Perché “Cumpanis” si scioglie nel Movimento per la Rinascita Comunista

Pubblichiamo la lettera aperta di Fosco Giannini ai lettori e alle lettrici di “Cumpanis”

di Fosco Giannini, già Direttore di “Cumpanis” e ora Coordinatore nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista (MpRC)

Care lettrici e cari lettori, care compagne e compagni, dopo circa quattro anni di, spesso strenuo, lavoro, la rivista comunista, internazionalista e antimperialista “Cumpanis”, che chi scrive ha diretto sin dall’inizio, chiude la propria esperienza. Come chiude la propria esperienza l’Associazione politico-culturale nazionale “Cumpanis”.

Siamo di fronte ad un fallimento?

No: al contrario, siamo di fronte ad una vittoria!

Sin dal suo primo numero, sin dal suo primo editoriale, “Cumpanis” ha dichiarato il suo fermo proposito di impegnarsi, in Italia, per l’unità dei comunisti, un’unità – è stato chiarito sin dalle prime battute – non di tipo eclettico, non per un circo Barnum come lo fu la Rifondazione “bertinottiana”, ma per un’unità basata su di una forte affinità politica, culturale, ideologica tra compagne e compagni.

Perché questa totale spinta per l’unità dei comunisti?

Perché – nell’essenza – non vi è forse un altro Paese al mondo, come in Italia, in cui così vasta, di così grandi e drammatiche proporzioni è la diaspora, la polverizzazione, l’atomizzazione del movimento comunista.

Se si iniziasse seriamente, con severa dedizione, ad enumerare i piccoli partiti, i gruppi, i giornali, i movimenti che in Italia s’ispirano al comunismo, si giungerebbe alla registrazione di un fenomeno unico sul piano internazionale: la totale feudalizzazione del movimento comunista italiano. Quasi in ogni città vi è un’associazione, un sito web, un gruppo comunista, e i tre piccoli partiti comunisti italiani che si presentano come “forze nazionali”, in verità, con i loro, totali, 6/7mila iscritti, l’uno contro l’altro armati, nulla hanno del radicamento e della presenza di un partito nazionale, partecipando con ciò, con questa loro fatiscenza, al “racconto” di un movimento comunista italiano dalla crisi profonda, disperata e disperante.

Sappiamo da dove proviene questa crisi: dalla grave involuzione e poi dallo scioglimento del PCI storico e dal sostanziale fallimento, da Rifondazione Comunista in poi, delle forze comuniste che hanno invano tentato, una dopo l’altra, di riproporre un partito comunista utile alla “classe” di questo Paese.

Nessuna di queste forze vi è riuscita e il loro fallimento ha provocato, da una parte, una grande diaspora, in Italia, di comuniste e comunisti senza più organizzazione e partito e, d’altra parte, una moltiplicazione senza fine di gruppi e gruppetti, di riviste e associazioni, sempre più autoreferenziali, prive, pur nella loro sincera passione politica e ideale, di ogni strategia unitaria e nazionale, sempre più innamorate di sé stesse e, infine, della loro stessa, oggettiva, inessenzialità.

Questa crisi, questa “via italiana alla feudalizzazione” del movimento comunista trova forse le proprie radici in una crisi dell’attuale movimento comunista mondiale?

È ciò che tende a far credere la cultura dominante, il mainstream generale, quando in verità, sul piano internazionale, l’attuale movimento comunista è in grande espansione e governa, da solo o assieme ad altre forze rivoluzionarie, circa un quinto dell’intera umanità. All’interno di un contesto generale, peraltro, che registra un immenso sviluppo planetario – che ha preso corpo attorno al cardine della Repubblica Popolare Cinese, del socialismo dai caratteri cinesi, del Partito Comunista Cinese –  dei BRICS, una nuova “potenza” che ha già cambiato i rapporti di forza mondiali tra fronte imperialista e antimperialista, “spuntando le unghie” all’imperialismo e riconsegnando “senso” e futuro politico alle forze comuniste e rivoluzionarie che agiscono all’interno dei paesi capitalisti.

No! L’alibi fornito da quella cultura dominante che parla di una inesistente “crisi del movimento comunista mondiale” non può essere utilizzato. La crisi del movimento comunista italiano è una crisi tutta italiana, è, innanzitutto, la crisi totale dell’attuale movimento comunista organizzato del nostro Paese, la crisi profonda dei tre piccoli partiti comunisti presenti, soprattutto dei loro gruppi dirigenti, segnati o dalla fuoriuscita dalla cultura comunista e dalla rottura col movimento comunista mondiale; o dalla persino vergognosa abiura, per squallidi scopi elettorali, della cultura comunista che li porta ad allearsi con vecchi e nuovi “figuri” del fascismo e della destra reazionaria; o, infine, segnati dall’incapacità di un minimo di radicamento, di un minimo legame di massa, limiti politicamente drammatici che li porta ad essere fantasmi per il movimento operaio e privi di una minima e percepibile azione politica. In lotta tra loro, questi piccoli partiti, ed uniti solamente da una ferrea, ostinata e suicida autoreferenzialità.

Affermiamo che è questa loro stessa negazione assoluta all’unità comunista, peraltro, a disamorare sempre più e spingere alla diaspora politica le centinaia di migliaia di comunisti e comuniste disperse nel Paese, prive di partito, di organizzazione e di possibilità di militanza e di lotta.

Un fatto per tutti, a segnare la follia dell’autoreferenzialità dei tre piccoli partiti comunisti italiani presenti: per tutta la durata della crisi russo-ucraina e pur di fronte ad un possibile e tragico allargamento a livello mondiale del conflitto, pur di fronte alla necessità persino storica di una lotta unitaria contro gli USA, l’UE e la NATO, nessuno dei tre segretari dei partiti comunisti (partiti minuscoli, ancor prima che nelle dimensioni, nello spessore politico) ha mai lanciato l’idea di una lotta comune comunista, da allargare ad un intero fronte, non ha mai lanciato l’idea di una manifestazione unitaria almeno contro l’invio delle armi in Ucraina.

Così come mai vi è stata, mai è apparsa, un’idea comune di lotta, da parte dei tre piccoli partiti comunisti, in difesa di quel popolo palestinese che oggi subisce quel vero e proprio genocidio lanciato dal governo fascista israeliano. Che i comunisti non riescano ad unirsi nemmeno di fronte a questo orrendo, inaudito massacro del popolo palestinese la dice lunga sul grado di involuzione dei gruppi dirigenti delle tre “forze” comuniste italiane, la dice lunga sul loro stesso, profondo, declino.

Mai uniti, i partiti comunisti italiani. Ha sempre prevalso, in essi, una sorta di “spirito di bottega”, che tanto male ha fatto e continua a fare non solo al movimento comunista italiano nel suo insieme, ma soprattutto agli interessi del movimento operaio e agli interessi della lotta contro la guerra imperialista e per la liberazione dell’Italia dalla NATO.

Ecco, è in questo contesto disgregato e disgregante che sempre si è mossa “Cumpanis”, che sempre si è dispiegata la sua azione unitaria.

Sin dall’inizio, dalla sua origine, “Cumpanis” ha lavorato per unire – attraverso l’apertura di un dibattito politico e teorico largo e condiviso e tramite una costante prassi unitaria – giornali, movimenti, gruppi, associazioni d’ispirazione comunista.

Un lavoro duro, paziente, certosino, che mano a mano ha colto obiettivi, ha convinto, ha unito.

Tra la seconda metà del 2022 e questo 2023, il processo di unità dei comunisti per il quale “Cumpanis”, assieme a forze sempre crescenti, ha lavorato, ha avuto una felice accelerazione, e attraverso tre importanti assemblee nazionali, decine di incontri e discussioni sull’intero territorio nazionale, il percorso verso l’unità dei comunisti ha preso corpo, per poi “ratificarsi” e ufficializzarsi lo scorso sabato 11 novembre a Roma, a Tiburtina, presso la sala “Intifada”, dove cento delegati in rappresentanza di giornali, gruppi, movimenti, associazioni di chiara natura comunista della Sicilia, della Sardegna, della Calabria, dell’Abruzzo, del Molise, delle Marche, della Toscana, di Roma, di Firenze, Genova, Milano, Torino, Venezia, Padova, Udine, Trento e altri territori hanno fondato, eleggendone i gruppi dirigenti, il Movimento per la Rinascita Comunista (MpRC). Un movimento che vuol crescere, radicarsi, lottare, studiare, agire in modo anti settario ed unitario, con ciò unendo i comunisti nella lotta e in una ricerca politica e teorica aperta, antidogmatica.

Verso il rafforzamento, l’estensione territoriale nazionale, verso la costruzione dei quadri e dei militanti.

Verso la costruzione strategica, in Italia, del partito comunista.

Con la costruzione di questo primo, e fondamentale, processo unitario, con la costituzione del Movimento per la Rinascita Comunista e del suo giornale “Futura Società”, diretto dalla compagna Adriana Bernardeschi (già direttrice de “La Città Futura”), “Cumpanis” ha svolto e portato a termine il proprio compito unitario ed ora può e deve sciogliersi. Immergendosi in un già vasto movimento – l’MpRC – e in esso militando e lavorando per la costruzione, in Italia, del partito comunista.

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