Putin non fermerà lo sradicamento di “una banda di drogati e neonazisti”

di Stefano Zecchinelli

La travolgente vittoria di Putin alle recenti elezioni presidenziali sanziona la volontà antifascista e antimperialista del popolo russo. La transizione al multipolarismo, propugnata dalla Russia, dalla Cina e da altre importanti nazioni, non rappresenta la transizione al socialismo, ma potrebbe decretare la fine del regime distopico guidato dagli Usa che divide gli uomini in aristocrazia e servitù.

La vittoria del presidente Vladimir Putin alle ultime elezioni presidenziali (2024), una vittoria schiacciante caratterizzata dall’inesistenza delle opposizioni “vendi patria”, deve essere contestualizzata con la riuscita dell’Operazione Militare Speciale Z e la conseguente riforma dell’apparato militare. Statizzata la Compagnia Militare Privata Wagner, definita da Pepe Escobar “la più efficiente guerriglia urbana del pianeta”, la Federazione Russa ha iniziato la distruzione dell’imperialismo Usa.

I media di regime rappresentano uno strumento del potere statale imperialista. La Putin-fobia è parte integrante d’una offensiva militare, l’annichilimento sociale dell’Eurasia sistematizzata nel 1997 per distruggere gli avversari e ristabilire il dominio assoluto di Washington; la dottrina della “guerra eterna”. Il sociologo marxista James Petras, nel 2015, poteva scrivere che:

“Il perseguimento giudiziario di Putin nei confronti di una frazione dei più famigerati gangster-oligarchi ha ottenuto il sostegno della stragrande maggioranza dei cittadini russi perché rappresenta un ritorno alla legge e all’ordine e la restituzione della ricchezza pubblica rubata”.1

La vittoria elettorale di Putin e il suo riaffermarsi in quanto statista borghese popolare, molto simile a Charles De Gaulle, è legata alla interconnessione d’aspetti militari, politici e ideologici; nell’Ue, l’anticomunismo neoliberale è l’ideologia di Stato; nella Federazione Russa, l’ideologia ufficiale rimane l’antifascismo militante, radicato nel cuore delle istituzioni, il quale ha ricollegato la nascita del regime ucraino-nazista al razzismo neocoloniale dell’Operazione Barbarossa (1941), il vertice della piramide imperialista-razzista nel “secolo breve”. In entrambe le circostanze, il complesso militare-industriale Usa ha contribuito ad armare vecchi e nuovi nazisti, attraverso la copertura d’intelligence sionista e i “dollari a pioggia” dell’oligarchia parassitaria anglosassone. Putin, nella necessità di sradicare “una banda di drogati e neonazisti”, ha maturato fin dall’inizio una consapevolezza: il nazismo è un Cavallo di Troia dell’imperialismo statunitense e, come tale, va gettato nella “spazzatura della storia” (cit. Trotsky). 

La nuova élite russa distruggerà l’imperialismo Usa

Gli Stati Uniti d’America, con cinismo e nell’indifferenza del giornalismo lubrificato, hanno pianificato la distruzione d’una porzione del pianeta. Questa dottrina prende il nome, da un punto di vista militare, di “guerra eterna” mentre, per quanto concerne il sistema massmediatico e manipolante, di “guerra ibrida” o “cognitiva”.

L’analista strategico Andrew Korybko ci dà qualche ulteriore informazione sulla formazione politica e militare della nuova élite russa (sottolineatura mia):

Mentre la maggior parte degli attuali membri dell’élite è stata in grado di cambiare le proprie carte in tavola spostandosi verso il Sud globale alla luce delle mutate circostanze, è molto meglio che siano tutti sostituiti da comprovati patrioti conservatori-nazionalisti che hanno letteralmente messo in gioco la propria vita combattendo l’Occidente. Questi ultimi sono molto più affidabili dal punto di vista politico e possono adattarsi più facilmente a tutto rispetto alla ‘vecchia guardia’, che è fuggita o è stata costretta a cambiare strada per mantenere ciò che aveva ottenuto finora nella sua vita”.2

Non abbiamo nel pensiero politico di Vladimir Putin un ripristino dell’Urss e nemmeno un rilancio del marxismo rivoluzionario di Rosa Luxemburg, tutt’altro: l’élite antioccidentale russa è composta da “conservatori”. Putin non vuole abbattere l’imperialismo e, per anni, ha cercato una convivenza pacifica con la Nato; con l’Operazione Speciale Z, la Federazione Russa ha dichiarato guerra alla lobby degli straussiani, i neocons che hanno teorizzato la nascita d’una dittatura globalista mondiale. Il passaggio dal conservatorismo russo all’antimperialismo radicale, ovvero il trascendere delle istanze democratiche in obiettivi rivoluzionari, è una dinamica oggettiva della lotta di classe nella variante geopolitica.

Oggi Washington è un animale ferito; nessuno vorrebbe dargli il colpo di grazia, ma sono tanti gli attori geopolitici che accompagnerebbero l’ultraborghesia Usa al cimitero. La transizione al multipolarismo non rappresenta la transizione al socialismo, ciononostante potrebbe decretare la fine d’un regime distopico che, nel ventunesimo secolo, persiste nel dividere gli uomini in aristocrazia e servitù: l’odierna “società della sorveglianza”.

Note:

1 https://petras.lahaine.org/putin-and-the-press-the-demonology-school-of-journalism/

2 https://www.marx21.it/internazionale/putin-prevede-di-costruire-una-nuova-elite-russa-guidata-dai-veterani/

Immagine: RG72, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0&gt;, via Wikimedia Commons

Lascia un commento

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑