzione se la politica e la società non dà seguito con valori e atti concreti, anzi da anni il nostro parlamento lavora per cancellare i diritti conquistati nel lavoro, nella scuola, nella sanità, grazie all’abiura dei Comunisti e di tutta la sedicente sinistra, sostenitori delle privatizzazioni e in prima fila nella dismissione ed alienazione dei Beni Comuni, consegnando tutto alle destre su un piatto d’argento.

Così hanno svenduto il popolo italiano, depredandolo, oltre che dei diritti, del lavoro, della giusta retribuzione, del risparmio ed oggi anche della formazione dei propri figli, visti i quasi sei milioni di giovani costretti alla migrazione, mentre ne entrano altrettanti da altri paesi per essere i nuovi schiavi. Una lotta di classe tutta all’incontrario… altro che “inseguire il sogno” come ci vogliono far credere.

Finalmente dopo le scarpe rosse, le panchine rosse, le fiaccolate… tutti i rituali liturgici che lasciano il tempo che trovano, si parla di educazione ai sentimenti, anzi al riconoscimento delle emozioni e sentimenti, a cui non si sa dare neanche un nome; ancora una volta si danno colpe e risoluzioni alla scuola, deprivata di tutto, dove quell’esigua Resistenza lotta con armi spuntate contro la società che divulga modelli effimeri e dannosi con armi da sterminio di massa. Chi insegnerà l’educazione ai sentimenti? Ma soprattutto con quali valori? Abbiamo trasformato la scuola, il luogo della cooperazione e della conoscenza, in un’azienda da competizione, dove il pc non è uno strumento, bensì un contenuto, dove la lingua italiana, la storia, la filosofia cedono ore alla fasulla dannosa formazione-lavoro e ai progetti estemporanei, la lingua nazionale assoggettata all’inglese, la lingua del capitale; l’ignoranza pedagogica ci sottomette ai progetti “debate”, “flipped classroom”, “peer to peer”, ignorando che erano i nostri metodi didattici più avanzati della scuola che abbiamo messo a tacere, ma ci piacciono invece in salsa neoliberista.

Oggi mercoledì 22 novembre, Il ministro dell’Istruzione e del merito, il leghista Giuseppe Valditara, con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano indipendente di destra che viene da MSI-DN e la ministra per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella del partito Fratelli d’Italia hanno presentato il progetto educativo sull’educazione affettiva “Educare alle relazioni”, un’iniziativa nata dopo lo stupro di gruppo di Palermo. Sui buoni intenti e le belle parole c’è l’ombra di Alessandro Amatori, coordinatore del progetto, che oltre l’amicizia con Valditara, vanta un “prestigioso”, quanto scarno curriculum, che lo vede autore, autopubblicato, di un libello La guerra dei sessi, tutto attraversato dallo spirito indomito del catto-fascismo. Argomento che meriterà un approfondimento ad hoc.

Non basta il simpatico e utile film della brava Paola Cortellesi, a cui va tutta la nostra simpatia e gratitudine, non è stato sufficiente alle donne andare a votare, il nostro Paese va rifondato nei valori, e i valori della destra serva del neoliberismo finanziario fondati su Dio Patria e Famiglia, non danno garanzie di alcun tipo… manco di “ordine e pulizia” come s’irrideva un tempo.

A Roma l’11 novembre, alla nostra assemblea del Movimento per la Rinascita Comunista, in tutti gli interventi è emerso che bisogna partire dalla coscienza di classe e dai valori umani fondanti dell’etica comunista.

Noi crediamo nell’impossibile e nell’utopia da veri rivoluzionari.

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